martedì 22 ottobre 2013

Renzi e Giovanardi, stupratori seriali di politica Di ilsimplicissimus


GrMi è ancora misterioso il movente del ladro che nel lontano 1974 si dette pena di forzare lo sportello di una Simca 1000, appena riverniciata con le mie stesse mani in un giallino “chartreuse” (così recitava il bidoncino di vernice) al fine di sottrarmi Scheinprobleme in der Philosophie di Rudolf Carnap. I falsi problemi della filosofia si proponeva di smascherare l’insensatezza di molte tesi metafisiche e la violenza, spesso magniloquente, che esse facevano al linguaggio, ma non credo sia mai stato un bestseller nemmeno ai tempi del circolo di Vienna, quindi quel furto rimane ancora come un enigma ai miei occhi, a meno che non si dimostri l’esistenza di una qualche organizzazione segreta e misteriosofica di heideggeriani.
Però l’episodio mi è tornato in mente stamattina leggendo le cronache delle dichiarazioni di Renzi e Giovanardi, vale a dire di due delle migliori intelligenze di cui dispone il Paese, le quali sarebbero state un esempio perfetto delle modalità con cui il vaniloquio volgare infetta i piani alti del pensiero e in qualche misura ne costruisce l’aura di apparente sensatezza. Dunque Giovanardi, fisico delle particelle di idiozia senza massa, dice che «Il sesso è diventato un bene di consumo e dunque lo stupro non deve sorprendere». Ora capisco che per un politico che ha mangiato per decenni nel trogolo del berlusconismo istintivamente consideri l’appropriazione indebita come un fatto naturale. Ma se anche fosse possibile l’impresa titanica di dare un significato chiaro e distinto al sesso “come bene di consumo” (immagino che persino Giovanardi non ignori che pure nel linguaggio ecclesiastico la consumazione rispetto al sesso è moneta comune)  questo vorrebbe dire che qualsiasi furto o rapina o violenza trova una qualche giustificazione. Esattamente come lo stupro di intelligenza che Giovanardi pratica in modo seriale, anche se naturalmente non si può dare tutta la croce addosso a uno che è capace di volere, ma non di intendere.
E veniamo al giovane Renzi, uomo senza macchia e senza paura, capace di farsi scrivere sul gobbo cose di audacia inaudita. La sua nuova commedia congressuale si articola su due tesi contrapposte, ognuna delle quali da sola è capace di raccogliere consenso, ma messe insieme si elidono e non significano niente. La prima esprime una riserva rispetto alle larghe intese che dovrebbero essere solo un’eccezione, anche se non vengono spiegate le circostanze e i limiti della stessa. Bene, gli umori antiberlusconiani sono soddisfatti. La seconda è che bisogna andare a caccia dei voti del Pdl e del M5S, perché il Pd non dev’essere un partito di reduci del passato. Ottimo per i rinnovatori da salotto, sacrestia, clientela e semplice pancia. Ma questo cosa vuol dire? Per catturare voti bisognerà in qualche modo adottare tesi e punti di vista altrui, riproponendo perciò le larghe intese all’interno di un partito piuttosto che tra partiti. In due parole le due cose insieme non hanno senso. Ed è anche ovvio che sia così: il vecchio Carnap sosteneva che le proposizioni metafisiche sono prive di senso perché usano espressioni e termini che non hanno alcun riferimento empirico. Infatti Renzi si guarda bene dal parlare di qualsiasi cosa possa essere sospetta di una minima concretezza: dai suoi turiboli escono solo antinomie create sulla base di sondaggi, ripulite dalle tracce di realtà e confezionate dagli spin doctor dei reality.
Appuriamo così che in fondo il povero Giovanardi un qualche barlume ce l’ha non appena trasponiamo la sua frase:  ”La politica è diventata un bene di consumo e dunque la violenza non deve sorprendere”.  In questo caso possiamo escludere il furto, solo i ciechi non si accorgono che dentro la confezione non c’è nulla oppure che l’etichetta è ingannevole: non c’è pericolo che qualcuno apra gli sportelli. Ma magari qualche sportellata ci starebbe da dio.

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