La differenza tra ideologia e analisi è che la prima parte da un
assunto per forzare in esso i dati di realtà, la seconda parte dai dati
di realtà per provare ad arrivare a una lettura, pur provvisoria, delle
cose.
La tendenza all'ideologia, storicamente, fa parte dei difetti della
sinistra, tanto che molti ex esponenti della sinistra, diventati di
destra, continuano ad applicare lo stesso schema cognitivo pur avendo
cambiato parte. In ogni caso, negli ultimi venti-trent'anni,
l'ideologismo non è decisamente più appannaggio di una sola parte: basta
vedere il modo dogmatico con cui alcune tesi economiche sono state
applicate senza guardare al reale, producendo talvolta catastrofi
sociali. Ma transeat.
Un bell'esempio di ideologismo cieco nei confronti del reale lo
trovate oggi sulla prima pagina del Corriere, e vale la pena di parlarne
perché il primo quotidiano italiano contribuisce a creare
quell'egemonia culturale che poi viene distribuita anche altrove, nei
talk show televisivi e nel confronto politico in generale.
La tesi dell'editorialista
del Corriere, l'ex maoista ed ex Pci Antonio Polito, è che la sconfitta
dei laburisti in Uk, la crisi di consensi di Hollande in Francia e
l'altrettanto difficile situazione dell'Spd in Germania sono la prova
che la "sinistra identitaria" (sic) è destinata alla sconfitta, mentre
vince la sinistra alla Renzi che guarda altrove, al centro e a destra.
Perfetto, interessante.
Iniziamo dal Regno Unito, dove rispetto a 5 anni fa i Conservatori
hanno guadagnato 600 mila voti, i Laburisti 700 mila e il partito
indipendentista scozzese, più di sinistra rispetto al Labour, ne ha
presi un milione in più. Quasi tutti consensi sottratti ai
liberal-democratici di centro (meno 4,4 milioni) che stavano nella
maggioranza con i Conservatori, e che sono in modo robusto andati anche
al nazionalista antieuro Farage (più 3,4 milioni). Mi sembrano, a
occhio, dati un filo più complessi di quelli che Polito usa per
dimostrare la sua tesi, anche ammettendo che i Laburisti non abbiano
vinto perché nei programmi si erano spostati "troppo a sinistra"
rispetto a Blair (si potrebbe ipotizzare anche l'opposto, cioè che
l'ombra lunga del blairismo abbia eroso definitivamente la fiducia nella
possibilità che i Laburisti siano una vera forza di cambiamento,
infatti sono cresciuti notevolmente i nazionalisti scozzesi di sinistra e
l'Ukip: ma pazienza).
Allora, già il primo dato di realtà risulta un po' debole per il
teorema del Corriere, ma passiamo al secondo, cioè la Germania. Qui non
c'è bisogno di grandi analisi: definire l'Spd "sinistra identitaria" è
abbastanza lunare. Tra l'altro l'Spd è al governo con Merkel, dalla sua
politica non si distacca di un millimetro ed è in evidente crisi perché
non ha una proposta alternativa, perché tra due cose quasi uguali
l'originale prevale sempre sull'imitazione.
Veniamo al terzo caso proposto dal Corriere, quello dei socialisti
francesi. Anche i bambini sanno che Hollande ha vinto le elezioni con un
programma molto di sinistra, redistributivo e profilato contro le élite
finanziarie ed economiche. Il fallimento o se volete il tradimento di
quelle promesse, in meno di tre anni, è sotto gli occhi di tutti e si è
concretizzato con il cambio al governo e la nomina di Manuel Valls a
primo ministro. Se prometti una cosa e poi fai l'opposto, non è strano
che perdi consensi. E che, di nuovo, l'originale prevalga
sull'emulatore.
Con tutto questo, non intendo dire che è sempre vero l'opposto, cioè
che la sinistra per vincere deve avere programmi radicali (come aveva
Hollande), un'indiscutibile reputazione di cambiamento (come non ha più
il Labour) e un'autonomia culturale dalla destra (come non ha l'Spd).
Dico che i dati di realtà di cui sopra rendono debolissimo,
nell'argomentazione, il teorema di Polito, che è dunque senza fondamenta
(e potrebbe perfino indurre in alcuni il maligno sospetto che sia stato
elaborato solo per suonare la grancassa a Renzi).
Infatti quei dati di realtà, se messi insieme, suggeriscono che il
problema della sinistra è molto diverso da quello che propone Polito. E
cioè che, vuoi per reputazione (Labour) vuoi per incoerenza (Hollande)
vuoi per emulazione della destra (Spd), la sedicente sinistra europea
non è in grado di intercettare nessuna domanda di cambiamento. Domanda
che infatti va altrove, e non sempre a sinistra, meno che mai nella
sinistra tradizionale (in Spagna, ad esempio, va a Podemos e Ciudadanos;
in Grecia a Syriza, Alba dorata e To Potami).
Quanto a Renzi da noi, è evidente che a livello mediatico ha
interpretato e in parte svuotato questa domanda di cambiamento: resta
tuttavia la domanda se ciò facendo abbia realizzato anche una politica
di redistribuzione, di aiuto alla parte bassa della piramide sociale e
di apertura della deliberazione politica ai cittadini che non sono
élite, insomma tutto ciò che sarebbe (anzi fu) la ragion d'essere della
sinistra.
Detto tutto questo, prendere l'Spd, il Labour e il Psf, classificarli
come "sinistra identitaria" e spiegare che la sinistra per vincere deve
diventare di destra, è davvero un po' buffo: perché l'ideologia, oltre
un certo limite, fa soltanto ridere.
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