La privatizzazione dei servizi pubblici locali e lo strangolamento della finanza locale: come ti trasformo la CDP in merchant bank
"Oggi il risparmio postale è un prestito di privati ad una SpA privata":
così non si stanca mai di definire la Cassa Depositi e Prestiti (CDP)
il suo Presidente Franco Bassanini. Formalmente, niente da eccepire: il
risparmio è detenuto da ciascun cittadino che decide di versarlo a Poste
Italiane, e Cassa Depositi e Prestiti è dal 2003 una società per
azioni, con capitale detenuto dal Ministero dell'Economia e delle
Finanze (81,6%) e dalle Fondazioni bancarie (18,4%). Ma poiché il
risparmio postale è garantito dallo Stato e poiché il medesimo Stato
detiene la grande maggioranza della azioni di CDP, qualcosa da dire,
magari sulla sostanza, c'è senza dubbio. Se non altro perché per più di
150 anni (dal 1850 al 2003) Cassa Depositi e Prestiti è stata ben altro,
avendo una chiara e precisa funzione pubblica e sociale: quella di
utilizzare il risparmio postale dei cittadini per permettere agli enti
locali di effettuare investimenti ed opere pubbliche attraverso prestiti
a tasso agevolato.
Gran parte del welfare locale di cui per diversi decenni le nostre città
hanno potuto usufruire viene da questo semplice meccanismo: io
cittadino affido allo Stato il mio risparmio, lo Stato me lo garantisce
e, nel frattempo, può utilizzare questo denaro per permettere al Comune
in cui abito di poter finanziare la costruzione di un asilo nido, di un
teatro o di un centro per anziani. Un meccanismo virtuoso, che l'avvento
della finanziarizzazione dell'economia e della società ha compiutamente
stravolto.
Sono stati gli anni '90 del secolo scorso - quelli della
"modernizzazione del Paese", ovvero delle privatizzazioni massicce - ad
aver trasformato il ruolo di Cassa Depositi e Prestiti. In quegli anni,
l'Italia è riuscita a raggiungere un record mondiale: passare dal 74,5%
del controllo pubblico sulle banche (1992) all'attuale privatizzazione
totale di tutto il sistema bancario e finanziario! Da questa gigantesca
consegna di risorse collettive ai privati, non poteva certo rimanere
fuori Cassa Depositi e Prestiti, anche perché, sino ad allora, deteneva
l'esclusività del finanziamento agli enti pubblici, sottraendo alle
banche private un enorme mercato di investimenti. È così che si è
passati al "decentramento" della finanza, dapprima permettendo agli enti
locali di finanziarsi "liberamente" sul mercato bancario e poi
trasformando Cassa Depositi e Prestiti in società per azioni, ovvero
chiudendo la possibilità che i suoi finanziamenti ai Comuni potessero
continuare ad avere tassi agevolati e non di mercato.
Oggi Cassa Depositi e Prestiti SpA gestisce più di 250 miliardi
derivanti dal risparmio postale di quasi 20 milioni di persone: un
patrimonio comune che potrebbe essere indirizzato ad un nuovo modello
sociale, basato sulla centralità dei territori e degli enti locali di
prossimità per garantire opere, beni e servizi indirizzati ai bisogni
sociali e ambientali delle comunità e per attivare lavoro pulito e
sicuro nel contesto di una nuova economia territoriale.
Niente di tutto
questo fa ovviamente la merchant bank in cui è stata trasformata Cassa
Depositi e Prestiti. Oggi una fetta rilevante della partnership che CDP
offre agli enti locali favorisce di fatto la loro spoliazione e la
conseguente riduzione della loro funzione pubblica e sociale.
Lo strangolamento della finanza locale, costruito a suon di patto di
stabilità interno, tagli dei trasferimenti e spending review, comporta
la necessità di mettere sul mercato il proprio patrimonio pubblico?
Nessun problema: con il Fondo per la Valorizzazione Immobiliare (FIV),
Cassa Depositi e Prestiti "valorizza" gli immobili comunali, li compra e
poi li mette sul mercato. Il governo Renzi vuole proseguire - alla
faccia del vittorioso referendum sull'acqua del giugno 2011 - la
privatizzazione dei servizi pubblici locali, spingendo i Comuni ad
operare maxi-fusioni delle società partecipate per consegnarle a quattro
multiutility collocate in Borsa, che si spartiranno tutto il territorio
nazionale? Nessun problema: Cassa Depositi e Prestiti ha istituito
fondi appositi per finanziare le fusioni e fare da start up per le
annessioni dei pesci piccoli da parte dei pesci grossi. Gli enti locali,
sempre per fare cassa, mettono il territorio al servizio di
qualsivoglia progetto infrastrutturale o grande opera? Nessun problema:
Cassa Depositi e Prestiti li finanzierà, come ha brillantemente fatto
con la Bre.be.mi, l'autostrada fantasma in Lombardia, così frequentata
che vi si gioca a pallone.
Come si può ben capire, e ben aldilà della discussione formale sulla
proprietà pubblica e privata, il cambiamento che è avvenuto negli ultimi
quindici anni è uno solo: prima, il risparmio dei cittadini veniva
usato a loro beneficio; oggi viene utilizzato per favorire la
spoliazione della loro ricchezza sociale (territorio, servizi,
patrimonio pubblico) in favore dei grandi interessi finanziari e
immobiliari.
Con il Forum per una nuova finanza pubblica e sociale, diverse reti e
comitati avevano lanciato due anni fa l'obiettivo della socializzazione
di Cassa Depositi e Prestiti; si è trattato allora di un importante
percorso di sensibilizzazione diffusa, che ha permesso di far entrare il
tema della riappropriazione della ricchezza sociale dentro le
riflessioni dei movimenti e dei comitati in lotta per i beni comuni.
Quel percorso ha prodotto un'importante alfabetizzazione sociale, pur
affievolendosi nella sua capacità di incidere concretamente. Oggi tutti i
motivi di allora sono ancor più drammaticamente in campo. Varrebbe la
pena riprendere la discussione e il cammino.
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