In politica estera l’America ha sempre sbagliato tutto.
Propaganda di un gruppo radicale anti-Usa? No, parole pronunciate da un
candidato repubblicano alla Casa Bianca per le presidenziali 2016. Rand Paul,
senatore, libertario, non-intervenzionista, è sicuro che dietro
l’ascesa dell’Isis ci sono gli americani, anzi, “un paio di
repubblicani esperti di affari esteri” – Lindsey Graham e John McCain
(quest’ultimo sconfitto da Obama nel 2008 e oggi guerrafondaio n.1).
“Isis è sempre più forte perché i falchi nel nostro partito hanno
fornito indiscriminatamente armi agli estremisti”, ha detto a Morning Joe su Msnbc il senatore. “Volevano far fuori Assad e bombardare la Siria.
Sono stati loro a creare questa gente”. E poi: “Tutto quel che i falchi
hanno fatto e detto in politica estera negli ultimi 20 anni riguardo a
Iraq, Siria e Libia, lo hanno sempre sbagliato”.
La tesi non è inedita. Anzi è storia. L’11 settembre ha cambiato il
corso degli eventi in quanto risultato degli errori di Washington, che
in Afghanistan e Pakistan per anni ha finanziato gruppi di insorti per rovesciare i governi locali.
La situazione oggi è fluida o in stallo, tutti attendono che a giugno sia verificata l’efficacia dell’accordo sul nucleare in Iran impostato da Obama
(personalmente credo che la lungimiranza del presidente americano verrà
capita solo in futuro). Nonostante Isis resti una minaccia, Obama si
guarda bene dall’inviare “truppe sul campo” per sconfiggere i 25.000 terroristi dello Stato Islamico.
Non sarà perché nelle fasce ‘manipolabili’ della popolazione (in Italia
leghisti e destre ‘di pancia’) l’operazione “alert terrorismo” ha già
dato i frutti? Con i video raccapriccianti di decapitazioni o
l’abbattimento di reperti archeologici in città storiche, lo scopo è
raggiunto: scatenare nelle masse la reazione psicologica
paura/odio/voglia di punizione.
Cospirazionismo? Decidete voi. Ma che direste sapendo che la tesi
della ‘regia occulta’ ha avuto l’avallo anche ai massimi livelli
dell’amministrazione di Washington? Ne ha parlato il n. 2 di Barack
Obama, Joe Biden, vice-presidente degli Stati Uniti. In
un discorso tenuto all’Università di Harvard, in Massachusetts, Biden
(notoriamente incline alle gaffe) ha accusato i paesi alleati Usa nel
Golfo – Turchia, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Qatar – di non
fare abbastanza per combattere Isis e, peggio, di essere loro i
finanziatori del gruppo che ha preso il posto di Al-Qaeda (surclassando
in un anno i seguaci di Osama bin Laden per brutalità, strategia, soldi e marketing mediatico).
Basta rileggersi il trascript di un programma andato in onda su Cnn il 7 ottobre 2014 per averne conferma – Joe Biden: “Hanno
fatto piovere centinaia di milioni di dollari e decine di migliaia di
tonnellate di armi nelle mani di chiunque fosse in grado di combattere
contro Assad, peccato che chi ha ricevuto i rifornimenti erano… al
Nusra, al Qaeda e gli elementi estremisti della Jihad provenienti da
altre parti del mondo”.
L’amministrazione Obama ha presentato scuse formali e ritrattazioni.
Ma in privato, funzionari della Casa Bianca ammettono che “mentre il
vice-presidente è stato poco diplomatico, la sua posizione non è errata
quando dice che soldi e armi sono finiti nelle mani di estremisti”.
Corollario: le frasi dell’unico “uomo onesto a Washington” (come è stato
definito Biden) unite alla dichiarazione di Rand Paul sul ruolo dei falchi repubblicani,
in pratica ufficializzano l’asserzione secondo cui dietro Isis ci sono i
paesi arabi alleati dell’America con la regia del governo di
Washington.
Una settimana fa, ulteriore inattesa conferma. Il gruppo conservatore americano “Judicial Watch” ha reso pubblico un rapporto ‘top secret’ della Dia (Defense Intelligence Agency), i servizi segreti del Pentagono. Il documento, 7 pagine, datato 12 agosto 2012, espone il solito errore geopolitico di sempre. La Dia prevede e convalida la creazione di uno Stato islamico per sbarazzarsi del presidente siriano Bashar al-Assad,
la cui dittatura – oggi sappiamo – ha causato il massacro di oltre
200.000 vittime nella guerra civile siriana. Ma la nascita di un
“principato salafita” che “unifichi l’estremismo jihad tra sunniti in
Iraq e in Siria” non impedisce un’altra accurata previsione: “Assad
rimarrà al potere”.
La scorsa estate Isis ha conquistato Mosul in Iraq,
il mese scorso ha preso il controllo anche di Ramadi. E da tre giorni
la bandiera nera dello Stato Islamico sventola anche nella storica
città siriana di Palmyra.
Il papello desecretato suscita domande inquietanti. Uno, diventa
lecito mettere in dubbio gli sforzi che ampliano i poteri statali
anti-terrorismo, cioè il monitoraggio di Cia e Nsa da
parte del governo Usa, e dei servizi in Uk e altri paesi alleati (anche
in Italia per il Giubileo di ottobre). Due, l’Occidente combatte contro
un nemico comune che però è nato in laboratorio come il mostro di
Frankenstein, grazie a maneggi ed alchimie degli stessi suoi creatori
per fini geopolitici inconfessabili. Ecco perché non ha senso continuare
a fare gli stessi errori degli ultimi 20 anni, come dice l’ottimo Rand
Paul.
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