ci assicura Giovanni Perazzoli su MicroMega. Sentite che parole accorate usa:
«L’esistenza di quello che di fatto è un reddito di cittadinanza in Europa spiega molte cose che in Italia vengono riproposte, lasciatemi dire, in modo del tutto assurdo. Spiega la flessibilità europea (peraltro di gran lunga minore che in Italia), spiega l’assenza di lavoro nero, spiega l’assenza delle massicce raccomandazioni, spiega anche il fatto che le persone competenti occupino in genere il posto che compete loro (mentre così non è in Italia). Non capisco perché nonostante l'Europa raccomandi dal lontano 1992 all’Italia di introdurre un reddito di cittadinanza questo non succede neanche con la crisi. E soprattutto è incomprensibile che a sinistra nessuno ne parli chiaramente. A chi giova? Evidentemente a qualcuno gioverà.»
Questa idea del reddito di cittadinanza si accompagna a una narrazione che sarà, in futuro, sempre più riproposta. Ne ho parlato in classe con i miei studenti commentando la notizia, di qualche giorno fa, che la Cina si sta avviando sulla strada di una massiccia introduzione dei robot in fabbrica. L'articolo proseguiva citando una fabbrica di componentistica elettronica che, nei prossimi 18 mesi, ridurrà la sua manodopera da 1800 addetti a 200, mantenendo inalterato il volume di produzione. Ho chiesto ai miei studenti se vedessero, nell'estensione generalizzata di questo modello, un problema, ed essi mi hanno ovviamente risposto che il problema sarà la disoccupazione. A quel punto ho chiesto loro: "ma se ci sarà una grande disoccupazione, chi comprerà i prodotti delle fabbriche robottizzate?"
Il più sveglio di loro mi ha risposto citando il reddito di cittadinanza.
In classe adotto spesso modi teatrali, e così ho fatto anche in questa occasione. Mi sono messo a passeggiare facendo "uhm... uhm" e grattandomi il mento; poi ho guardato il pischello sveglio e gli ho chiesto: "quindi, secondo te, quelli che mettono i soldi per costruire fabbriche robottizzate poi, per recuperare i loro soldi, pagano le tasse con cui si finanzia il reddito di cittadinanza, così i disoccupati comprano i loro prodotti?"
Li ho visti alquanto disorientati. Soddisfatto di ciò ho aperto il registro di classe e ho cominciato a interrogare. A scuola non faccio politica, ma qualche domandina zen ogni tanto me la concedo.
Sul mio blog, però, posso fare politica. Ebbene, la domandina zen descrive bene il senso profondo del reddito di cittadinanza, di cui Beppe Grillo si proclama alfiere. Il reddito di cittadinanza altro non è che una colletta forzata, a spese del monte salari, per promuovere una redistribuzione minima che garantisca la tenuta sociale del sistema. Inoltre la battaglia per il reddito di cittadinanza serve a spaccare il fronte del lavoro, perché è evidente che chi ha un'occupazione e un reddito non è tanto favorevole all'idea di dividerlo con chi non ce l'ha.
Per capire l'ordine del problema prendiamo il caso della Germania. Secondo un articolo di Roberto Rais il reddito di cittadinanza (o di base) costa, allo Stato tedesco, 50 mld l'anno. Per assicurare prestazioni analoghe lo Stato italiano dovrebbe farsi carico di una spesa di 28 mld l'anno i quali, spannometricamente spalmati sui circa 40 mln di contribuenti, implicano un esborso medio pro-capite di 700 euro. Sul reddito medio di 19000 euro l'anno, ciò comporterebbe un prelievo del 3%. Niente di grave, sia ben chiaro, anche se in realtà il costo pro capite sarebbe, a mio avviso, un po' superiore, sui mille euro.
Qualcuno obietterà che le risorse dovrebbero essere reperite tassando i redditi alti, o con una patrimoniale. Per quanto attiene i "redditi alti" c'è il piccolo problema che il loro numero è troppo esiguo per assicurare un gettito significativo, sebbene ovviamente sia giusto che essi paghino di più. Per quanto attiene la "patrimoniale", faccio sommessamente osservare che vale la già citata considerazione, come pure che tassare i patrimoni significa eroderli, e dunque che questa soluzione non può andar bene sul lungo periodo. Questo vuol dire che, in un paese ricco come l'Italia, non ci sono le risorse per finanziare il reddito di cittadinanza? Assolutamente no, le risorse ci sono! Solo che sono risorse finanziarie, costituite da quegli stessi grandi capitali che investono per costruire le fabbriche robottizzate che distruggono (al netto) posti di lavoro.
Il più sveglio di loro mi ha risposto citando il reddito di cittadinanza.
In classe adotto spesso modi teatrali, e così ho fatto anche in questa occasione. Mi sono messo a passeggiare facendo "uhm... uhm" e grattandomi il mento; poi ho guardato il pischello sveglio e gli ho chiesto: "quindi, secondo te, quelli che mettono i soldi per costruire fabbriche robottizzate poi, per recuperare i loro soldi, pagano le tasse con cui si finanzia il reddito di cittadinanza, così i disoccupati comprano i loro prodotti?"
Li ho visti alquanto disorientati. Soddisfatto di ciò ho aperto il registro di classe e ho cominciato a interrogare. A scuola non faccio politica, ma qualche domandina zen ogni tanto me la concedo.
Sul mio blog, però, posso fare politica. Ebbene, la domandina zen descrive bene il senso profondo del reddito di cittadinanza, di cui Beppe Grillo si proclama alfiere. Il reddito di cittadinanza altro non è che una colletta forzata, a spese del monte salari, per promuovere una redistribuzione minima che garantisca la tenuta sociale del sistema. Inoltre la battaglia per il reddito di cittadinanza serve a spaccare il fronte del lavoro, perché è evidente che chi ha un'occupazione e un reddito non è tanto favorevole all'idea di dividerlo con chi non ce l'ha.
Per capire l'ordine del problema prendiamo il caso della Germania. Secondo un articolo di Roberto Rais il reddito di cittadinanza (o di base) costa, allo Stato tedesco, 50 mld l'anno. Per assicurare prestazioni analoghe lo Stato italiano dovrebbe farsi carico di una spesa di 28 mld l'anno i quali, spannometricamente spalmati sui circa 40 mln di contribuenti, implicano un esborso medio pro-capite di 700 euro. Sul reddito medio di 19000 euro l'anno, ciò comporterebbe un prelievo del 3%. Niente di grave, sia ben chiaro, anche se in realtà il costo pro capite sarebbe, a mio avviso, un po' superiore, sui mille euro.
Qualcuno obietterà che le risorse dovrebbero essere reperite tassando i redditi alti, o con una patrimoniale. Per quanto attiene i "redditi alti" c'è il piccolo problema che il loro numero è troppo esiguo per assicurare un gettito significativo, sebbene ovviamente sia giusto che essi paghino di più. Per quanto attiene la "patrimoniale", faccio sommessamente osservare che vale la già citata considerazione, come pure che tassare i patrimoni significa eroderli, e dunque che questa soluzione non può andar bene sul lungo periodo. Questo vuol dire che, in un paese ricco come l'Italia, non ci sono le risorse per finanziare il reddito di cittadinanza? Assolutamente no, le risorse ci sono! Solo che sono risorse finanziarie, costituite da quegli stessi grandi capitali che investono per costruire le fabbriche robottizzate che distruggono (al netto) posti di lavoro.
Ma allora tassiamo i grandi capitali!
E come si fa? Con quali leggi? E soprattutto: facciamo prima il reddito di cittadinanza e poi tassiamo i grandi capitali, oppure tassiamo prima i grandi capitali e poi facciamo il reddito di cittadinanza?
Non è una domandina di poco conto perché, sebbene sia possibile fare una legge, qui ed ora, che introduca il reddito di cittadinanza, tassare i grandi capitali è un filo più complicato. Non fosse altro che per il fatto che vige un regime di completa libertà di movimento degli stessi! Nell'attesa di trovare il bandolo della matassa, il reddito di cittadinanza si risolverebbe in una colletta solidaristica forzata a spese del monte salari, con l'unico effetto di garantire la tenuta del sistema. Come volevasi dimostrare!
La battaglia per il reddito di cittadinanza, presentata come una conquista di civiltà, è dunque un cavallo di Troia. "Timeo grillinos et dona ferentes", verrebbe da dire.
Ma non è tutto. C'è un altro problema, ben più grosso, che ho trascurato per discettare sul reddito di cittadinanza. Sarete d'accordo con me, immagino, se vi dico che non c'è reddito di cittadinanza, finanziato a spese del monte salari, che possa intaccare il problema numero uno: chi comprerà i beni prodotti dalle fabbriche robottizzate? E' del tutto evidente che se il monte salari viene solo spalmato, e non aumentato in proporzione all'aumento di produttività, ci sarà un problema di smaltimento della produzione, cioè di domanda aggregata.
Questa obiezione è venuta a farmela, alla fine dell'ora di lezione, proprio lo studente sveglio che aveva avanzato la proposta di reddito di cittadinanza. Gli ho risposto in corridoio, in mezzo alla confusione del cambio dell'ora: "caro, ma è semplice, si produrrà di meno, solo per quanto sarà possibile vendere". Mi ha chiesto: "Ma così facendo, i capitalisti non guadagnano di meno?"; ed io: "senti, ma tu preferiresti vendere 1000 cappelli guadagnando 50 euro per ognuno, o diecimila cappelli guadagnando 5 euro per ognuno?". Si è fatto due conti e ha capito che la cifra era la stessa, per cui è restato in attesa della spiegazione. Me lo sono guardato e gli ho chiesto: "secondo te, io preferirei insegnare a dieci alunni, o a trenta?". Lo studente sveglio mi ha ringraziato ed è tornato in classe.
Sono certo che chi legge ha capito il problema, che è quello del livello ottimale di output. E', cioè, il problema dell'equilibrio macroeconomico generale, che ha la non secondaria caratteristica di avere più soluzioni, non tutte equivalenti.
Cosa produrre, in che quantità, per chi, questo è il problema: se sia più nobile d'animo sopportare gli oltraggi, i sassi e i dardi di tanti lavoratori organizzati, o prender l'armi contro di essi e combattendo disperderli. E dopo averli dispersi, tenerli buoni a loro spese...
Il reddito di cittadinanza, che è la soluzione ottimale quanto inevitabile per garantire la sopravvivenza del sistema, tra l'altro finanziata in grandissima parte a spese del mondo del lavoro, ha anche un altra qualità: devia l'attenzione degli elettori orientandola nella direzione di una zuffa emotiva, moralistica e piagnona sulla quale i media si butteranno a mani basse per svolgere lo sporco compito per il quale sono pagati; aiutati in ciò da una pletora di pseudo-intellettuali di regime e da un'ancor più vasta platea di capre semi-alfabetizzate produttrici di fuffa. Niente di meglio dell'Italicum per selezionarle!
A proposito: chi è che dice che l'Italicum potrebbe rivelarsi un autogol? Ah, davvero... perché? Perché potrebbe vincere il M5S?
Link correlati:
- La fuffa (Badiale & Tringali) (Perché questo link? Lo capirete solo leggendo...)
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