Le cose vanno maluccio e lui ci riprova. I suggeritori del Minculpop renziano hanno rispolverato la vecchia tecnica della diminuzione percettiva della realtà, per poter esaltare e lucrare su quella vera . Mi spiego. Se alle regionali un improbabile 4 a 3 è una vittoria, un possibile 5 a 2 è una grande vittoria e un azzardabile 6 a 1 un trionfo. Buttandola sui numeri si nasconde la verità su queste elezioni. Sono infatti altri gli elementi che confermeranno o escluderanno il declino di Renzi . Vediamoli regione per regione:
1) Veneto – La discriminante è il distacco – Se Zaia va oltre i 10 punti, dopo la scissione di Tosi, rende evidente il fallimento della Moretti;
2) Liguria – Se vince la Paita o vince Tosi è la stessa cosa (Paita – Tosi una faccia una razza);. Il punto infatti è se quello che arriva prima riesce a superare lo sbarramento per l’attribuzione del premio di maggioranza. Se nessuno ci riesce il calcolo dei seggi è proporzionale e il Pd sarà costretto alle larghe intese. E sarebbe uno smacco.
3) Toscana, Umbria, Marche – Per la prima volta la maggioranza dell’ex centrosinistra potrebbe finire sotto il 50% in tutte e tre le regioni. Sarebbe un fatto storico e,dopo la perdita di importanti città alle comunali, un secondo campanello di allarme. In Umbria c’è poi da seguire quale sarà l’esito dei ricorsi alla legge elettorale che potrebbero riservare qualche sorpresa;
4) Campania e Puglia – La domanda, in caso di vittoria di De Luca a Napoli , è “quanto durerà”. Senza cambiare la legge Severino si dovrebbe dimettere e saremmo punto e a capo. In entrambe le regioni c’è poi da verificare quanti “impresentabili” verranno eletti per calcolare il tasso di legalità di quelle amministrazioni.
5) Astensione e risultato Pd – Se si va sotto il 60% chiunque vinca avrà un risultato dimezzato. Per quanto riguarda i democratici sarà un successo se manterranno o solo si avvicineranno ai livelli delle europee, sarà un pareggio se prenderanno 5 punti in meno, che sono fisiologici in una situazione zeppa di liste locali e sarà una sconfitta sopra quell’asticella, perché una perdita più alta dimostrerebbe la fuga di una parte dell’elettorato ed in particolare di quello di sinistra.
Come si vede le ragioni per misurare il livello del consenso sono più complesse e articolate del semplice 7 a 0 evocato dal renzismo e poi precipitosamente rinnegato. E’ una prova del 9 anche per il fiorentino. Non vincere a mani basse in una situazione nella quale gareggia da solo, sarebbe un brutto segnale. I poteri che lo sorreggono vogliono stare tranquilli. Se lui non sarà più in grado di garantire la restaurazione senza scossoni, potrebbero anche cambiare cavallo.
1) Veneto – La discriminante è il distacco – Se Zaia va oltre i 10 punti, dopo la scissione di Tosi, rende evidente il fallimento della Moretti;
2) Liguria – Se vince la Paita o vince Tosi è la stessa cosa (Paita – Tosi una faccia una razza);. Il punto infatti è se quello che arriva prima riesce a superare lo sbarramento per l’attribuzione del premio di maggioranza. Se nessuno ci riesce il calcolo dei seggi è proporzionale e il Pd sarà costretto alle larghe intese. E sarebbe uno smacco.
3) Toscana, Umbria, Marche – Per la prima volta la maggioranza dell’ex centrosinistra potrebbe finire sotto il 50% in tutte e tre le regioni. Sarebbe un fatto storico e,dopo la perdita di importanti città alle comunali, un secondo campanello di allarme. In Umbria c’è poi da seguire quale sarà l’esito dei ricorsi alla legge elettorale che potrebbero riservare qualche sorpresa;
4) Campania e Puglia – La domanda, in caso di vittoria di De Luca a Napoli , è “quanto durerà”. Senza cambiare la legge Severino si dovrebbe dimettere e saremmo punto e a capo. In entrambe le regioni c’è poi da verificare quanti “impresentabili” verranno eletti per calcolare il tasso di legalità di quelle amministrazioni.
5) Astensione e risultato Pd – Se si va sotto il 60% chiunque vinca avrà un risultato dimezzato. Per quanto riguarda i democratici sarà un successo se manterranno o solo si avvicineranno ai livelli delle europee, sarà un pareggio se prenderanno 5 punti in meno, che sono fisiologici in una situazione zeppa di liste locali e sarà una sconfitta sopra quell’asticella, perché una perdita più alta dimostrerebbe la fuga di una parte dell’elettorato ed in particolare di quello di sinistra.
Come si vede le ragioni per misurare il livello del consenso sono più complesse e articolate del semplice 7 a 0 evocato dal renzismo e poi precipitosamente rinnegato. E’ una prova del 9 anche per il fiorentino. Non vincere a mani basse in una situazione nella quale gareggia da solo, sarebbe un brutto segnale. I poteri che lo sorreggono vogliono stare tranquilli. Se lui non sarà più in grado di garantire la restaurazione senza scossoni, potrebbero anche cambiare cavallo.
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