Scusate
la noia. Ma le bugie che arrivano a raffica dal governo e dai suoi
controllori interni ed esterni, la pubblica commedia della crescita che
ha raggiunto livelli parossistici in vista delle elezioni regionali, mi
costringe alla medesima tattica. Per fortuna le cose sono così chiare e
semplici che bastano poche parole. Dunque oggi l’Istat suona le campane a
distesa e annuncia che il Pil è aumentato dello 0,3% nel primo
trimestre rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Certo si tratta
di un 0,2% di crescita su base annua, dunque molto meno dello 0,7% con
cui l’esecutivo fa la coda di pavone; ma che importa basta attaccarsi a
un numero fasullo per far festa.
Disgraziatamente per quanto cerchi dentro i meandri dell’informazione
non trovo traccia di conti che calcolino il pil al netto dei
cambiamenti introdotti a partire dal settembre dello scorso anno. Di
tali cambiamenti abbiamo sentito parlare a lungo non fosse altro che per
la stranezza di incorporare nel prodotto interno lordo stime sulla
prostituzione, la droga e la criminalità oltre a tutta un’altra serie
di fattori che riguardano mille cose dal settore militare a quello
assicurativo. I nuovi criteri avrebbero dovuto portare – secondo gli
esperti che ora tacciono e fanno i mendaci – a un aumento puramente
numerico dell’1% fino all’1,2% del Pil a parità di ciclo economico. Ed
erano stati introdotti in Europa proprio allo scopo di
favorire un’uscita puramente tecnica dalla recessione e salvare le
facce di bronzo di Bruxelles..
Quest’anno tenendo conto che i nuovi criteri sono stati applicati già
dall’ultimo quadrimestre del 2014, si dovrebbe avere un aumento di
default di circa lo 0, 7% su base annua, una cifra miracolosamente
uguale all’aumento previsto e strombazzato come un cambiamento
rivoluzionario dal governo: ogni cifra inferiore a questa
significherebbe una diminuzione reale del Pil e dunque in effetti le
ottimistiche previsioni della banda del bullo, indicano nel mondo reale
una crescita zero. Quanto poi al più 0,3% nel primo trimestre di
quest’anno rispetto a quello del 2014 è presto detto: se un anno fa il
pil di gennaio, febbraio, marzo fosse stato calcolato con i nuovi
criteri sarebbe stato superiore del 0,25 – 0,30 per cento. Vale a dire
che non ci siamo schiodati di un millimetro.
La cosa ancor più grave, oltre alla presa in giro continuata, è che
mai da molti anni a questa parte il Paese ha goduto di una situazione
potenzialmente migliore per lo sviluppo: costi dell’energia al minimo,
euro al minimo, tutele del lavoro mandate al macero e sindacati
impotenti quando non complici, salari in pèicchiata. E dulcis in fundo
l’alleggerimento quantitativo della Bce. Con tutto questo non solo la
ripresa è zero virgola qualcosa, fatto che dovrebbe già di per sé far
gridare al disastro , ma persino le modeste cifre trasformate dai
cialtroni di governo in una sorta di epica della ripresa, sono frutto di
un equivoco.
Del resto l’esecutivo stesso è frutto di un equivoco: quello di
essere espressione dei cittadini che al contrario non hanno mai eletto
la corte dei miracoli che orbita su Palazzo Chigi e nemmeno i nominati
che in Parlamento provvedono alle fiducie. E’ in realtà un governo di
occupazione finanziaria.
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