giovedì 20 febbraio 2014

Berlusconi e le amnesie della tv


Ma Sil­vio Ber­lu­sconi non era stato con­dan­nato in via defi­ni­tiva per frode fiscale l’1 ago­sto del 2013, vale a dire ben 6 mesi fa? Non era stato dichia­rato deca­duto dal suo seg­gio di sena­tore il 27 novem­bre dello stesso anno? Ebbene, a giu­di­care dal suo insonne atti­vi­smo sulla scena pub­blica ita­liana, sem­bre­rebbe che quelle deci­sioni, gravi e solenni, siano stati pura fin­zione, una recita tea­trale da lasciare alla memo­ria di un tabel­lone di car­ta­pe­sta. E non mi rife­ri­sco qui alla vera e pro­pria resur­re­zione che il per­so­nag­gio ha vis­suto nelle ultime set­ti­mane, gra­zie all’iniziativa di Mat­teo Renzi, poi coro­nata dall’apoteosi del sua salita al Qui­ri­nale. Quelle che osser­viamo in que­sti giorni sono le sequenze ultime di un film che non ha mai ces­sato di svol­gersi sui tele­schermi nazionali.
Per la tv ita­liana Sil­vio Ber­lu­sconi non è mai stato con­dan­nato, né mai cac­ciato dal Senato della Repub­blica. Chiun­que abbia seguito i tele­gior­nali dopo l’1 ago­sto scorso ha potuto osser­vare, tutte le sere, che Ber­lu­sconi era atti­vis­simo e pre­sente nei luo­ghi più dispa­rati d’Italia. Come se nulla fosse acca­duto, nono­stante la voce fuori campo ricor­dasse di tanto in tanto le sue recenti vicis­si­tu­dini giu­di­zia­rie. Anche quando non c’erano nuovi eventi da rac­con­tare, le imma­gini di reper­to­rio ci resti­tui­vano il lea­der sem­pre aitante e sor­ri­dente. La solita maschera da tea­tro dell’arte della nostra tra­di­zione, ora vitu­pe­rata da quest’ultima incar­na­zione poli­tica. In tutti i tele­gior­nali della tv pub­blica, anche nel Tg3 di Bianca Ber­lin­guer, si è svolta come una gara a ridare vita­lità poli­tica a un lea­der ormai fuori gioco. Attra­verso le imma­gini del corpo in movi­mento, esi­bendo il viso mascel­luto e voli­tivo del lea­der (già tri­ste icona della tron­fia viri­lità del Capo in un’altra Ita­lia), le imma­gini tele­vi­sive si sono sosti­tuite alla realtà poli­tica e giu­ri­dica, l’hanno di fatto rimossa, tolta via dalla pub­blica per­ce­zione. Ber­lu­sconi era ed è sem­pre lì, pre­sen­tis­simo e attivo, nono­stante tutto. Con una moda­lità dav­vero degna di stu­dio, la tv ha creato la realtà poli­tica effet­tiva, can­cel­lando nell’immaginario col­let­tivo le deci­sioni dei pub­blici ordinamenti.
Ora, si impon­gono alcune con­si­de­ra­zioni. La prima riguarda le varie velo­cità della giu­sti­zia ita­liana. Per­ché si impiega così tanto tempo ad appli­care a un lea­der poli­tico la pena che gli è stata com­mi­nata? Ricordo che per reati di gran lunga più lievi — anzi creati da leggi liber­ti­cide e inco­sti­tu­zio­nali — la tem­pe­sti­vità della car­ce­ra­zione è da effi­cienza ame­ri­cana. Gli sven­tu­rati che dal Nord Africa o dal Medio Oriente giun­gono ai nostri ago­gnati lidi ven­gono rin­chiusi nei lager chia­mati cie, solo per aver pro­fa­nato il suolo patrio con la loro pre­senza non richie­sta. Men­tre l’autorità giu­di­zia­ria è pron­tis­sima a riem­pire le nostre affol­late car­ceri di pic­coli spac­cia­tori e fuma­tori di hashish. Rive­stono, i casi di costoro, una così ele­vata peri­co­lo­sità da giu­sti­fi­care tanta pron­tezza e durezza di pena?
Ma il pro­blema cen­trale è la tv, sono i tele­gior­nali a cui con­ti­nuiamo ad assi­stere coster­nati tutte le sere. Cono­sciamo la replica dei gior­na­li­sti e la anti­ci­piamo. I media devono riflet­tere la realtà poli­tica effet­tiva e Ber­lu­sconi resta il capo indi­scusso di un grande par­tito, che gode del con­senso di milioni di elet­tori e dun­que non si può non dar­gli rilievo, ecc. All’apparente buon senso di que­sta riven­di­ca­zione si può rispon­dere con due distinte con­si­de­ra­zioni. C’è modo e modo di fare infor­ma­zione. Si pos­sono dare noti­zie di un lea­der, quando egli è pro­ta­go­ni­sta effet­tivo di eventi rile­vanti, che meri­tano di essere illu­strati, senza per que­sto ricor­rere a minuti e minuti di imma­gini, che hanno un evi­dente potere di creare realtà fit­ti­zia. E qui, natu­ral­mente, occor­re­rebbe avviare una qual­che discus­sione cri­tica sul for­mato dei nostri tg. Ogni sera essi alle­sti­scono la mes­sin­scena di un tea­tro sem­pre più insen­sato, dove si suc­ce­dono, in una pas­se­rella ite­ra­tiva e stuc­che­vole, i tea­tranti di una poli­tica che ormai sem­bra fare il verso a se stessa. È vero, mostrare il volto effet­tivo del potere — e il ceto poli­tico è potere, anche se oggi deca­duto — giova alla demo­cra­zia. I cit­ta­dini pos­sono così vedere da vicino i per­so­naggi medio­cri che li gover­nano, togliendo sacra­lità agli arcana impe­rii del comando. Ma è evi­dente che quando si oltre­passa una certa misura, quando la medio­crità dei reci­tanti si accom­pa­gna a una lunga sto­ria di inet­ti­tu­dine e cor­ru­zione, le loro esi­bi­zioni quo­ti­diane ser­vono ad accre­scere il disin­canto di massa nei con­fronti della poli­tica e della demo­cra­zia. Senza dire che l’onnipresenza del ceto poli­tico ita­liano nel nostro quo­ti­diano imma­gi­na­rio immi­se­ri­sce lo sguardo, rat­trap­pi­sce l’orizzonte verso il vasto mondo che gira intorno a noi.
Ma la seconda con­si­de­ra­zione da fare nel caso di Ber­lu­sconi non è di minor rilievo. Ma come si fa a con­si­de­rare come un qua­lun­que lea­der di par­tito que­sto per­so­nag­gio? Com’è noto, a parte la grave con­danna defi­ni­tiva della Cas­sa­zione, egli ha com­prato i giu­dici nel pro­cesso Imi-Sir, ha subito una prima con­danna per sfrut­ta­mento della pro­sti­tu­zione mino­rile, è inda­gato per l”acquisto” di sena­tori e per vari altri reati infa­manti, ha oltrag­giato il Par­la­mento ita­liano con la sto­ria della nipote di Muba­rak, ha uti­liz­zato il governo della Repub­blica a fini per­so­nali e azien­dali come mai era acca­duto nella sto­ria d’Italia. Insomma ha fatto strame del nostro patri­mo­nio più fra­gile: la mora­lità civile. La sua riva­lu­ta­zione “in imma­gine”, da parte della tv, ricorda molto da vicino quella che ha gra­ziato a suo tempo Giu­lio Andreotti. Si ricor­derà: una sen­tenza della Cas­sa­zione del 2 mag­gio 2004, che lo assol­veva da vari reati, rico­no­sceva, tut­ta­via, che egli aveva avuto rap­porti con la mafia sino al 1980. Cro­no­lo­gia mise­ri­cor­diosa delle sen­tenze ita­liane! L’uomo più potente d’Italia aveva avuto dun­que rap­porti con i cri­mi­nali che ave­vano ucciso e ucci­de­ranno Boris Giu­liano e Cesare Ter­ra­nova, il gio­vane Liva­tino, Dalla Chiesa e Rocco Chin­nici, Fal­cone e Bor­sel­lino e tanti fun­zio­nari dello stato prima e dopo il 1980. Ebbene, Andreotti venne allora accolto come un eroe e con­teso dalle tv nelle più varie tra­smis­sioni di intrat­te­ni­mento. Una capo­vol­gi­mento della realtà inim­ma­gi­na­bile in qua­lun­que paese del mondo dove l’umana decenza vale qual­cosa. Ho già scritto que­ste cose quando Andreotti era in vita.
Da uomo del Sud, che ha stu­diato il mondo meri­dio­nale, ho nutrito l’aspettativa razio­nale, oltre che la spe­ranza, di vedere la parte indenne da mafie del nostro Paese, le ragioni del Centro-Nord, scon­fig­gere e sra­di­care dal Sud le sue cri­mi­na­lità sto­ri­che. Com’è noto, la sto­ria ha seguito il corso inverso. Sono state le mafie del Sud a colo­niz­zare il Nord, a radi­carsi nei ter­ri­tori e nelle eco­no­mie di quelle ragioni. Un approdo sto­rico spa­ven­toso, che non ha tur­bato più di tanto il nostro ceto poli­tico. E di sicuro una delle cause siste­mi­che di que­sto per­corso risiede nella fra­gi­lità dello spi­rito pub­blico nazio­nale, nella ille­ga­lità come prin­ci­pio di com­por­ta­mento indi­vi­duale e col­let­tivo, nella dif­fi­coltà seco­lare degli ita­liani di sen­tirsi nazione, comu­nità di uguali tenuta insieme da pari diritti e doveri. Ber­lu­sconi, che è figlio di que­sta per­versa antro­po­lo­gia, le ha for­nito una forma poli­tica di massa, dan­dole dignità e potenza di governo.
Noi siamo ancora immersi in que­sta deva­sta­zione di guerra dell’etica pub­blica nazio­nale, che è causa di innu­me­re­voli danni al nostro Paese. Forse costi­tui­sce la ragione fon­da­men­tale del nostro declino. Che milioni di ita­liani diano ancora il loro con­senso a un noto pre­giu­di­cato, non dovrebbe indurre i gior­na­li­sti tele­vi­sivi a inse­guire la loro audience, dando loro in pasto, ogni giorno, il corpo glo­rioso del capo. Dovrebbe al con­tra­rio farli riflet­tere sull’enormità della cosa e sul com­pito civile cui sareb­bero obbli­gati. In un paese come il nostro, dove la grande mag­gio­ranza dei cit­ta­dini non legge né libri né gior­nali, che si forma un’opinione poli­tica ascol­tando la tv, men­tre pranza o bighel­lona in casa, la verità dei fatti rischia costan­te­mente l’esilio. La mag­giore azienda cul­tu­rale ita­liana, la tv pub­blica, ha con­tri­buito non poco e con­ti­nua a con­tri­buire a ren­dere incerto il con­fine tra verità e men­zo­gna, a ren­dere opi­na­bile il diritto, a far diven­tare eva­ne­scente la san­zione delle leggi, a capo­vol­gere i prin­cipi stessi della mora­lità. In una parola, anch’essa lavora per ren­dere sca­dente l’etica civile dell’Italia.

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