Il governo Renzi nasce all’insegna della
Menzogna. Nel senso di molte menzogne, che ne costituiscono l’essenza.
La prima, segreto di Pulcinella disgustoso ma tragicamente preoccupante: Renzi ha proposto al ministero della Giustizia Nicola Gratteri, Giorgio Napolitano ha detto “niet” e il decisionista Renzi ha baciato la pantofola. Nicola Gratteri non è solo uno dei magistrati di punta (il che significa che rischiano la vita ogni giorno) nella lotta alla criminalità organizzata, e in particolare della ‘ndrangheta, oggi la mafia più “multinazionale” oltre che efferata, e all’intreccio tra corruzione affaristica, politica, mafiosa.
Si è anche illustrato per una serie organica e precisa, certosina anzi, di proposte capaci di razionalizzare l’intero meccanismo della giustizia, dalle notifiche al sistema carcerario. La spiegazione dei famosi “ambienti del Quirinale”, e degli editorialisti di regime sempre in “pole position” per il servo encomio, è che la presenza di un magistrato a via Arenula sia inopportuna. Che mestiere faceva però Filippo Mancuso, il droghiere, il broker finanziario? E Nitto Francesco Palma, l’imbianchino, l’ingegnere nucleare? Erano entrambi magistrati. Ma avevano corpose attenuanti: il primo si scatenò nella persecuzione contro il pool Mani pulite, il secondo era (ed è) un pasdaran di Berlusconi. Gratteri è invece un magistrato-magistrato, che prende sul serio l’idea della “giustizia eguale per tutti” e possiede anche le competenze tecnico-amministrative rispetto al funzionamento della macchina. Contro tanta minaccia, “per fortuna che Giorgio c’è”, come ebbe a gorgheggiare Berlusconi or non è guari.
A proposito del quale, va sottolineato come abbia magnificato la presenza di un suo ministro nel governo Renzi: la signora Federica Guidi, proprio qualche giorno fa ricevuta in udienza ad Arcore. E’ dunque una menzogna che il governo Renzi si regga sulla stessa maggioranza, Berlusconi c’è dentro con entrambe le mani, e non solo in quanto padre ri-costituente (il che è già un mostruoso oltraggio per la democrazia, da Renzi propiziato).
La terza menzogna è che questo sia un governo Renzi, mentre i fatti dicono che è un governo Napolitano/Renzi/Cencelli. Sul protettorato di Napolitano inutile insistere. Su quello di Cencelli la grancassa mediatica e “giornalistica” (tranne il sempre più isolato giornalismo-giornalismo del “Fatto quotidiano”) ha imposto l’occhiuta censura del silenzio. Eppure è la prima volta da vent’anni che il famoso “manuale” viene applicato con scrupolo tanto millimetrico, perfino in un particolare di perfidia democristiana: un ministro civatiano, secondo la porzione che nella torta cencelliana spettava a tale minoranza, e anzi il migliore, forse, ma scelto senza consultare Civati.
La quarta menzogna, che si articolerà in un bailamme di ipocrisie, omissioni, manipolazioni, a cominciare dalle dichiarazioni programmatiche, è che questo governo voglia affrontare le riforme strutturali indilazionabili per il paese. Per il rilancio dell’economia servono infatti cifre ingentissime, ma soprattutto (ecco la menzogna per omissione): queste risorse ingentissime ci sono. Decine e decine di miliardi annui di evasione fiscale (in gran parte ricettate all’estero), decine e decine di miliardi annui di corruzione, decine e decine di miliardi annui di profitti mafiosi. Perciò solo una politica che metta al primo posto una guerra senza quartiere ai grassatori di queste risorse può sperare di interrompere e invertire l’avvitamento del sistema economico-sociale sotto il profilo della recessione o stagnazione industriale, del devastante impoverimento della popolazione (tranne gli happy few di establishment e privilegio), del tracollo dei servizi pubblici e di welfare.
Una politica giustizialista, per dirla senza infingimenti e assumendo con orgoglio il termine con cui il regime del berlusconismo e dell’inciucio per vent’anni ha cercato di bollare una politica di “giustizia e libertà” che desse prosecuzione e orizzonte politico alla “rivoluzione” davvero garantista (perché finalmente non guardava in faccia a nessuno e trattava il politico o l’imprenditore “eccellenti” come il cittadino comune) di Mani Pulite o del pool di Palermo.
In realtà una non-menzogna nel governo Renzi c’è, e fa rabbrividire. La discontinuità rispetto al governo Letta di un impegno che questi aveva ventilato (in un raptus di tatticismo, sia chiaro. Ma “voce dal sen fuggita …”), e cioè la legge sul conflitto di interessi, che renderebbe impraticabile non solo per Berlusconi e tutti i suoi eredi, ma anche per tanti altri potenti dell’economia, la commistione tra affari e politica che è incompatibile con la democrazia poiché inocula in essa dosi mortali di “governo dei patrimoni” anziché “governo dei cittadini”. Con l’uomo che confonde la democrazia con un’azienda (sua, ovviamente), e che è ormai patentato come criminale, e che se avesse dati anagrafici differenti (non per l’età, per il nome) sarebbe in galera o al massimo a stringenti domiciliari, Renzi ha invece contratto un patto di cui noi conosciamo la punta di iceberg (comunque indecente) e Denis Verdini la sommersa massa agghiacciante.
Con ciò Renzi ha confermato che esiste ormai una mutazione genetica in senso proprio, fin qui sfuggita ai biologi, che si attiva in ogni “homo sapiens” non appena diventi il massimo dirigente del Pd (o come si chiamava prima), e che scatena una forma non arginabile di vocazione masochistica nei confronti di Silvio Berlusconi. E’ accaduto a D’Alema, è accaduto a Veltroni, è accaduto a Bersani, ora è operante in Renzi: ogni volta l’ometto di Arcore è ormai politicamente defunto e giuridicamente sulla soglia della meritatissima galera, e ogni volta il dirigente massimo del Pd si mette in competizione con Gesù che fa risorgere Lazzaro, con risultati identici e perfino più miracolosi: il defunto Berlusconi ogni volta torna al potere.
Ecco perché l’opposizione frontale del M5S al governo Renzi è la manifestazione encomiabile di chi intende interpretare il disgusto e la rabbia sacrosanti di milioni e milioni di cittadini, e incanalarla in un alveo democratico. Non può però sfuggire proprio a chi il M5S ha votato (io tra questi) e che (“sic stantibus rebus”) lo voterebbe anche alle prossime elezioni europee (io tra questi), che la contraddizione tra l’impegno dei militanti (e di non pochi parlamentari) del M5S, e il carattere autoritario/proprietario/paternalistico della struttura apicale Grillo-Casaleggio, rende sempre più problematica e contraddittoria la possibilità che il M5S sappia offrire la risposta adeguata alle istanze dei cittadini che vogliono più che mai giustizia e libertà.
Per fortuna il “sic stantibus rebus” è ora superato. La lista “L’Altra Europa, con Tsipras” rappresenta esattamente la grande possibilità di non dover alle prossime elezioni europee trovarsi di fronte al dilemma – di impoverimento democratico – “o Renzi o Grillo”.
Quando in “quattro gatti” (quasi alla lettera: eravamo sei) abbiamo qualche settimana fa lanciato l’appello per tale lista, era forse legittimo pensare che si trattasse dell’ennesimo sogno di alcuni “intellettuali astratti”. Se però ora questa lista, che sui mass media, e dunque per la stragrande maggioranza dei cittadini, è ancora perfettamente “clandestina”, nel primo sondaggio in cui viene citata ottiene un clamoroso 7,2%, vuol dire che l’idea da cui eravamo partiti era tutt’altro che utopica o astratta.
Quell’idea ogni giorno sta radicandosi grazie all’impegno di migliaia e migliaia di persone, che stanno così trasformando indignazione e rabbia (più che sacrosante) in cittadinanza attiva. Questo entusiasmo, crescente e contagioso, ha solo bisogno che noi che della lista siamo stati solo i “catalizzatori” e saremo solo i garanti, non commettiamo errori, garantendo perciò, con il vostro insostituibile protagonismo, che questa esperienza sia davvero una “lista autonoma della società civile”, capace di parlare a milioni di italiani.
La prima, segreto di Pulcinella disgustoso ma tragicamente preoccupante: Renzi ha proposto al ministero della Giustizia Nicola Gratteri, Giorgio Napolitano ha detto “niet” e il decisionista Renzi ha baciato la pantofola. Nicola Gratteri non è solo uno dei magistrati di punta (il che significa che rischiano la vita ogni giorno) nella lotta alla criminalità organizzata, e in particolare della ‘ndrangheta, oggi la mafia più “multinazionale” oltre che efferata, e all’intreccio tra corruzione affaristica, politica, mafiosa.
Si è anche illustrato per una serie organica e precisa, certosina anzi, di proposte capaci di razionalizzare l’intero meccanismo della giustizia, dalle notifiche al sistema carcerario. La spiegazione dei famosi “ambienti del Quirinale”, e degli editorialisti di regime sempre in “pole position” per il servo encomio, è che la presenza di un magistrato a via Arenula sia inopportuna. Che mestiere faceva però Filippo Mancuso, il droghiere, il broker finanziario? E Nitto Francesco Palma, l’imbianchino, l’ingegnere nucleare? Erano entrambi magistrati. Ma avevano corpose attenuanti: il primo si scatenò nella persecuzione contro il pool Mani pulite, il secondo era (ed è) un pasdaran di Berlusconi. Gratteri è invece un magistrato-magistrato, che prende sul serio l’idea della “giustizia eguale per tutti” e possiede anche le competenze tecnico-amministrative rispetto al funzionamento della macchina. Contro tanta minaccia, “per fortuna che Giorgio c’è”, come ebbe a gorgheggiare Berlusconi or non è guari.
A proposito del quale, va sottolineato come abbia magnificato la presenza di un suo ministro nel governo Renzi: la signora Federica Guidi, proprio qualche giorno fa ricevuta in udienza ad Arcore. E’ dunque una menzogna che il governo Renzi si regga sulla stessa maggioranza, Berlusconi c’è dentro con entrambe le mani, e non solo in quanto padre ri-costituente (il che è già un mostruoso oltraggio per la democrazia, da Renzi propiziato).
La terza menzogna è che questo sia un governo Renzi, mentre i fatti dicono che è un governo Napolitano/Renzi/Cencelli. Sul protettorato di Napolitano inutile insistere. Su quello di Cencelli la grancassa mediatica e “giornalistica” (tranne il sempre più isolato giornalismo-giornalismo del “Fatto quotidiano”) ha imposto l’occhiuta censura del silenzio. Eppure è la prima volta da vent’anni che il famoso “manuale” viene applicato con scrupolo tanto millimetrico, perfino in un particolare di perfidia democristiana: un ministro civatiano, secondo la porzione che nella torta cencelliana spettava a tale minoranza, e anzi il migliore, forse, ma scelto senza consultare Civati.
La quarta menzogna, che si articolerà in un bailamme di ipocrisie, omissioni, manipolazioni, a cominciare dalle dichiarazioni programmatiche, è che questo governo voglia affrontare le riforme strutturali indilazionabili per il paese. Per il rilancio dell’economia servono infatti cifre ingentissime, ma soprattutto (ecco la menzogna per omissione): queste risorse ingentissime ci sono. Decine e decine di miliardi annui di evasione fiscale (in gran parte ricettate all’estero), decine e decine di miliardi annui di corruzione, decine e decine di miliardi annui di profitti mafiosi. Perciò solo una politica che metta al primo posto una guerra senza quartiere ai grassatori di queste risorse può sperare di interrompere e invertire l’avvitamento del sistema economico-sociale sotto il profilo della recessione o stagnazione industriale, del devastante impoverimento della popolazione (tranne gli happy few di establishment e privilegio), del tracollo dei servizi pubblici e di welfare.
Una politica giustizialista, per dirla senza infingimenti e assumendo con orgoglio il termine con cui il regime del berlusconismo e dell’inciucio per vent’anni ha cercato di bollare una politica di “giustizia e libertà” che desse prosecuzione e orizzonte politico alla “rivoluzione” davvero garantista (perché finalmente non guardava in faccia a nessuno e trattava il politico o l’imprenditore “eccellenti” come il cittadino comune) di Mani Pulite o del pool di Palermo.
In realtà una non-menzogna nel governo Renzi c’è, e fa rabbrividire. La discontinuità rispetto al governo Letta di un impegno che questi aveva ventilato (in un raptus di tatticismo, sia chiaro. Ma “voce dal sen fuggita …”), e cioè la legge sul conflitto di interessi, che renderebbe impraticabile non solo per Berlusconi e tutti i suoi eredi, ma anche per tanti altri potenti dell’economia, la commistione tra affari e politica che è incompatibile con la democrazia poiché inocula in essa dosi mortali di “governo dei patrimoni” anziché “governo dei cittadini”. Con l’uomo che confonde la democrazia con un’azienda (sua, ovviamente), e che è ormai patentato come criminale, e che se avesse dati anagrafici differenti (non per l’età, per il nome) sarebbe in galera o al massimo a stringenti domiciliari, Renzi ha invece contratto un patto di cui noi conosciamo la punta di iceberg (comunque indecente) e Denis Verdini la sommersa massa agghiacciante.
Con ciò Renzi ha confermato che esiste ormai una mutazione genetica in senso proprio, fin qui sfuggita ai biologi, che si attiva in ogni “homo sapiens” non appena diventi il massimo dirigente del Pd (o come si chiamava prima), e che scatena una forma non arginabile di vocazione masochistica nei confronti di Silvio Berlusconi. E’ accaduto a D’Alema, è accaduto a Veltroni, è accaduto a Bersani, ora è operante in Renzi: ogni volta l’ometto di Arcore è ormai politicamente defunto e giuridicamente sulla soglia della meritatissima galera, e ogni volta il dirigente massimo del Pd si mette in competizione con Gesù che fa risorgere Lazzaro, con risultati identici e perfino più miracolosi: il defunto Berlusconi ogni volta torna al potere.
Ecco perché l’opposizione frontale del M5S al governo Renzi è la manifestazione encomiabile di chi intende interpretare il disgusto e la rabbia sacrosanti di milioni e milioni di cittadini, e incanalarla in un alveo democratico. Non può però sfuggire proprio a chi il M5S ha votato (io tra questi) e che (“sic stantibus rebus”) lo voterebbe anche alle prossime elezioni europee (io tra questi), che la contraddizione tra l’impegno dei militanti (e di non pochi parlamentari) del M5S, e il carattere autoritario/proprietario/paternalistico della struttura apicale Grillo-Casaleggio, rende sempre più problematica e contraddittoria la possibilità che il M5S sappia offrire la risposta adeguata alle istanze dei cittadini che vogliono più che mai giustizia e libertà.
Per fortuna il “sic stantibus rebus” è ora superato. La lista “L’Altra Europa, con Tsipras” rappresenta esattamente la grande possibilità di non dover alle prossime elezioni europee trovarsi di fronte al dilemma – di impoverimento democratico – “o Renzi o Grillo”.
Quando in “quattro gatti” (quasi alla lettera: eravamo sei) abbiamo qualche settimana fa lanciato l’appello per tale lista, era forse legittimo pensare che si trattasse dell’ennesimo sogno di alcuni “intellettuali astratti”. Se però ora questa lista, che sui mass media, e dunque per la stragrande maggioranza dei cittadini, è ancora perfettamente “clandestina”, nel primo sondaggio in cui viene citata ottiene un clamoroso 7,2%, vuol dire che l’idea da cui eravamo partiti era tutt’altro che utopica o astratta.
Quell’idea ogni giorno sta radicandosi grazie all’impegno di migliaia e migliaia di persone, che stanno così trasformando indignazione e rabbia (più che sacrosante) in cittadinanza attiva. Questo entusiasmo, crescente e contagioso, ha solo bisogno che noi che della lista siamo stati solo i “catalizzatori” e saremo solo i garanti, non commettiamo errori, garantendo perciò, con il vostro insostituibile protagonismo, che questa esperienza sia davvero una “lista autonoma della società civile”, capace di parlare a milioni di italiani.
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