Il direttivo del sindacato decide una consultazione che si terrà a marzo, blindando l'accordo. Le tute blu si preparano a disertare quel voto le cui modalità ritengono "inaccettabili": "C'è una crisi democratica, noi non parteciperemo"
di Salvatore Cannavò , Il Fatto Quotidiano
La consultazione degli iscritti Cgil sull’accordo sulla rappresentanza si terrà a marzo. Ma, come previsto alla vigilia, rappresenterà l’ennesimo strappo interno alla Cgil. La Fiom, infatti, si prepara a disertare quel voto le cui modalità Maurizio Landini ritiene “inaccettabili”. Ed è pronta a nuove iniziative eclatanti.
Al termine del direttivo, la Cgil ha definito un documento che stabilisce le modalità con cui si svolgerà la consultazione. Ci sarà “una campagna di assemblee informative già definite tra Cgil, Cisl e Uil da tenersi nel mese di marzo” e, “nello stesso periodo” un’ulteriore espressione di voto di lavoratori iscritti alla Cgil”. A votare saranno questi ultimi che però avranno due seggi: da una parte “coloro che sono ricompresi nelle intese già raggiunte (Confindustria e Confservizi)” e dall’altra “coloro a cui estendere gli accordi”. Consultazione e risultati delle operazioni di voto saranno a cura delle categorie. Infine, i lavoratori non voteranno sul testo dell’accordo ma su un “quesito” in cui, ricordando che il giudizio della Cgil sull’accordo stesso è “positivo” si chiede di apporre un “sì” o un “no”. Susanna Camusso aveva già spiegato questa modalità, in mattinata, allo stesso Landini presentatosi a un incontro a quattrocchi con in mano le richieste di modifica della Fiom: “Ma non ne hanno accettata nemmeno una” spiega al Fatto.
Non sarà consentito, come chiedeva il segretario Fiom, presentare la posizione alternativa. Né il voto limitato solo al milione di lavoratori interessati: voteranno invece i 2,7 milioni di “attivi” esclusi i pensionati. La segretaria dello Spi, Carla Cantone, si è infatti tirata fuori dalla contesa proponendo una mediazione in grado di superare “gli errori” fatti in questi mesi. Un intervento che, però, è stato accolto gelidamente dalla segreteria nazionale. Landini, invece, parla di “una crisi democratica mai vista” contestando anche il metodo di voto sul “quesito”: “Nei fatti è un referendum sul gruppo dirigente che mette l’accordo al riparo dalla consultazione. La Cgil non dice a Cisl, Uil e Confindustria che il testo è congelato fino al risultato del voto: l’accordo è già operativo. Si tratta di una doppia finta”.
La decisione è stata presa a larga maggioranza con la sola opposizione della Fiom e dell’area di Cremaschi, che non hanno partecipato al voto perché ritenuto illegittimo. Cremaschi, inoltre, reduce dall’aggressione subita al Teatro Parenti di Milano, ha mosso un attacco durissimo al vertice della Cgil accusato di aver falsificato i voti del congresso, “come fa Putin in Russia” e chiedendo, anche per quanto avvenuto a Milano, le dimissioni di Susanna Camusso. Sono invece rientrati i distinguo dell’area di Lavoro-Società che, tranne un esponente Fiom, Augustin Breda, ha votato a favore del provvedimento. La questione, ora, è sapere cosa succederà nei prossimi giorni. La maggioranza, dopo aver chiuso qualsiasi ipotesi di dialogo con la Fiom, andrà avanti senza esitazioni. “Il vero problema della Fiom? L’autolesionismo” si dice nei corridoi.
L’accordo del 10 gennaio, infatti, una volta applicato, provocherà la perdita di alcuni diritti sindacali per chi non lo riconosce, come avvenuto a Pomigliano. Solo che, nel caso della Fiat, la Fiom ha visto riconosciute le proprie prerogative da una sentenza della Corte costituzionale. Quindi si annunciano contenziosi rilevanti. Ma in gioco, in questa partita, c’è anche altro. Camusso e compagni non possono accettare la richiesta di autonomia che avanza la Fiom. D’altro canto, quest’ultima non può accettare un modello contrattuale in cui “sindacati confederali e aziende decidono al posto delle Rsu o delle categorie”. “Faranno la fine dei Cobas” si ribadisce in Cgil. “Loro invece diventeranno come la Cisl”, è la risposta che si può ascoltare tra i dirigenti Fiom. A guardarli da fuori sono già due sindacati.
La Fiom, ieri, non ha partecipato al voto e non parteciperà nemmeno a una consultazione ritenuta “non democratica”. Landini ha già annunciato che riunirà i suoi organismi per decidere cosa fare. Si pensa a una grande manifestazione nazionale, una sorta di Stati generali della Fiom, in contemporanea alla consultazione, riunendo alcune migliaia di delegati e dirigenti per dimostrare, anche fisicamente, di essere, appunto, un altro tipo di sindacato. La lotta continua.
Al termine del direttivo, la Cgil ha definito un documento che stabilisce le modalità con cui si svolgerà la consultazione. Ci sarà “una campagna di assemblee informative già definite tra Cgil, Cisl e Uil da tenersi nel mese di marzo” e, “nello stesso periodo” un’ulteriore espressione di voto di lavoratori iscritti alla Cgil”. A votare saranno questi ultimi che però avranno due seggi: da una parte “coloro che sono ricompresi nelle intese già raggiunte (Confindustria e Confservizi)” e dall’altra “coloro a cui estendere gli accordi”. Consultazione e risultati delle operazioni di voto saranno a cura delle categorie. Infine, i lavoratori non voteranno sul testo dell’accordo ma su un “quesito” in cui, ricordando che il giudizio della Cgil sull’accordo stesso è “positivo” si chiede di apporre un “sì” o un “no”. Susanna Camusso aveva già spiegato questa modalità, in mattinata, allo stesso Landini presentatosi a un incontro a quattrocchi con in mano le richieste di modifica della Fiom: “Ma non ne hanno accettata nemmeno una” spiega al Fatto.
Non sarà consentito, come chiedeva il segretario Fiom, presentare la posizione alternativa. Né il voto limitato solo al milione di lavoratori interessati: voteranno invece i 2,7 milioni di “attivi” esclusi i pensionati. La segretaria dello Spi, Carla Cantone, si è infatti tirata fuori dalla contesa proponendo una mediazione in grado di superare “gli errori” fatti in questi mesi. Un intervento che, però, è stato accolto gelidamente dalla segreteria nazionale. Landini, invece, parla di “una crisi democratica mai vista” contestando anche il metodo di voto sul “quesito”: “Nei fatti è un referendum sul gruppo dirigente che mette l’accordo al riparo dalla consultazione. La Cgil non dice a Cisl, Uil e Confindustria che il testo è congelato fino al risultato del voto: l’accordo è già operativo. Si tratta di una doppia finta”.
La decisione è stata presa a larga maggioranza con la sola opposizione della Fiom e dell’area di Cremaschi, che non hanno partecipato al voto perché ritenuto illegittimo. Cremaschi, inoltre, reduce dall’aggressione subita al Teatro Parenti di Milano, ha mosso un attacco durissimo al vertice della Cgil accusato di aver falsificato i voti del congresso, “come fa Putin in Russia” e chiedendo, anche per quanto avvenuto a Milano, le dimissioni di Susanna Camusso. Sono invece rientrati i distinguo dell’area di Lavoro-Società che, tranne un esponente Fiom, Augustin Breda, ha votato a favore del provvedimento. La questione, ora, è sapere cosa succederà nei prossimi giorni. La maggioranza, dopo aver chiuso qualsiasi ipotesi di dialogo con la Fiom, andrà avanti senza esitazioni. “Il vero problema della Fiom? L’autolesionismo” si dice nei corridoi.
L’accordo del 10 gennaio, infatti, una volta applicato, provocherà la perdita di alcuni diritti sindacali per chi non lo riconosce, come avvenuto a Pomigliano. Solo che, nel caso della Fiat, la Fiom ha visto riconosciute le proprie prerogative da una sentenza della Corte costituzionale. Quindi si annunciano contenziosi rilevanti. Ma in gioco, in questa partita, c’è anche altro. Camusso e compagni non possono accettare la richiesta di autonomia che avanza la Fiom. D’altro canto, quest’ultima non può accettare un modello contrattuale in cui “sindacati confederali e aziende decidono al posto delle Rsu o delle categorie”. “Faranno la fine dei Cobas” si ribadisce in Cgil. “Loro invece diventeranno come la Cisl”, è la risposta che si può ascoltare tra i dirigenti Fiom. A guardarli da fuori sono già due sindacati.
La Fiom, ieri, non ha partecipato al voto e non parteciperà nemmeno a una consultazione ritenuta “non democratica”. Landini ha già annunciato che riunirà i suoi organismi per decidere cosa fare. Si pensa a una grande manifestazione nazionale, una sorta di Stati generali della Fiom, in contemporanea alla consultazione, riunendo alcune migliaia di delegati e dirigenti per dimostrare, anche fisicamente, di essere, appunto, un altro tipo di sindacato. La lotta continua.
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