domenica 23 febbraio 2014

Ucraina, è l’anteprima di una secessione —Tommaso Di Francesco, Il Manifesto


È già carta strac­cia l’accordo rag­giunto a Kiev solo 48 ore fa tra i rap­pre­sen­tanti dell’Unione euro­pea, signi­fi­ca­ti­va­mente in prima fila il mini­stro degli esteri tede­sco Stein­meier e quello polacco Sikor­ski. Per quell’accordo l’interlocutore scelto è stato, insieme ai lea­der dell’opposizione, pro­prio il pre­si­dente Vik­tor Yanu­ko­vich — inca­pace, alla fine cri­mi­nale, con inte­ressi pri­vati, legato ad oli­gar­chi come tutti i par­titi ucraini, ma demo­cra­ti­ca­mente eletto anche secondo cer­ti­fi­ca­zione della stessa Ue, dell’Onu e dell’Osce. L’accordo pre­ve­deva una sua con­cor­data uscita di scena, la pro­po­sta di un governo di unità nazio­nale ed ele­zioni anti­ci­pate a mag­gio. Era il qua­dro per tenere unito il più pos­si­bile il Paese dopo gli scon­tri armati che hanno pro­vo­cato a Kiev più di cento morti.
Da ieri mat­tina invece la situa­zione è pre­ci­pi­tata ed è in corso una prova di forza, un colpo di mano dagli esiti cre­di­bil­mente dis­so­lu­tori per i destini dell’Ucraina. Il palazzo della pre­si­denza è stato occu­pato, con molti mini­steri, dai mani­fe­stanti di «Euro­Ma­j­dan», gli stessi che ave­vano rea­gito male all’accordo respin­gendo per­fino il mini­stro degli esteri polacco che aveva inti­mato: «Altri­menti siete tutti morti».
Avvia la nuova lega­lità a colpi di decreti la Rada, o meglio quel che resta del par­la­mento ucraino, che per prima cosa ha auto­riz­zato la libe­ra­zione dell’ex pre­mier Julia Tymo­shenko. È la stra­ricca oli­garca ex pre­mier, con­dan­nata per abuso d’ufficio per un con­tratto di for­ni­tura di gas che favorì smac­ca­ta­mente gli inte­ressi di Mosca, e inol­tre già respon­sa­bile di una guerra inte­stina alla Rivo­lu­zione aran­cione del 2004, con­tro il lea­der di quel movi­mento, Vik­tor Yushenko.
Per inten­derci, è la stessa Julia Tymo­shenko che gli espo­nenti di Forza Ita­lia hanno più volte para­go­nato, per «inno­cenza» e «per­se­cu­zione» subìta, al «povero» Sil­vio Berlusconi.
Intanto è scat­tata la pro­ce­dura d’impeachment per il pre­si­dente Yanu­ko­vich, ed è stato nomi­nato nuovo pre­si­dente del par­la­mento il brac­cio destro della Timo­shenko, Olek­san­der Tur­ci­nov. Inol­tre, a mag­gio­ranza l’aula par­la­men­tare elegge i mem­bri del nuovo governo, a par­tire da quelli che più pos­sono tor­nare utili all’uso della forza, come il neo­mi­ni­stro degli interni Arseni Ava­kov, il lea­der che gui­dava gli scon­tri dalle bar­ri­cate. Men­tre la poli­zia di Kiev si schiera con Euro­Ma­j­dan, quella delle regioni orien­tali si pro­nun­cia contro.
E com’era d’aspettarsi prima o poi, i depu­tati delle regioni orien­tali del grande Paese ucraino dichia­rano ille­git­tima la nuova Rada e le sue deci­sioni, men­tre Yanu­ko­vich sem­bra avere rag­giunto la più sicura Kar­kiv. Ma ora ha con­tro anche la rab­bia di metà del paese che ad est gli rim­pro­vera la sua «inde­ci­sione verso la vio­lenza della piazza» e il suo bar­ca­me­narsi tra Ue e Rus­sia, senza poi avere mai preso alcun prov­ve­di­mento in due anni per risol­vere le discri­mi­na­zioni con­tro le mino­ranze (nell’est mag­gio­ranze) russe.
Que­ste sto­rie dall’amaro sapore bal­ca­nico pur­troppo le abbiamo già viste. Ormai l’Ucraina che abbiamo cono­sciuto non esi­ste più, ce ne sono di fatto almeno due e siamo pro­ba­bil­mente all’anteprima della seces­sione del Paese.
Gli appren­di­sti stre­goni dell’Unione euro­pea hanno aspet­tato tre mesi per inter­ve­nire di fronte alla pre­ci­pi­ta­zione della crisi, quando già da un mese cir­co­la­vano armi nella pro­te­sta ed emer­geva il ruolo cen­trale dell’estrema destra. Appren­di­sti stre­goni per­ché la pro­po­sta di allar­ga­mento dell’Unione all’Ucraina non è mai stata accom­pa­gnata da una volontà poli­tica, sociale ed eco­no­mica di con­creta integrazione.
Quel che si è mani­fe­stato è stato invece il sostan­ziale disin­te­resse da parte di un’Unione euro­pea solo mone­ta­ria, divisa al suo interno e che deprime gli inte­ressi sociali fino alla mise­ria (guar­date i dati sulla mor­ta­lità infan­tile in Gre­cia aumen­tata del 43% dopo l’avvio delle poli­ti­che mone­ta­rie della Ue) in onore al prin­ci­pio della gover­na­bi­lità e del pareg­gio di bilan­cio, men­tre pri­vi­le­gia gli inte­ressi dei grandi gruppi finan­ziari. Que­sta è l’Europa “reale” e vuota che ha favo­rito la pro­gres­sione delle prof­ferte russe, invece con­cre­tis­sime. Un bel soste­gno alla pre­ci­pi­ta­zione degli eventi l’hanno data anche quelle forze poli­ti­che “demo­cra­ti­che” e quei media ita­liani — gli stessi che pure non esi­tano a defi­nire il movi­mento dei NoTav come «ter­ro­ri­sti» — che hanno taciuto di fronte al fatto che da set­ti­mane il movi­mento cosid­detto Euro­Ma­j­dan, non solo a Kiev ma soprat­tutto a Leo­poli, si era armato fino ai denti.
Ora, bene che vada, gli appren­di­sti stre­goni dell’Unione euro­pea ere­di­te­ranno, con un allar­ga­mento d’urgenza magari deciso a tavo­lino e per evi­tare un ulte­riore bagno di san­gue, non un Paese unito ma metà Ucraina. Quella occi­den­tale, più povera e dispe­rata, gui­data dall’estrema destra nazio­na­li­sta xeno­foba e anti­se­mita che da tempo fa parte della coa­li­zione di par­tito della “pasio­na­ria” Timo­shenko, la prin­ci­pessa del gas, l’eroina della nostra epoca che, come ha ricor­dato lo scrit­tore russo Limo­nov, «si è fatta icona a tutti i costi». E già l’Ue annun­cia che con­se­gnerà il paese ai prov­ve­di­menti sal­vi­fici del Fondo mone­ta­rio inter­na­zio­nale in alter­na­tiva ai peri­co­losi pre­stiti di Mosca.
Ancora una volta l’Europa è tra­gi­ca­mente fottuta.
Il destino delle sue sorti, e ai con­fini sen­si­bili, sem­bra peri­co­lo­sa­mente tor­nare nelle mani degli Stati uniti e della Rus­sia che, forse, ancora pos­sono scon­giu­rare in extre­mis e nono­stante le loro gravi respon­sa­bi­lità e coin­vol­gi­menti, un nuovo sce­na­rio jugo­slavo. Ma pro­ba­bil­mente è troppo tardi anche per que­sta ver­go­gnosa riti­rata europea.

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