Sergio Cofferati, commentando ieri quanto accade nel fortino di Corso
d'Italia, pur senza entrare nel merito della vicenda che oppone Fiom e
Cgil, si è detto sconcertato del modo con cui Susanna Camusso sta
gestendo il dissenso interno all'organizzazione. E forse - se conosco
bene l'ex segretario della Cgil - non pochi rimorsi lo devono da tempo
accompagnare ripensando a quanto in passato fece per mettere sulla
plancia di comando personaggi come quelli che oggi stanno precipitando
quello che fu il più grande e prestigioso sindacato italiano lungo la
china di un declino forse irreversibile. Fatto si è che, da qualunque
parte la si giri, l'iniziativa di Susanna Camusso nei confronti di
Landini è ben più che un atto intimidatorio. La segretaria della Cgil ha
avviato una procedura che prelude all'assunzione di veri e propri
provvedimenti disciplinari, quali che siano, nei confronti del
segretario della Fiom.
Il paradosso, di cui abbiamo parlato ieri, sta nel fatto
che il dissenso fra la Confederazione e il suo più importante sindacato
di categoria è tutto politico e di prima grandezza. Eppure, ciò
malgrado, i due duellanti coabitano in un sempre più surreale sodalizio
nel documento di maggioranza che in questi mesi viene discusso e posto
ai voti nelle quasi 50 mila assemblee precongressuali della Cgil. E'
vero che Landini ha cercato di smarcarsi dall'indigeribile accrocchio
presentando quattro emendamenti che in realtà delineano il profilo di
una diversa linea sindacale. Ma lo è altrettanto - e Landini non può non
esserne consapevole - che la probabilità che quegli emendamenti si
affermino è pari a zero, ed essi saranno tutti respinti nell'assise
conclusiva di maggio. Ivi compreso l'ultimo, quello che il segretario
della Fiom ha deciso di aggiungere al primo pacchetto con lo scopo di
sottoporre a referendum fra i lavoratori e le lavoratrici il famigerato
accordo interconfederale del 10 gennaio che assesta un colpo formidabile
alla contrattazione e inibisce la libertà di sciopero, prevedendo
persino sanzioni nei confronti di quanti - sindacati, rsu, lavoratori -
intendessero sottrarsi ad accordi non condivisi e perciò non
sottoscritti.
Dunque, sta per profilarsi lo scenario che segue:
mentre la magistratura interna della Cgil - nei fatti innescata da
Susanna Camusso - farà il suo non rapido corso, tenendo la spada di
Damocle sul collo dell'imputato, il congresso ratificherà le posizioni
già emerse come largamente maggioritarie nel Comitato direttivo dello
scorso 17 gennaio. Landini e la sua Fiom saranno allora davvero
vincolati a decisioni non soltanto giudicate gravemente lesive della
libertà sindacale, ma persino dello statuto della Confederazione. Un bel
disastro. perché a quel punto il segretario della Fiom si troverà nella
grottesca situazione di stare formalmente in maggioranza, ma di vivere
da sconfitto e "separato in casa", dentro un'orgnizzazione che si
appresta, rafforzata dall'esito congressuale, a consumare la propria
vendetta.
Difficile (oltre che altamente sconsigliabile) che Landini
cerchi - e ancor più trovi - riparo sotto le ali di Matteo Renzi, che
pensa del conflitto sociale più o meno nel modo di Maria Antonietta
d'Asburgo e che - si può essere certi - non gli regalerà per legge ciò
che Cgil, Cisl, Uil e Confindustria gli hanno tolto.
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