I
libri di storia commenteranno questi giorni come l’abbaglio
e l’eclissi della ragione. Ricordate il film Orwel 1994? Qualcosa del
genere sta accadendo. Crescita economica, nuovo lavoro
e consolidamento delle istituzioni sono riassumibili nello
slogan “cambiare verso”. Purtroppo dobbiamo vivere il nostro tempo,
ed è un tempo durissimo. Prima il presidente dell’Inps Boeri, poi il
ministro Poletti e da ultimo il presidente del consiglio Renzi
annunciano la creazione di nuovi 79.000 posti di lavoro a tempo
indeterminato tra gennaio-febbraio 2015 e gennaio-febbraio 2014.
A noi tocca ancora una volta scardinare il castello di solide e dure
pietre di fandonie con fionde ed archi. Davide contro Golia non
è proprio una metafora. I consulenti del lavoro, persone più serie
della compagine governativa, financo del presidente Boeri,
ricordano che nell’80% dei casi si tratta di regolarizzazioni di
collaborazioni a progetto, partite Iva ed altra inutile
precarietà. Quindi solo il 20% è “nuovo lavoro”. Se poi
consideriamo il naturale turnover del mercato del lavoro, gli
8.060 euro di contributo pubblico per i nuovi assunti, a cui
dovrebbero aggiungersi 1,5 mld di euro per il piano Youth Guarantee,
un insuccesso epocale, abbiamo un effetto nullo.
Alla fine il lavoro aggiuntivo è in
realtà lavoro sostitutivo, pagato con i soldi pubblici. Alla faccia
del rischio di “intrapresa”. Dare ragione a Brunetta è dura: «I nuovi
contratti non sono necessariamente posti in più ma trasformazione
di vecchi rapporti di lavoro». Ma non è tutto.
Uno studio di Mediobanca esamina
l’impatto del Jobs Act e della legge di Stabilità, sgravio Irap
e più, sul sistema delle imprese. Nel documento si legge: quelle che
più beneficeranno del Jobs Act sono Rcs, con un incremento atteso
dell’utile per azione del 19,7% in tre anni, l’Espresso (+17,8%)
e Mondadori (+13,5%) tra tlc, media e tecnologici. Seguono
Finmeccanica (+7,7%) e Italcementi (+5,5%) tra i ciclici, Banco
Popolare (+6,5%) e Bpm (+5%) tra le banche e Hera (+9%) tra le
utility.
L’informazione è sostituita dalla
notizia. I giornalisti hanno certamente delle colpe, mentre
l’occhio vigile di chi vede la realtà è cambiato. Il tasso di
occupazione, già molto basso rispetto alla media europea, è calato
del 5% dal 2008 al 2014, rispettivamente 58,6% e 55,7%; il tasso di
disoccupazione dal 2008 al 2014 cresce dell’88,6%,
rispettivamente 6,7% e 12,7%; il tasso di inattività rimane
stabile al 36%.
Complessivamente abbiamo più di
6 milioni tra disoccupati e inattivi che non lavorano e ci
accontentiamo di far pagare meno lo stesso lavoro alle imprese? Sei
milioni di senza lavoro vi sembrano pochi?
Davide contro Golia e la ragione contro la calunnia sono qualcosa di più di una semplice provocazione.
Davide contro Golia e la ragione contro la calunnia sono qualcosa di più di una semplice provocazione.
ROBERTO ROMANO
da il manifesto
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