"Una coalizione progressista la si può costruire con il Pd, senza il Pd e contro il Pd".
Nichi Vendola
Vendola: «Sinistra, ecco l’unità possibile»
Intervista. «Sull’Italicum
per ora solo chiacchiere. A Civati dico di non usare la città di Milano
come cavia per lotte simboliche: le amministrative le decidono le
comunità locali. Alla ’cosa rossa’ dobbiamo arrivare tutti insieme»
«È saggio non commentare il chiacchiericcio ma quello che
c’è. E quello che c’è è il combinato disposto fra Italicum
e riforma costituzionale, un pesante disegno di mutamento
regressivo della forma democratica nel nostro paese secondo le
indicazioni profetiche o programmatiche che venivano da JP
Morgan».
Nichi Vendola, presidente di Sel, non crede un granché
all’ipotesi di modifica dell’Italicum che circola in questi giorni in
parlamento, dopo le parole di Napolitano.
Se il premio di maggioranza fosse attribuito alla
coalizione anziché al partito cambierebbe la vostra valutazione
dell’Italicum?
Intanto immaginare che le regole del gioco si costruiscano in
sartoria tagliandole, cucendole a seconda delle convenienze
congiunturali è già grave e il segno di un degrado. Ma comunque
vedremo: non siamo indifferenti, l’Italicum è talmente brutto che
guarderemo con attenzione ogni eventuale proposta.
Ma si può dare un giudizio tanto severo su Renzi e poi mettere in conto un’alleanza con il Pd, a partire dalle città?
Qualunque sovrapposizione della dimensione nazionale alle
vicende territoriali è un vicolo cieco. Oggi non si può non vedere
che le città in tutta Europa sono i luoghi di un conflitto fra civiltà
e barbarie. Dobbiamo costruire coalizioni di progresso che
possano mettere in campo una sfida programmatica su elementi
dirimenti: il diritto alla casa, la lotta contro il consumo di suolo,
la mobilità sostenibile, l’accoglienza per profughi e migranti. Su
questo canovaccio si costruiscono le coalizioni possibili
territorio per territorio. Sel non è una corrente esterna del Pd.
Una coalizione progressista la si può costruire con il Pd, senza
il Pd e contro il Pd. La novità di oggi è che non c’è l’effetto
trascinamento del centrosinistra come formula nazionale. Quindi
a Milano puntiamo sulla continuità del laboratorio
straordinario dell’amministrazione Pisapia. Non c’è nessun
automatismo, ma neanche in senso contrario: quello di chi pensa
che le città siano cavie da laboratorio per bisogni esterni a quelli
dei cittadini. Non si fanno né disfano le alleanze per problemi
simbolici o per dispetto. No alla subalternità ma no anche ai
rinculi minoritari.
Civati dice: senza Pisapia, a Milano nessuna coalizione con il Pd. Troverete una quadra?
Con Civati la vedo difficile. Si comporta come un elefante in
cristalleria. In ogni città in cui passa lascia una scia di
polemiche e divisioni. Siamo tutti impegnati in una sfida
gigantesca che non si può affrontare con le battute. Su una cosa
invece Civati ha ragione: sul profilo di autonomia politico-culturale
che deve avere la nuova sinistra. Ma l’autonomia non può essere
interpretata come la propone l’ultimo che è uscito dal Pd e cioè una
rottura generalizzata con il Pd senza guardare in faccia le
situazioni specifiche. La posta in gioco è alta, è il destino di
comunità importanti. Chi parla di condivisione dal basso non può
considerare i territori come terminali muti di una politica
fatta dai palazzi romani.
Alle scorse regionali la sinistra si è presentata divisa
in molte regioni. Rifarlo alle prossime amministrative
significherà che non è cambiato niente, e cioè che la ’cosa rossa’
non è nata?
È un problema che dobbiamo porci tutti mettendoci in un’ottica di
ascolto e condivisione. Per me è fondamentale ascoltare
i sindaci. Sento l’urgenza di far partire il processo unitario,
voglio mettere il convoglio di Sel su un binario. Ma che non sia un
binario morto. Noi ci siamo separati dalla sinistra dell’impotenza
e della testimonianza. Non torneremo indietro. Né daremo una mano
a Renzi per insediare nelle città il suo partito della nazione.
E se alle primarie di Milano vincesse un interprete del Pd renziano che farete?
Deciderà il territorio. Alle regionali liguri abbiamo fatto bene
a non sottoscrivere un patto con il Pd e a sostenere Cofferati
senza vincolarci alla coalizione. A Milano ci sono diverse
possibilità. Ma a decidere saranno i milanesi. E oggi la
discriminante programmatica è mille volte più decisiva
e condizionante di ieri.
Così farete anche a Roma?
A Roma cominciamo ora la discussione. E non dobbiamo iniziarla
voltando pagina ma rileggendo le pagine precedenti. Mafia Capitale
non può essere derubricata a un fatto processuale. Il Pd dai tempi
della giunta Alemanno ha praticato un attivo consociativismo
e ha condiviso scelte e malaffare.
Quello di oggi è un altro Pd, o è lo stesso di ieri?
Le rottamazioni veloci non fanno vedere le radici del male. Il
fatto che si potesse essere consociativi con un manipolo di
fascisti degli anni 70 è un grosso problema. E così il fatto che non
ci si è accorti del ritorno dei criminali nei gangli delicati del
governo capitolino. E così il fatto che le cooperative rosse
potevano diventare un altro pezzo della trama
politico-affaristico-criminale.
Qual è il suo giudizio sul sindaco dimissionario Marino?
Mi fa rabbia. Quei penosi scontrini producono lo stesso
turbamento del romanzo criminale di Carminati e Buzzi. E questo
ha consentito ai nostalgici di Mafia Capitale, e cioè ai poteri
immobiliari e finanziari di Roma, di dare l’assalto all’esperienza di
Marino che invece aveva elementi importanti di discontinuità. E che
non a caso il Pd ha provato a normalizzare estromettendo Sel
dalla giunta. Tutto questo entra nella valutazione che faremo nei
prossimi mesi.
Appunto, il Pd vi aveva cacciati dalla giunta. Crede che per
il futuro possa ripensarci, e che la coalizione possa tornare agli
equilibri della prima era Marino’?
Non lo so. Il Pd è un insieme di enclave, le une in lotta contro le
altre. Quello che so è che ora a usare la foglia di fico degli
scontrini è la destra romana sodale di quella doppia filiera
criminale che iniziava con i fascisti della Banda della Magliana
e finiva con i mafiosi.
Il giudice deciderà, ma quegli scontrini restano indigeribili.
Infatti sono molto arrabbiato. Per la sinistra non vale la
parabola della pagliuzza e della trave. Una pagliuzza, un’incredibile
superficialità come quella degli scontrini in una città scossa dagli
scandali e da una crisi sociale profonda, ha lesionato il rapporto
fra i cittadini e il loro sindaco.
I parlamentari della ’cosa rossa’ lavorano insieme da
tempo. Alla camera, dove avete i numeri, farete un nuovo gruppo
unitario?
Su questo sono fiducioso. Penso che intorno alla battaglia sulla
legge di stabilità nascerà un gruppo più grande. Saranno le prove
d’orchestra per una sinistra che non cerca la via dell’accrocchio ma le
ragioni dell’unità possibile.
Prima delle vacanze era stato lanciato un appuntamento della ’cosa rossa. Si farà o salterà?
Spero che si faccia. Sarà importante che da parte di tutti ci sia
un atteggiamento di generosità e un convincimento che la quadra
la si trova sul terreno dell’innovazione e non su quello della
restaurazione di vecchi schemi. Dobbiamo fare tutti un passo avanti.
Se prevale la furbizia o il calcolo miope non ce la faremo. Sel, la
mia comunità, non chiude una storia, non vuole dissiparla ma vuole
fare un investimento. Per questo è importante che questa mia
comunità abbia la certezza che di arrivarci tutta intera. Significa
la certezza per tutti che non stiamo imboccando un vicolo cieco.
La “Cosa rossa”, slavata, con un retrogusto di PD
Voglio
essere franco e, per favore, permettetemi anche di non affaticarmi
troppo nel fingermi educato: questa “Cosa rossa” che starebbe nascendo
tra Fassina, ex M5S e Sel è irricevibile anche solo a pensarla.
Vorrebbero convincerci (loro) che nonostante tutto il PD sia l’ancora
con cui arrivare a governare e mentre partoriscono un suicidio
organizzato vorrebbero anche convincerci di averne tutte le ragioni.
Fassina esce dal PD per condizionare meglio il PD. Contento lui. SEL
ogni giorno ci avvisa quanto sia di destra Renzi e poi scodinzola dietro
al PD per avere uno spazietto su Milano, Cagliari e Roma; in pratica ci
vorrebbe convincere che sono dei malfattori quando non si alleano con
loro, una cosa così. Alcuni ex 5 stelle si accorgono di essere di
sinistra ma di sinistra filogovernativa con questo governo praticamente
di destra.
Insomma tutti contro il PD ma attaccati alla mammella democratica.
Fatemelo dire: giù il cappello a chi su questo almeno ha le idee chiare.
Bravo Civati a dire che la rottura è rotta per davvero. In mezzo a
tutti questi mimi ostici a Renzi ma da mimi.
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