Il
nostro paese si sta trasformando in un deserto nel quale crescono solo
varietà diverse di una stessa pianta, tutte germogliate da un ceppo
originario, il berlusconismo, che sta malinconicamente rinsecchendosi
di Aldo Carra, Il Manifesto,
Il paesaggio politico italiano si sta ridisegnando sempre
di più attorno alla figura del presidente del Consiglio. Più che
parlare di regime autoritario si potrebbe parlare di renzime
democratico, una forma nuova di integrazione tra populismo,
comunicazione e governo che supera la tradizionale distinzione
tra destra e sinistra, ma conservando uno zoccolo duro nel popolo di
sinistra da cui nasce, un populismo di nuova generazione che
rimodella sistema politico e competitors.
Di populismi ne abbiamo avuti e ne abbiamo tanti oggi in Europa.
Di populismi ne abbiamo avuti e ne abbiamo tanti oggi in Europa.
>In genere essi si collocano a destra dall’opposizione e a
questo modello si ispira la Lega. Ma in Italia ne abbiamo partorito
altri.
Anche il M5S si è affermato grazie a un forte populismo antisistema, ma con alcune novità importanti: una forte attrazione nel popolo di sinistra su temi come la partecipazione, l’ambiente, la moralizzazione della politica, una innovativa capacità di comunicazione e di spettacolarizzazione della politica e del rapporto con i cittadini.
Anche il M5S si è affermato grazie a un forte populismo antisistema, ma con alcune novità importanti: una forte attrazione nel popolo di sinistra su temi come la partecipazione, l’ambiente, la moralizzazione della politica, una innovativa capacità di comunicazione e di spettacolarizzazione della politica e del rapporto con i cittadini.
M5S e Lega nascono, comunque, come forze antisistema ed esterne al sistema dei partiti storici.
Il neopopulismo renziano si presenta, invece, con due peculiarità: nasce come forza di governo, anzi solo per governare (non potrebbe esistere senza); nasce come rottura/evoluzione/trasformazione dall’interno di un partito, anzi dell’ultima forza politica storica organizzata.
Adesso che, a metà legislatura e col completamento delle riforme, si sta concludendo la prima fase di questa esperienza, può essere utile analizzare i principali filoni che ne hanno ispirato l’azione.
Il neopopulismo renziano si presenta, invece, con due peculiarità: nasce come forza di governo, anzi solo per governare (non potrebbe esistere senza); nasce come rottura/evoluzione/trasformazione dall’interno di un partito, anzi dell’ultima forza politica storica organizzata.
Adesso che, a metà legislatura e col completamento delle riforme, si sta concludendo la prima fase di questa esperienza, può essere utile analizzare i principali filoni che ne hanno ispirato l’azione.
Il filone anticasta. Dopo quanto emerso a partire dall’omonimo
libro, la lotta contro la casta era stata il principale cavallo di
battaglia del M5S. Un tema così pregnante non poteva non essere
cavalcato e così è stato: due tra le più importanti modifiche del
nostro assetto istituzionale — Province e Senato — sono state
affrontate utilizzando come motivazione principale la necessità
di ridurre gli eletti, la casta. Non si è compiuta una analisi delle
funzioni e dei livelli istituzionali proliferati, dai municipi
delle grandi città, ai comuni, alle comunità montane, alle province,
alle regioni, per ristrutturarli in un disegno organico, ma si
è scelta la via della semplificazione eliminando gli organi
elettivi e dando vita in ambedue i casi ad organismi pasticciati
e pressoché inutili. La chiave contro la casta e i costi della
politica è stata fondamentale ed è servita a accrescere la
concentrazione dei poteri nell’esecutivo.
Il filone governabilità. Strettamente connesso a questo
processo è il modello elettorale delineato con lo slogan «sapere la
sera delle elezioni chi ha vinto», problema appena sentito
dall’opinione pubblica ed esasperato volutamente per far passare
un modello che cozza con la nostra cultura costituzionale e con
l’equilibrio tra rappresentanza e governabilità.
Si è nascosta, così, dietro al messaggio della governabilità,
la sostanza di accentramento nelle mani di una sola persona dei
poteri decisionali e di nomina senza contrappesi. Una scelta
gravissima e carica di rischi futuri che assegnerà il 55% dei seggi
a un partito che avrà il consenso del 30% dei votanti e del 15% degli
elettori passata col consenso della minoranza di sinistra che, di
fronte a tanta gravità, si trastullava con le preferenze.
Il filone antiprivilegi. Anche la lotta ai privilegi non poteva
non essere un cavallo di battaglia del neopopulismo. Spostando il
concetto di privilegio dagli strati sociali ricchi a tutti coloro
che stanno meglio degli ultimi, si è arrivati ad additare come
privilegiati quelli che hanno un lavoro tutelato a fronte dei tanti
precari e disoccupati. Tutto questo per arrivare a colmare
l’ingiustizia eliminando l’articolo 18 a vita per i nuovi assunti. Un
caso esemplare di eliminazione di una ingiustizia per alcuni
eliminando la giustizia per tutti.
Il filone antiburocrazia. A questo filone, anch’esso molto
sentito dalla popolazione, si è ispirata la cosiddetta riforma
della pubblica amministrazione che ha partorito finora solo
slogan e banalità elevati a principi, ma tanto basta per far
sfogare sui fannulloni il malessere dei cittadini. Anche la
riforma della scuola con la concentrazione di poteri nei presidi
promossi a manager per decreto, si colloca in questo filone.
Il filone antisprechi. E’ stata cavalcata con nomine
e contronomine la riduzione della spesa pubblica ed enti locali
e sanità sono stati additati come i responsabili da dare in pasto
all’opinione pubblica. Conseguenze immediate: gli enti locali
deperiscono e tassano di più i cittadini. Conseguenze future:
alcune analisi saranno rese più difficili a meno di non pagarsele,
chi può.
Il filone distributivo. Casta, privilegi, burocrazia, sprechi:
fin qui niente di diverso dagli altri populismi. Ma trattandosi di
neopopulismo di governo si sono potuti attivare anche altri canali.
Uno in chiave compensativa nella scuola: a condizione che
accettassero sedi lontane e la nuova organizzazione si è offerta
la sistemazione a una parte dei precari. Altri in chiave
distributiva: gli 80 euro, i consistenti finanziamenti alle
imprese che trasformano i precari in stabili per tre anni e adesso
la promessa di detassare le prime case rientrano in questo filone.
Giocati al momento opportuno per far passare provvedimenti
indigesti e soprattutto nei tempi giusti essi costituiscono
l’altra faccia delle politiche renziane. Naturalmente non si
tratta di una redistribuzione volta a ridurre le disuguaglianze: se
gli 80 euro sono andati ai redditi medio bassi, gli incentivi sono
andati alle imprese e la detassazione della casa favorirà i ricchi.
Gli effetti economici concreti saranno difficili da calcolare, ma
i consensi elettorali facili da raccogliere.
Da questa schematica rivisitazione delle politiche del
governo emerge una strategia che ha una sua organicità e che
risponde a una visione.
Così il nostro paese si sta trasformando in un deserto nel quale crescono solo varietà diverse di una stessa pianta — il populismo — tutte germogliate da un ceppo originario, il berlusconismo, che sta malinconicamente rinsecchendosi.
Così il nostro paese si sta trasformando in un deserto nel quale crescono solo varietà diverse di una stessa pianta — il populismo — tutte germogliate da un ceppo originario, il berlusconismo, che sta malinconicamente rinsecchendosi.
In queste condizioni ambientali stiamo svolgendo un dibattito
ampio sulla sinistra e sul suo futuro. In presenza di due populismi
di opposizione e di uno di governo il compito non è affatto facile.
E forte può essere la tentazione di importare le piante che crescono
in altri paesi, o provare a ripiantare i semi originari.
Ma se questa è la situazione occorre ben altro. Dovremo scavare in
profondità, arrivare alla sorgente, rigenerare il terreno,
creare le condizioni perché nuove piante attecchiscano e crescano.
E’ probabile che incassate le riforme la prima fase analizzata si chiuda e se ne apra un’altra.
Essa dovrà fare i conti con una ripresa tanto strombazzata quanto inferiore a quella, pur fragile, dell’Europa. I problemi finanziari ed economici non potranno sempre essere rinviati e molto dipenderà dalla capacità di sinistre e sindacati di rimetterli al centro dell’agenda politica.
Essa dovrà fare i conti con una ripresa tanto strombazzata quanto inferiore a quella, pur fragile, dell’Europa. I problemi finanziari ed economici non potranno sempre essere rinviati e molto dipenderà dalla capacità di sinistre e sindacati di rimetterli al centro dell’agenda politica.
Se posso permettermi una sollecitazione forse, dopo questa
prima fase del nostro dibattito, dovremmo avviarne un’altra. Potremo
seguire anche noi un filone referendario per tentare di cancellare
alcune leggi e dovremmo farlo insieme, convincendo e costruendo unità
e consensi. Ma non possiamo limitarci a questo. Penso che dovremmo
aprire una nuova fase di discussione incentrata fortemente sui
contenuti, per mettere a punto un preciso programma di governo
rivolto a quella parte ampia della popolazione che sta pagando il
prezzo della crisi e soprattutto alle nuove generazioni.
Qui forse abbiamo qualcosa da riprendere da quanto si muove in
Spagna, in Grecia, in Gran Bretagna: in questi paesi le forze di
sinistra sono impegnate ad affrontare il problema del governare
e di come gestire da sinistra una fuoriuscita dalle politiche di
austerità.
Questo sì che sarebbe un metodo di lavoro da importare per dare un nostro contributo ad una battaglia che non può che essere europea.
Questo sì che sarebbe un metodo di lavoro da importare per dare un nostro contributo ad una battaglia che non può che essere europea.
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