Marino ha ritirato le dimissioni.
Noi non stiamo con Marino e neanche, ovviamente, con i suoi “fratelli
coltelli” del Pd che lo hanno prima eletto e poi scaricato. E' bene dire
subito come la si pensa in questo porto delle nebbie che avviluppa da
mesi Roma e che oggi si è impantanato intorno alle dimissioni o meno del
sindaco Marino.
Il sindaco “marziano” Marino e il commissario del Pd a Roma Orfini,
si sono parlati in territorio "neutrale", ossia nell’abitazione privata
casa del vicesindaco Causi. Ma l’incontro, a quanto pare non è stato
risolutivo sulle sorti del sindaco né sulla consiliatura. E’ stata
dunque un'ennesima giornata di incertezza ("Marino ritira le
dimissioni", "No, le mantiene").
Le posizioni ormai sono note. Il Pd chiede che Marino metta fine al
suo mandato subito, confermando le dimissioni. Il sindaco Marino invoca
invece una via di uscita onorevole, un riconoscimento pubblico del
lavoro svolto, e vorrebbe incontrare a quattr'occchi Renzi. Il premier
però ha già fatto sapere di non avere nessuna intenzione di incontrare
Ignazio Marino perchè il "caso è chiuso".
Ma se le sorti del sindaco della Capitale appaiono comunque segnate,
le modalità per arrivare alla fine della giunta Marino sono ancora da
definire. Il Pd, da solo non ha i numeri per imporre in aula la mozione
di sfiducia. Gli servono anche i voti dell’opposizione di destra, tutta o
in parte, mentre Sel, che prima aveva annunciato una mozione di
sfiducia, adesso sembra impegnata a testa bassa nella difesa di Marino
in vista di una possibile lista civica guidata dal “marziano” alle
prossime elezioni comunali. In questo caso potremmo parlare di una sorta
di “Marino 2 la vendetta”, una vera e propria bomba a tempo tra i piedi del Pd romano.
Ma sottotraccia sembra delinearsi anche un’altra ipotesi, quella di
rinviare le elezioni comunali a Roma."Ci potrebbe essere una terza
possibilità” – lascia trapelare un parlamentare del Pd, molto vicino a
Renzi. “Se Marino ritirasse le dimissioni e si presentasse in aula, il
Pd potrebbe astenersi e lui andare avanti, ma solo fino alla
presentazione del bilancio. A quel punto lo faremmo cadere votando
contro". Questo potrebbe consentire anche uno slittamento delle elezioni
amministrative nella capitale, cosa niente affatto sgradita a Renzi e
al Pd che vedrebbero bene una Capitale di fatto commissariata con il
pretesto della gestione del Giubileo. "Marino – spiega ancora
l'esponente del Pd - non ce la farà sicuramente a presentare il bilancio
entro fine anno, questo permetterebbe di arrivare a gennaio-febbraio,
nominare allora il commissario e andare a votare più tardi, un'ipotesi
certo non negativa”. Ma è una
possibilità sicuramente azzardata, anche perché – nonostante
l’operazione “Giubileo” - prolungherebbe il collasso politico,
amministrativo e morale della Capitale e dello stesso PD, a Roma e forse
non solo a Roma.
Fin qui la cronaca e i retroscena della vicenda Marino. Restano le
valutazioni politiche e di merito sulla Giunta comunale guidata dal
“Marziano”, che le pugnalate ricevute dai fratelli coltelli del suo
partito non possono salvare. E’ per questa ragione che non riusciamo a
capire né a condividere l’entusiasmo con cui una parte del popolo della
sinistra romano si è arruolato nella campagna “Io sto con Marino”.
Abbiamo affermato più volte – e continueremo a riaffermarlo in ogni sede
– che le amministrazioni oneste non sono un merito perchè dovrebbero
essere il minimo sindacale. Quello che fa la differenza sono le priorità
sociali su cui si decide di governare una città, soprattutto una
metropoli martoriata ma resiliente come Roma. Il 23% degli abitanti vive
oltre il Raccordo Anulare, altrettanti tra l’Anello Ferroviario e il
Raccordo, una condizione di periferia non solo geografica e urbanistica
ma sociale nella sua totalità. Il centro e le aree a ridosso – luoghi
ormai gentrificati e sedi dei grandi eventi - sono ridotte da anni a
foresteria e funzionali solo al devastante turismo di massa che è
diventato una risorsa per pochi e un disagio per molti. Le emergenze e
le condizioni sociali (da quella abitativa a quella lavorativa), la
invivibilità, la collassata mobilità, la privatizzazione e il
conseguente degrado dei servizi pubblici e sociali, la demonizzazione
dei lavoratori comunali, delle aziende municipalizzare o dei poli
archeologici e museali, sono priorità che hanno visto il Sindaco Marino o
“sorprendersi della realtà” (il che non è affatto un bene) o schierarsi
sistematicamente contro lavoratori, senza casa, abitanti delle
periferie e alimentare un senso comune reazionario. Il segno
antipopolare e rigorista del bilancio comunale perfettamente conforme ai
diktat del Patto di Stabilità, è stato poi la ciliegina sulla torta. Il
“candore” non è una qualità sufficiente ad assolversi dalle sue
responsabilità. Restiamo convinti che Marino avrebbe dovuto far saltare
il banco già a dicembre dello scorso anno dando le dimissioni quando è
esplosa l’inchiesta su Mafia Capitale. Si è prestato per mesi a fare da
foglia di fico al Pd romano e nazionale fino a quando ne è stato
scaricato. Ma questo, da tempo, non è stato e non può essere un nostro
problema. Anche a Roma, come nel paese e in Europa, serve la rottura,
una rottura profonda della gabbia esistente e sulle esigenze sociali
prioritarie a cui dare risposte, a cominciare dal rigetto del Patto di
Stabilità che strangola le amministrazioni locali. O ci si mette in
questa logica o si perpetua la fetida atmosfera che respiriamo da troppi
anni. E solo questa può essere la strada che può sbarrare il campo alla
destra, il resto è fuffa.
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