Perugia, protesta contro il governatore che vuole abbattere il vincolo ambientale imposto dallo Stato.
Ma come in tutte le favole, ad un certo punto arriva una strega cattiva:
e la strega in questo caso si chiama speculazione edilizia. Perugia si
espande, e sposta i suoi ospedali proprio verso il Contado. E nel cuore
di quest'ultimo si cominciano a costruire complessi edilizi di cinque
piani tra viali di tigli e ville storiche (sul crinale tra Pila e
Badiola), si progettano strade a scorrimento veloce, si creano nuovi
paesi di cemento accanto a borghi medioevali spopolati (115.000 metri
cubi a San Biagio della Valle).
È a questo punto che i cittadini del Contado insorgono. Nel gennaio 2010
otto associazioni nate dal basso, comuni cittadini, proprietari di
dimore storiche chiedono al Ministero per i Beni culturali di dichiarare
che la salvaguardia del Contado di Porta Eburnea è di particolare
interesse pubblico: in pratica, chiedono di vincolarlo, cioè di salvarlo
prima che sia troppo tardi. Una volta tanto, lo Stato c'è, esiste,
risponde. Dopo lunghe battaglie, e a prezzo di molti compromessi (l'area
da difendere scende da 110 a 58,5 km quadrati), nel maggio di
quest'anno il vincolo arriva. Tutto bene, dunque? Per niente: come in un
film dozzinale, la strega apparentemente morta si rialza, più cattiva
di prima. E, paradossalmente, la strega ha ora il volto della Regione Umbria
e del Comune di Marsciano: i quali, invece di essere felici per la
salvezza del loro stesso territorio, hanno deciso di ricorrere al Tar
per annullare il vincolo.
Non è un episodio isolato: insieme alla Liguria di Toti, l'Umbria di
Catiuscia Marini è forse la regione oggi più amica del cemento. Basti
dire che nel marzo scorso il governo Renzi (non propriamente verde: si
ricordi lo Sblocca Italia) ha deciso di impugnare davanti alla Corte
Costituzionale il Programma Strategico Territoriale dell'Umbria, che
pretenderebbe di sottoporre ab origine il Piano del Paesaggio alle
esigenze dello sviluppo, in una specie di condono preventivo tombale. Ma
c'è di peggio: la giunta regionale è arrivata a confezionare un dossier
di 34 pagine (si trova sul web) per chiedere al ministro Franceschini
di rimuovere il soprintendente Stefano Gizzi, colpevole di fare il suo
mestiere, cioè di difendere il territorio. Nel dossier si legge che il
vincolo del Contado di Porta Eburnea osa imporre - udite udite -
prescrizioni "molto dettagliate e restrittive, e di forte impatto sulla
pianificazione urbanistica di livello comunale". Un vincolo che vincola:
quale oltraggio!
Naturalmente, l'argomento principe della Regione è l'eterna equazione
cemento= lavoro. Ed è esemplare che a smentire questa visione
insostenibile e suicida dello sviluppo siano stati i lavoratori umbri
dell'edilizia, che nel pieno della battaglia per il Contado hanno
diffuso un documento in cui dicono che dalla crisi del settore
(pesantissima: dal 2009 al 2014 le imprese edili umbre sono scese da
4.548 a 2.838, e le ore lavorate da 20 a 10 milioni) si esce "limitando
il consumo di territorio", e invece "puntando al recupero, alla difesa
del territorio, del paesaggio e del patrimonio
storico-artistico-culturale, alla riqualificazione urbana,
all'efficientamento energetico, alla messa in sicurezza delle scuole e
di tutti gli edifici pubblici". Una bella lezione di lungimiranza,
concretezza e responsabilità.
A giorni le associazioni di cittadini che difendono il Contado di Porta
Eburnea depositeranno una diffida al Comune ed alla Regione, con
l'invito a ritirare il ricorso contro il vincolo, in autotutela. Una
copia della diffida sarà inviata alla Corte dei Conti chiedendo che, se
il Tar rigetterà il ricorso, i consiglieri comunali e regionali paghino
le spese di giudizio di tasca propria. Come dire: se proprio volete
distruggere il paesaggio italiano, almeno non fatelo a spese nostre.
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