PERUGIA - Come tutti sanno, le finanze degli
italiani non sono proprio floride di questi tempi. Lo si vede dal calo
dei consumi che, conti alla mano, sono tornati quelli di venti anni fa. A
fare, è il caso di dire, le spese di questa situazione sono i
commercianti che vedono calare vistosamente i loro affari. In un periodo
come questo a nessuno verrebbe in mente di stare a programmare nuovi
centri commerciali, maxi store, outlet, semmai di salvare il salvabile,
cercare di riqualificare l'esistente, evitare nuove chiusure degli
esercizi che ci sono già. Invece non succede affatto così. Al comune di
Perugia stanno cercando in modo frenetico altre aree, come se non ce ne
fossero già in abbondanza, da destinare a nuovi centri commerciali.
Persino per il centro storico hanno fatto una corsa tremenda per
stralciare dal piano strategico per la valorizzazione della zona più
antica della città, una specie di regolamento per facilitare l'apertura
di grandi superfici. Ora, grandi spazi in questa parte della città già
falcidiata dalla chiusura di quasi tutti i negozi storici non sembrano
essercene ma, chissà, la fantasia della politica talvolta è molto
feconda. Forse pensano all'ex cinema Turreno o a chissà che cosa, di
sicuro non più al mercato coperto che resta lì silente in attesa di
un'idea vincente che nessuno pare in grado di produrre.
In centro, in realtà, la sfida, non si gioca sulla dimensione ma
sulla qualità e la originalità dell'offerta. Invece da un po' di tempo
vediamo che i negozi più innovativi, dalla gastronomia come macellerie o
frutta e verdura, ai caffè di tendenza, si affermano con successo
altrove, dalla città compatta alle frazioni. Al contrario, è in centro
che si pensa di far nascere il commercio di massa legato forse al
passaggio dei turisti della domenica. Intendiamoci, che piccole oasi
commerciali nascano un po' a caso nel territorio è un segno positivo. Il
loro successo è assicurato da un rapporto che si ricostruisce con i
residenti di un quartiere, un nuovo caseggiato, un posto particolarmente
felice e fortunato. Ce ne sono in città, anche nei quartieri nuovi, qua
e là quando si crea una alchimia sociale ricca di fermenti nuovi. La
rivoluzione commerciale al contrario rischia di essere invece
particolarmente nefasta per la città vecchia dove sempre più spesso si
parla di inseguire i modelli dei centri commerciali. Queste scelte sono
state la causa non secondaria del declino dei centri storici,
sacrificati alla cultura del turismo di massa e dei suoi effetti
collaterali che sono la scomparsa dei piccoli esercizi di vicinato e la
fuga dei residenti che si trovano a vivere in una città che non risponde
più alle loro aspettative sociali e culturali.
Questa corsa senza fine verso la nascita di nuovi centri commerciali
guarda, come sempre, le vie di comunicazione più importanti e i terreni
agricoli sui quali far fermentare nuove occasioni speculative. E' vero
che c'è la crisi, ma in comune hanno lo sguardo lungo, pensano al
futuro. Così, con i problemi che abbiamo impegnano molto del loro tempo a
progettare la nascita di grandi capannoni da disporre tra la E45 e il
raccordo per Bettolle. Questa grande idea si chiama "Atto di
programmazione commerciale" e indica le aree dove si concretizzeranno i
nostri sogni di futuri e sempre più accaniti consumatori. Queste aree,
come un semaforo, saranno di tre diversi colori e cioè rosso, verde e
giallo e la loro diversità sta nella dimensione dei metri quadrati da
occupare. L' idea di riempire il territorio di centri commerciali sino
alla nausea sembra a un cittadino normale vagamente demenziale ma gli
amministratori di una città non decidono mai a caso. Se lo fanno una
ragione c'è sempre. Questa vecchia consuetudine di segnare i confini
delle superstrade lungo carovane di capannoni, è molto amata dagli
italiani. Una cosa così sarebbe impensabile in Francia o in Germania
dove le strade scorrono libere al centro delle valli e in mezzo alla
natura. Anche per questo ci sembrano più leggere e persino più belle. A
pensarci bene, questa scelta del comune di Perugia ha comunque una sua
ragione. Completa e chiude finalmente la lunga fila di capannoni che da
Bastia a Corciano e Magione ci accompagna durante i nostri viaggi. Non
avremo più spazi vuoti e non riusciremo più a riconoscere il territorio
che stiamo attraversando. Siamo in una unica grande dimensione senza
confini e senza diversità dove gira ricchezza senza patria e senza
padroni come il profumo dei soldi che è una cosa che non esiste anche se
governa il mondo. A nostra insaputa, si capisce.
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