Che
sia o no un golpe bianco, l’elezione del presidente della Repubblica
corrisponde a una caduta verticale di sovranità del Parlamento, sei
d’accordo?
Al di là di alcune esagerazioni politiciste esistono nodi e problemi
di grandissima rilevanza in questa vicenda. Innanzitutto c’è il suicidio
del Parlamento. Il Parlamento cosi come ha agito ha perso completamente
funzione sia per quanto riguarda la sua autonomia sia nel rapporto con
il Governo. Il Parlamento non è la sede nella cui dialettica interna
nasce il l’esecutivo che deve guidare il Paese. Ciò porta ad una seconda
conseguanza di grandisssimo rilievo che rischia di essere addirittura
costituzionalizzata nel futuro, come molti pensano: non c’è una
democrazia parlamentare in grado di fare da contraltare al
presidenzialismo. Napolitano ha dato una accelerazione grave verso un
presidenzialismo molto spinto. Già, ovviamente, la prima avvisaglia era
avvenuta con il governo Monti, ovvero con quell’atto, che abbiamo
sottovalutato, di nominarlo senatore a vita 48 ore prima di affidargli
il ruolo di presidente del Consiglio incaricato. Cioè, attuando di fato
un commissariamento del Paese, così come nei desiderata di Bce e Fmi.
Napolitano commissario con un governo del presidente guidato da Monti
che per essere messo al riparo da critiche viene nominato senatore a
vita.
Se il Parlamento è messo male dal punto di vista della sovranità non è che l’esecutivo possa gioire più di tanto…
Siamo al definitivo affossamnteo con due atti concatenati. Il
presidente della Repubblica che dopo il fallimento di Bersani invece di
dare l’incarico a un’altra persona con la scusa di prendere tempo e
allentare la tensione nomina i saggi, alcuni dei quali improbabilissimi.
Il programma che ne esce è generico e confindustriale con la consulenza
di Bce e Fmi. Il programma dei saggi non dice nulla su quale legge
elettorale o sistema di partiti. In ogni caso Napolitano su questa
genericità ha costruito il programma del futuro governo. A questo
presidente della Repubblica viene dato un potere totale con un
Parlamento in ginocchio. E non è più, quindi, un presidente di garanzia.
In cambio il Parlamento ha un governo e nessuno viene mandato a casa
con lo scioglimento delle Camere. E’ una forma spinta di
presidenzialismo. Anzi, siamo oltre il presidenzialismo americano.
Ovviamente questa situazione non può reggere molto. Durerà un anno, un
anno e mezzo. Intanto si è creata una tendenza, però. Le forze
democratiche devono bloccare la deriva presidenzialista e tornare a una
legge proporzionale. A questo punto è meglio avere un presidenzialismo
regolato da una legge votata in Parlamento, come scrivono anche molti
giornali.
Da un punto di vista politico generale c’è stato un paradossale cambiamento di segno delle elezioni stesse.
Ma a questo punto non c’è né democrazia parlamentare né
presidenzialismo all’americana. E’ l’espressione del commissariamento
della Bce e del Fmi. Le elezioni sono diventate di fatto consultive e
non sono più nemmeno deliberative. Del resto, quando abbiamo criticato
la coalizione Bersani-Vendola abbiamo detto che l’accettazione del
fiscal compact elimina qualsiasi capacità deliberativa. Certo, le
elezioni sono sempre più sfribrate. Non esistono nemmeno più i due
forni, cioè l’alternativa tra due soluzioni politiche a partire dallo
stesso risultato consegnato dalle urne. La linea applicata da Napolitano
è la grossa coalizione della Merkel. Deve interrogarsi su questo
l’elettorato del Pd, che aveva votato per un governo un po’ più a
sinistra. Ma questo voto viene utilizzato per un programma che è più a
destra di quello di Monti. Una evidente eterogenesi dei fini.
Hai citato il travaglio del Pd, che sta per trasformarsi in debacle totale…
Non c’è dubbio che il partito democratico sembra nella sua attuale
connotazione un partito finito. Bersani avrà facile gioco nel dire che
al comando c’è il “presidente più amato” ma questo non nasconde la vera
sostanza del problema. Tra dieci giorni ci sarà il governo. E lì sarà il
vero passaggio politico forte nei confronti del Pd, perché potrebbe
ricomparire Amato, o Letta a fianco ad altri personaggi belusconiani.
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