Alfano agli Interni, il ciellino Lupi alle Infrastrutture, Lorenzin alla Salute
21 ministri: Saccomanni all'Economia, Bonino agli Esteri, Cancellieri alla Giustizia, Mauro alla Difesa
Il Cavaliere vince la partita politica su tutta la linea, al Pd restano solo le briciole
21 ministri: Saccomanni all'Economia, Bonino agli Esteri, Cancellieri alla Giustizia, Mauro alla Difesa
Il Cavaliere vince la partita politica su tutta la linea, al Pd restano solo le briciole
Enrico Letta scioglie la riserva e presenta la sua lista dei ministri: già dalla vicepresidenza, affidata ad Alfano che si prende anche il Viminale, è chiara la matrice "a due teste" del nuovo governo, con qualche concessione a Scelta civica di Mario Monti. Uniche eccezioni: Fabrizio Saccomanni all'Economia, Emma Bonino agli Esteri e il presidente dell'Istat Enrico Giovannini che ottiene la delega a Lavoro e Politiche sociali . Il Pd costretto ad accontentarsi.
Non era impossibile far peggio, ma ci si è andati
molto vicini. Nasce un mostro frutto del compromesso tra "partito
americano" e "partito europeo". Saranno guai per noi e per loro.
Tralasciamo le tante ragioni etiche o ideologiche che rendono il nuovo esecutivo "guidato" da Enrico Letta qualcosa di indigeribile per qualsiasi coscienza democratica - non diciamo "rivoluzionaria" - ancora viva in questo paese. L'osceno connubio tra cortigiani/e berlusconiani, subcortigiani piddini e tecnici di valore indiscutibile (come Fabrizio Saccomanni, fino a ieri direttore generale della Banca d'Italia), dovrebbe suscitare orrore soprattutto in questi ultimi. E a lungo andare potrebbe diventare motivo e occasione di divisioni, rotture, dimissioni, rimpasti, ecc.
Concentriamoci invece sulla logica di questa altrimenti scombiccheratissima costruzione. Cosa abbiano in comune una Beatrice Lorenzin con Maria Chiara Carrozza è un mistero glorioso. Come si possa risanare un paese affidandone le infrastrutture ai Lupi famelici e le "riforme istituzionali" a un Quagliariello, la salute alla già citata Lorenzin e l'amministrazione pubblica a Giampiero D'Alia (quello che voleva trasformare la Rete in una riserva di caccia per avvocati alla ricerca di un'"apologia di reato" da cui trarre parcella), è un altro mistero che richiede più fede dei tre di Fatima messi insieme. Eugenio Scalfari questa fede ce l'ha a prescindere, e quindi lo giudica subito un "buon governo" , anzi addirittura un "medico per l'Italia".
Sorvoliamo anche sulla metafora "medica", che presuppone un paese fatto di imbecilli malati ma riottosi alle "cure" e pochi saggi che sanno dove mettere le mani. L'ha già sfruttata fin troppo Mario Monti, producendo danni e dolori che nessun medico perbene accetterebbe di provocare.
La questione principale ci sembra decisamente un'altra: l'Europa ha perso la battaglia per imporre una decisa "svolta" a questo paese. Il tentativo che aveva avuto in Monti la sua espressione più cruda e apertamente totalitaria si è scontrato con un rifiuto di massa che ha reso altamente impopolare sia l'Unione Europea che la moneta comune. Due terzi degli elettori di febbraio - più quelli che si sono astenuti restando a casa - hanno pronunciato un robusto "no" a quelle politiche. Dividendosi però sia sulle ragioni di questa ostilità che sulle soluzioni praticabili (https://www.contropiano.org/archivio-news/documenti/item/14769-tempesta-perfetta).
La tripartizione immobilizzante uscita dalle urne ha certificato sia il rifiuto che l'assenza di soluzioni "pacifiche", quindi l'impossibilità di andare avanti come programmato in sede di Unone Europea. Un compromesso andava realizzato. E il "partito europeo", fondamentalmente identificabile soltanto in parti consistenti del Pd e ovviamente i "montiani", ha dovuto cercarlo - auspice un Napolitano più premier che presidente - con quegli "interessi spurii" che le politiche di "risanamento" avrebbero a questo punto dovuto colpire per primi.
Detto altrimenti, il "blocco sociale berlusconiano" è nella visione europea una sacca purulenta da rimuovere, un tumore da estirpare, un groviglio di pesi morti che succhia risorse pubbliche, si alimenta spesso di "economia criminale" ed evasione fiscale, che impedisce l'allineamento dell'Italia con gli standard europei. Gente che non possiede alcuna sensibilità istituzionale, senso delle "regole", preferendo sempre i rapporti amicali, clientelari, individuali, le fedeltà basate sullo scambio di favori. Tutta roba non "istituzionalizzabile". La Ue, insomma, non sa che farsene.
Al contrario, questa massa informe di interessi non apertamente confessabili è - da sempre - la "base popolare" del "partito americano". Non da sola ovviamente. Sensibilità tecnocratiche sono da sempre presenti anche su quest'altro fronte, coinvolgendo buona parte della diplomazia e delle strutture militari, gli organi di intelligence e una parte (in via di "snellimento") dell'imprenditoria. Emma Bonino, da questo punto di vista, è una garanzia verso la Nato, così come la conferma di Moavero serve a "tranquillizzare" Bruxelles.
Non sembri uno scherzo, ma la nomina a ministro dei Nunzia Di Girolamo, sposata con il dalemiano Boccia (quello sconfitto due volte consecutive da Vendola alle elezioni per la Regione Puglia), è un "tocco simbolico" che quasi ricorda i matrimoni tra case regnanti come sigillo ai trattati di pace.
Il compromesso è parso inevitabile fin da subito, persino a Grillo, che non ha né avrà una "classe dirigente" alternativa da proporre, perché - semplicemente - non riesce a intercettarla disponendo di un "programma" campato per aria e privo di "orizzonte ideale". Legalità astratta e riduzione dei costi non delineano infatti alcun "disegno di società", specie in una crisi di queste dimensioni.
Non è un governo fatto per durare a lungo. Lo si vede dagli immensi differenziali di competenza presenti al suo interno (gli esempi sono già stati fatti), dalla presenza di figure-immagine - sia detto senza offesa per le incolpevoli Iosefa Idem e Cécile Kyenge - incaricate di "rabbonire a sinistra", di testimoniare l'"innovazione".
E' un governo che avrà problemi terribili di gestione della spesa pubblica (il "blocco berlusconiano" può ora trattare da posizioni di forza contro la riduzione, per dire, dell'appalto facile), di ridisegno del paese.
Una sola cosa li vedrà d'accordo senza troppe discussioni: la resistenza del mondo del lavoro, dei ceti a basso reddito in genere, andrà affrontata senza troppo rispetto per le garanzie costituzionali.
Diciamo quindi che questo mostro va affrontato e rovesciato, che ci sono contraddizioni palesi al suo interno su cui far leva, che c'è una sensibilità popolare e "di sinistra" profondamente ostile a questa oscena ammucchiata. Mobilitarsi con forza e ragione, con analisi e proposte, con pratiche unificanti e chiarezza di visione. prima tappa l'11 maggio, a Bologna. Non si tratta di "provarci". Bisogna riuscirci.
Tralasciamo le tante ragioni etiche o ideologiche che rendono il nuovo esecutivo "guidato" da Enrico Letta qualcosa di indigeribile per qualsiasi coscienza democratica - non diciamo "rivoluzionaria" - ancora viva in questo paese. L'osceno connubio tra cortigiani/e berlusconiani, subcortigiani piddini e tecnici di valore indiscutibile (come Fabrizio Saccomanni, fino a ieri direttore generale della Banca d'Italia), dovrebbe suscitare orrore soprattutto in questi ultimi. E a lungo andare potrebbe diventare motivo e occasione di divisioni, rotture, dimissioni, rimpasti, ecc.
Concentriamoci invece sulla logica di questa altrimenti scombiccheratissima costruzione. Cosa abbiano in comune una Beatrice Lorenzin con Maria Chiara Carrozza è un mistero glorioso. Come si possa risanare un paese affidandone le infrastrutture ai Lupi famelici e le "riforme istituzionali" a un Quagliariello, la salute alla già citata Lorenzin e l'amministrazione pubblica a Giampiero D'Alia (quello che voleva trasformare la Rete in una riserva di caccia per avvocati alla ricerca di un'"apologia di reato" da cui trarre parcella), è un altro mistero che richiede più fede dei tre di Fatima messi insieme. Eugenio Scalfari questa fede ce l'ha a prescindere, e quindi lo giudica subito un "buon governo" , anzi addirittura un "medico per l'Italia".
Sorvoliamo anche sulla metafora "medica", che presuppone un paese fatto di imbecilli malati ma riottosi alle "cure" e pochi saggi che sanno dove mettere le mani. L'ha già sfruttata fin troppo Mario Monti, producendo danni e dolori che nessun medico perbene accetterebbe di provocare.
La questione principale ci sembra decisamente un'altra: l'Europa ha perso la battaglia per imporre una decisa "svolta" a questo paese. Il tentativo che aveva avuto in Monti la sua espressione più cruda e apertamente totalitaria si è scontrato con un rifiuto di massa che ha reso altamente impopolare sia l'Unione Europea che la moneta comune. Due terzi degli elettori di febbraio - più quelli che si sono astenuti restando a casa - hanno pronunciato un robusto "no" a quelle politiche. Dividendosi però sia sulle ragioni di questa ostilità che sulle soluzioni praticabili (https://www.contropiano.org/archivio-news/documenti/item/14769-tempesta-perfetta).
La tripartizione immobilizzante uscita dalle urne ha certificato sia il rifiuto che l'assenza di soluzioni "pacifiche", quindi l'impossibilità di andare avanti come programmato in sede di Unone Europea. Un compromesso andava realizzato. E il "partito europeo", fondamentalmente identificabile soltanto in parti consistenti del Pd e ovviamente i "montiani", ha dovuto cercarlo - auspice un Napolitano più premier che presidente - con quegli "interessi spurii" che le politiche di "risanamento" avrebbero a questo punto dovuto colpire per primi.
Detto altrimenti, il "blocco sociale berlusconiano" è nella visione europea una sacca purulenta da rimuovere, un tumore da estirpare, un groviglio di pesi morti che succhia risorse pubbliche, si alimenta spesso di "economia criminale" ed evasione fiscale, che impedisce l'allineamento dell'Italia con gli standard europei. Gente che non possiede alcuna sensibilità istituzionale, senso delle "regole", preferendo sempre i rapporti amicali, clientelari, individuali, le fedeltà basate sullo scambio di favori. Tutta roba non "istituzionalizzabile". La Ue, insomma, non sa che farsene.
Al contrario, questa massa informe di interessi non apertamente confessabili è - da sempre - la "base popolare" del "partito americano". Non da sola ovviamente. Sensibilità tecnocratiche sono da sempre presenti anche su quest'altro fronte, coinvolgendo buona parte della diplomazia e delle strutture militari, gli organi di intelligence e una parte (in via di "snellimento") dell'imprenditoria. Emma Bonino, da questo punto di vista, è una garanzia verso la Nato, così come la conferma di Moavero serve a "tranquillizzare" Bruxelles.
Non sembri uno scherzo, ma la nomina a ministro dei Nunzia Di Girolamo, sposata con il dalemiano Boccia (quello sconfitto due volte consecutive da Vendola alle elezioni per la Regione Puglia), è un "tocco simbolico" che quasi ricorda i matrimoni tra case regnanti come sigillo ai trattati di pace.
Il compromesso è parso inevitabile fin da subito, persino a Grillo, che non ha né avrà una "classe dirigente" alternativa da proporre, perché - semplicemente - non riesce a intercettarla disponendo di un "programma" campato per aria e privo di "orizzonte ideale". Legalità astratta e riduzione dei costi non delineano infatti alcun "disegno di società", specie in una crisi di queste dimensioni.
Non è un governo fatto per durare a lungo. Lo si vede dagli immensi differenziali di competenza presenti al suo interno (gli esempi sono già stati fatti), dalla presenza di figure-immagine - sia detto senza offesa per le incolpevoli Iosefa Idem e Cécile Kyenge - incaricate di "rabbonire a sinistra", di testimoniare l'"innovazione".
E' un governo che avrà problemi terribili di gestione della spesa pubblica (il "blocco berlusconiano" può ora trattare da posizioni di forza contro la riduzione, per dire, dell'appalto facile), di ridisegno del paese.
Una sola cosa li vedrà d'accordo senza troppe discussioni: la resistenza del mondo del lavoro, dei ceti a basso reddito in genere, andrà affrontata senza troppo rispetto per le garanzie costituzionali.
Diciamo quindi che questo mostro va affrontato e rovesciato, che ci sono contraddizioni palesi al suo interno su cui far leva, che c'è una sensibilità popolare e "di sinistra" profondamente ostile a questa oscena ammucchiata. Mobilitarsi con forza e ragione, con analisi e proposte, con pratiche unificanti e chiarezza di visione. prima tappa l'11 maggio, a Bologna. Non si tratta di "provarci". Bisogna riuscirci.
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