Tutto
andò per il verso giusto: Matteo Renzi aveva sgarrettato secondo
mandato i concorrenti di scuola inciucista Anna Finocchiaro e Franco
Marini (“er tappetaro”, come lo chiamava Bruno Trentin, e “shopping con
scorta”), Giorgio Napolitano pilotò l’election day sui binari del mood
collusivo definito eufemisticamente “larghe intese” (tutela ad ogni
costo della presa partitica sulla società, grazie a pratiche sotterranee
di stampo massonico per lo svuotamento della democrazia), Silvio
Berlusconi non fece mancare l’appoggio al suo politico di fiducia:
Massimo d’Alema divenne così il nuovo presidente della Repubblica
italiana; perfetta copia carbone del predecessore anche nel birignao, ma con una ventina d’anni in meno.
Il primo atto del neo eletto fu quello di onorare la cambiali
stipulate: la nomina di Berlusconi senatore a vita quale modello etico
di riferimento per il potere giudiziario, caldamente invitato a farla
finita con le ignobili pratiche persecutorie nei confronti di un tale
esempio di specchiata virtù; in sequenza l’incarico a Renzi di formare
il nuovo governo, per trarre l’Italia fuori dalla crisi grazie a una
ventata di giovanilismo sbarazzino. Difatti la compagine ministeriale,
varata in videoconferenza con Tony Blair, selezionava il più innovativo
campionario bipartisan di Thatcher’s boys reperibile su piazza: Pietro
Ichino, Benedetto Della Vedova, Antonio Martino. In aggiunta il tocco di
classe (nei due sensi) del Sergio Marchionne alle politiche sociali,
con il mandato di procedere alla decimazione dei quadri sindacali FIOM.
Ma alla rovescia: a sopravvivere sarebbe stato uno su dieci (facendo ben
attenzione che costui non fosse Maurizio Landini).
Nel frattempo, con il volto ancora coperto di spine e scaglie ittiche
per l’essere stato preso a pesci in faccia dalla dark lady M5S Roberta
Lombardi, il pluritrombato Pierluigi Bersani era stato trovato appeso
alla pompa da benzina del distributore di Bettola piacentina.
Mentre Arcore tornava a essere l’epicentro della politica italiana,
il partito di maggioranza si apriva come un’albicocca (variazione sul
tema…) scindendosi in “PD responsabile”, grazie alla confluenza nelle
sue fila di Domenico Scilipoti e Giorgio Clelio Stracquadanio, e “PD
antibicameralista”, ultima ridotta per gli ex Giovani Turchi fan del fu
Bersani. Seppure per poco. A seguito di uno scambio di favori con
l’amministrazione USA, in debito con l’Alto Colle per l’amnistia
concessa ai propri agenti sequestratori di iman nel centro di Milano,
Matteo Orfini e Stefano Fassina vennero incappucciati e rinchiusi a
Guantanamo. Si salvò solo Andrea Orlando, grazie alle benemerenze
conseguite fotocopiando progetti di riforma della giustizia
dell’avvocato Ghedini.
Sentendosi ormai figlio di un dio maggiore d’Alema poté finalmente
esprimere in tutta la sua potenza l’odio nei confronti dell’intera
umanità, che qualcuno – equivocando – aveva scambiato solo per
arroganza: travolgere giornalisti con l’auto blu o famigliole di
bagnanti timonando l’Amerigo Vespucci; il veliero della marina militare
sequestrato per uso presidenziale e con cui aveva rimpiazzato l’Icarus,
la barca a vela di seconda mano con cui si era atteggiato a yachtmen.
L’Italia ormai era in mano alla trimurti composta dall’uomo di
Gallipoli, il vecchio nababbo sporcaccione e dallo sfasciacarrozze
furbastro del Mugello: un team che chiudeva ogni varco al cambiamento.
Per questo i parlamentari Cinquestelle, non avendo più niente da fare in
Parlamento, organizzarono un agriturismo fuori porta, con annesso zoo;
dove i bambini potevano lanciare le caramelle all’orso Vito Crimi.
Beppe Grillo cercò di rilanciare il declinante prestigio taumaturgico
sperimentando personalmente sistemi di produzione energetica
rinnovabile a mezzo aquiloni per la cattura dei fulmini: montato a
cavalcioni su uno di quegli aggeggi durante un temporale ora viene
segnalato nella Terra del Fuoco che arringa le foche e le volpi della
Patagonia contro la casta dei guardiani del faro di Capo Horn.
Ma il fuoco covava sotto le ceneri: non trovando più canali
democratici la rabbia sociale esplose mandando in fiamme il paese.
Presto l’incendio dilagò in tutto il Mediterraneo, mentre la Germania
dichiarava guerra ai PIIGS per espellerli dall’EURO; prendendo a
pretesto il fatto che un Berlusconi ricredutosi sulle terga delle
cancelliere teutoniche aveva tentato di sodomizzare Angela Merkel
durante una cena di gala al Quirinale.
Il conflitto terminò con cinque miliardi di morti, confermando in
questo le profezie di Gian Roberto Casaleggio. Ma solo in questo.
L’ordine emerso dalla catastrofe ormai poggiava sulle forze armate
turche alleate con i talebani del mullah Omar…
È questo l’incubo che ci stanno preparando le prossime ore?
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