Siamo
perseguitati da un troll. Da uno che qualsiasi cosa accada dà sempre
la stessa risposta con effetti tanto incoerenti che si può sospettare si
tratti di una macchina o di un pazzo catatonico. Così nella domenica di
pioggia l’unica notizia di rilievo, a parte la solita mota mediatica
del “servizio volontario femminile” del regime, è ciò che il troll Letta
dice dagli Emirati: la crisi è finita e ci aspetta la ripresa. Già
ancora una volta, come se la voce uscisse da un disco che gira e
rigira, con la solita canzone senza riuscire a fermarsi.
Ma anche peggio del normale visto che queste parole irritanti e
sconcertanti per il loro evidente litigio con realtà, arrivano dopo una
settimana in cui l’Fmi si è riunito in sessione straordinaria per
esaminare le conseguenze dell’aumento dei tassi nei Paesi emergenti che
mette sotto pressione le esportazioni europee e l’economia italiana in
particolare che proprio all’export è attaccata come estremo filo.
Settimana in cui c’è stato un vertice semi segreto tra Germania e
Francia per trovare un qualche accordo sulla nuova disastrosa situazione
della Grecia che si avvia al terzo default. In cui è diventato
conclamato il rischio deflazione per tutta l’area euro. Settimana nella
quale la disoccupazione in Italia ha sfondato un altro record. Ma i
troll sono troll e si nascondono dietro l’anonimato oppure come nel caso
del premier anonimo, ma identificabile, dietro la distanza o il clima
desertico che protegge dall’umido delle pernacchie Enrico D’Arabia nella
sua funzione di piazzista mendicante per Alitalia, Poste, Finmeccanica.
Qui siamo ormai alla scaramanzia oratoria o all’adamatina fede nella
credulità popolare. Perdonate una piccola notazione tecnica: con una
crescita del pil nominale dello 0,6 %, stimato dall’Fmi, la decisione
di fissare nel Def il deficit del 2014 al 2,5% (contro il 3% di
quest’anno) implica proprio che non vi sarà ripresa e che occorra un
mix di tagli e di privatizzazioni per la bellezza di un punto di pil per
stare dentro al parametro. Queste stesse manovre però – se attuate
-sottrarranno ulteriori risorse all’economia e con l’inflazione al
minimo (il pil nominale è la somma tra la crescita reale più il livello
di inflazione) portano la previsione del pil reale tra -0,7 e -1 per
cento. E praticamente a zero il pil nominale considerando un’inflazione
allo 0,7 – 1%. Questo sempre al netto delle turbolenze sempre più
evidenti sullo scenario mondiale che potrebbero portare a non riuscire a
rispettare quel 3% di deficit che è la condizione di sostenibilità del
fiscal compact. Persino il presidente di Confindustria, Squinzi, non ha
potuto dissimulare la stizza di fronte a tanta vuota sfacciataggine.
Alla fine il troll Letta quando sostiene che la crisi è finita si
riferisce semplicemente al fatto che il suo governicchio può riuscire a
trovare ancora una volta la benedizione, sia pure condizionata e
sospettosa, di Bruxelles che è l’unica speranza per lui di durare. Senza
accorgersi che ammettere un deficit di bilancio, sia pure inferiore a
quello dell’anno scorso, viola il grottesco pareggio di bilancio
inserito a forza nella Costituzione. A meno di non varare qualche
ulteriore manovra, cosa praticamente certa.
La crisi è finita solo nei sogni. Anzi negli incubi di Enrico
d’Arabia: solo che al contrario della famosa storia, sono gli italiani a
finire nelle mani dei turchi. E a farsi molto male.
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