Come sono distribuiti immobili e titoli. In media in portafoglio 1,6 milioni, 22 volte di più dei ceti popolari. Le abitazioni continuano a fare la parte del leone con un valore di 5 miliardi di euro. Negli ultimi anni è affondata la classe media e sono cresciute le proprietà di imprenditori e commercianti. I cittadini hanno tra risparmi e ricchezza 8.600 miliardi, pari a quattro volte il debito pubblico
di MAURIZIO RICCI, La repubblica
una spaccatura verticale: un travaso progressivo di ricchezza,
dai lavoratori dipendenti agli autonomi: imprenditori, liberi
professionisti, commercianti.
Il secondo è il lungo ristagno dei
redditi, che ha svuotato e affondato i ceti medi. Quando si sono accorti
di non essere affatto sulla strada per diventare ricchi, anche nei ceti
medi si è risvegliata l'insofferenza verso gli squilibri sociali.
Secondo
le indagini della Banca d'Italia, la ricchezza netta degli italiani
(tolti, cioè, mutui e prestiti) era pari, nel 2010, a 8.640 miliardi di
euro. Una cifra imponente, pari ad oltre quattro volte la montagna del
debito pubblico. In media, significa una ricchezza di poco inferiore a
400 mila euro, per ognuna dei 24 milioni di famiglie italiane. Ma,
naturalmente, quei 400 mila euro sono il consueto miraggio statistico.
Il 50 per cento delle famiglie italiane possiede, infatti, dice sempre
Via Nazionale, meno del 10 per cento di tutta quella ricchezza. Ovvero,
12 milioni di famiglie si spartiscono, in realtà, un patrimonio di non
più di 860 miliardi di euro. Questi 12 milioni di famiglie più povere
costituiscono quelli che i sociologi di una volta avrebbero definito
ceti popolari. Un termine che, con il progressivo svanire di operai e
contadini, è diventato sempre più sfuggente e che, oggi, probabilmente,
comprende soprattutto impiegati, insegnanti e la massa dei precari. In
media, la ricchezza di ognuna di queste famiglie è di 72 mila euro in
tutto, al netto di mutui e prestiti, ma casa e risparmi compresi.
L'altra
metà degli italiani ha, invece, le mani su quasi 8 mila miliardi di
euro. Ma non è così che va vista la divisione della torta. Al di sopra
dei ceti popolari e dei ceti medi in via di affondamento ci sono,
elaborando i dati della Banca d'Italia, quelli che possiamo chiamare
ceti medi benestanti. Circa 9 milioni 600 mila famiglie, il 40 per cento
del totale, che controlla il 45 per cento della ricchezza italiana: 3
miliardi 880 milioni di euro. In media, ognuna di queste famiglie
benestanti ha un patrimonio, fra case e investimenti finanziari, pari a
405 mila euro.
AL VERTICE DELLA PIRAMIDE
Da
qui in su, si entra nel mondo dei ricchi. Il 10 per cento delle
famiglie italiane, cioè circa 2 milioni 400 mila famiglie, controlla il
45 per cento dell'intera ricchezza nazionale. Quanto 10 milioni di
famiglie benestanti e oltre quattro volte quello di cui dispone la metà
meno fortunata del paese. Sono gli altri 3 miliardi 880 milioni di euro
di ricchezza che ancora mancavano al totale. In media, ognuna di queste
famiglie ricche ha un patrimonio di 1 milione 620 mila euro, oltre 22
volte la ricchezza di quella metà d'Italia che sono le famiglie dei ceti
popolari.
Ma sono davvero questi i ricchi italiani? O ci sono anche
gli straricchi? La risposta è che gli straricchi ci sono, sono pochi, ma
hanno abbastanza soldi da modificare profondamente la mappa sociale del
paese. Proviamo, infatti, a togliere l'1 per cento di famiglie più
ricche - gli straricchi - dal plotone del 10 per cento di ricchi. Il 9
per cento di ricchi che è quasi in cima, ma non ci arriva, corrisponde a
2 milioni 160 mila famiglie. Il loro patrimonio complessivo è pari a
2.765 miliardi di euro, un terzo della ricchezza nazionale. In media,
ognuna di loro dispone di un solido patrimonio, pari a 1 milione 280
mila euro.
Infine, l'1 per cento di straricchi: meno di 240 mila
famiglie. Fa capo a loro il 13 per cento dell'intera ricchezza italiana,
ovvero oltre 1.120 miliardi di euro, almeno quelli rintracciabili nel
catasto e nelle banche nazionali. In media, ognuna di queste famiglie
straricche dispone di un patrimonio di poco inferiore a 4 milioni 700
mila euro.
Non basta, insomma, essere un paese in cui l'80 per
cento delle famiglie è proprietaria della casa in cui vive per
riequilibrare la piramide rovesciata della ricchezza nazionale. Del
resto, le abitazioni (che, nelle indagini della Banca d'Italia, vengono
valutate a prezzo di mercato) costituiscono la parte maggiore della
ricchezza nazionale, ma non di molto: quasi 5 miliardi di euro su un
totale di 8.640 miliardi. Una eventuale patrimoniale sui soli grandi
patrimoni immobiliari escluderebbe quasi 3.600 miliardi di euro di
investimenti finanziari che, si deduce dalle indagini a campione di Via
Nazionale, sono più comuni e frequenti, man mano che si sale nella scala
della ricchezza. I dati disponibili non consentono di ripartire questi
investimenti fra benestanti, ricchi e straricchi. Permettono, però, di
abbozzarne una geografia, anche se monca: i dati si riferiscono a quanto
è depositato e investito presso banche italiane. Di quanto si trova in
Svizzera o in Lussemburgo, sappiamo molto poco.
distribuzione della ricchezza secondo statistiche della Banca d'Italia anno 2006
Ci
sono, dunque, quasi mille miliardi di euro depositati nei conti presso
le poste o le banche italiane. Non si tratta solo di soldi parcheggiati
per le piccole necessità quotidiane. Il 30 per cento di quei mille
miliardi - esattamente 276 miliardi di euro - è depositato in conti fra i
50 mila e i 250 mila euro. Un altro 13 per cento, circa 120 miliardi di
euro, si trova in conti che superano i 250 mila euro. Chi tiene tutti
questi soldi in banca? Non lo sappiamo. Al massimo, dice l'aritmetica,
mezzo milione di persone ha un conto in banca almeno di 250 mila euro.
Probabilmente, sono assai di meno. Se, per pura ipotesi, supponessimo
che ne sono titolari le 240 mila famiglie straricche, ne ricaveremmo che
ognuna di loro ha, in media, mezzo milione di euro sul conto in banca.
Poi
ci sono i titoli. Fra azioni, obbligazioni e fondi comuni, ci sono
oltre 1.500 miliardi di euro depositati nei conti titoli delle banche
italiane. Un terzo è piccolo risparmio, cioè conti titoli inferiori a 50
mila euro. Un altro terzo, è risparmio, per così dire, benestante:
titoli fra i 50 mila e i 250 mila euro. Poi ci sono 150 miliardi di
euro, investiti in titoli per 250-500 mila euro. Il risparmio,
probabilmente, si ferma qui. Il resto è investimento ed è un salto: 300
miliardi di euro in conti titoli superiori a 500 mila euro. Roba da
straricchi.
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