domenica 8 gennaio 2012

Inceneritori addio di Margherita Bologna, Micromega

Produzione di energia rinnovabile e risparmio energetico: un binomio possibile con i moderni impianti di trattamento meccanico-biologico dei rifiuti. Un'eccellenza tutta italiana.


Qualche addetto ai lavori li chiama "giacimenti metropolitani" sconfessando una valutazione errata, ancora radicata nella mentalità comune, secondo la quale i rifiuti sono mondezza da far sparire bruciandola negli inceneritori o seppellendola nelle discariche.

Sì, perché i materiali già utilizzati, se trattati con tecnologie appropriate, sono una miniera da cui estrarre risorse preziose ed energia pulita. Gli impianti ci sono già. E sono tutti in Italia. Sono le moderne e diversificate tecnologie di trattamento meccanico-biologico (TMB) che fanno retrocedere gli inceneritori a quella funzione residuale di chiusura del "ciclo" di gestione dei rifiuti stabilita dalla Legge europea ed italiana. Ma volendo, rendono possibile la totale eliminazione di quelli che, con un eufemismo italico, sono chiamati termovalorizzatori. Vediamo come.

È sufficiente trattare ogni tipologia di rifiuto con la tecnologia più appropriata per ottenere nuova materia da riutilizzare, insieme alla produzione di energia pulita. La componente organica come gli scarti di cucina e della ristorazione può essere inviata alla digestione anaerobica (in assenza di ossigeno) dalla quale si produce biogas e compost di qualità, con un processo di trasformazione aerobica del "digestato " risultante dalla fase precedente. La frazione secca (la carta e la plastica ma anche il vetro ed i rifiuti elettrici ed elettronici, i cosiddetti RAEE) può essere separata con passaggi successivi su nastri trasportatori forniti di lettori ottici a raggi infrarossi che suddividono la carta dalla plastica e selezionano le plastiche per tipo o per colore.
Gli ultimi arrivati sono i lettori a raggi X che ripuliscono in modo automatico i rifiuti organici destinati alla digestione anaerobica dal vetro o da eventuali sassi "leggendo" la densità atomica specifica di ciascun materiale. Ma le tecnologie utilizzabili per separare i materiali postutilizzo già in uso da tempo sono tante: deferrizzatori basati su sensori elettromagnetici, separatori a correnti parassite impiegati per selezionare le lattine di alluminio, separatori balistici, classificatori ad aria e tante altre ancora.
Una novità rispetto al passato è che le plastiche considerate non riciclabili fino a poco tempo fa e destinate a diventare cdr (combustibile da rifiuti bruciato negli inceneritori), oggi possono essere riutilizzate dopo essere state trasformate in granuli mediante un processo meccanico a circa 200 gradi chiamato "estrusione". Rispetto alle altre tipologie di plastica considerate di maggior pregio cambia solo la destinazione d'uso: i granuli, di diverse pezzature, derivanti da queste plastiche trovano la loro collocazione in edilizia in sostituzione della sabbia oppure sono usati per stampare manufatti destinati all'arredo urbano come panchine, cestini per i rifiuti, dissuasori di velocità, pali per edilizia o addirittura tegole per tetti. Esistono anche impianti di trattamento dei rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade che ci restituiscono il 75% di materiali come ferro, sabbia, ghiaia di varie dimensioni, tutti lavati, selezionati e privi di componenti nocive e a norma di legge.
Per la parte residua (non più del 20% del totale) la chiusura del ciclo della gestione dei materiali postutilizzo senza inceneritori è possibile con Thor, un mulino ideato dal prof. Paolo Plescia, ricercatore dell’Igag-Cnr che raffina i materiali di qualsiasi tipo esercitando su di essi pressioni di tipo meccanico che vanno dalle 8000 alle 15000 atmosfere. La materia così trattata si riduce a dimensioni microscopiche. È sterile, inodore ed ha un potere calorifico superiore al cdr di qualità, rispetto al quale ha il vantaggio di essere purificata da scorie nocive come lo zolfo ed esente da idrocarburi policiclici. Secondo il prof. Plescia può essere utilizzata in impianti già esistenti “compresi i motori funzionanti a biodiesel, le caldaie a vapore ed i sistemi di riscaldamento centralizzati".
Ma l'Unione Europea con la Direttiva 2008/98CE ci sollecita a concentrare i nostri sforzi sul design ecologico dei materiali nell'atto stesso della progettazione per dissociare la crescita economica dalla produzione dei rifiuti. La progettazione dei materiali deve facilitare l'uso efficiente delle risorse durante l'intero ciclo di vita e comprendere la riparazione, il riutilizzo, lo smontaggio ed il riciclo finale. Così pure la sfida per le imprese è quella di realizzare un circolo virtuoso dove gli scarti e i sottoprodotti di un'industria diventano materiale da utilizzare in altri processi produttivi, come avviene in natura.
Tutti i rifiuti urbani e gran parte di quelli classificati come "speciali" compreso il car fluff (i residui provenienti dalla rottamazione degli autoveicoli) possono essere gestiti in modo sostenibile con un risparmio di energia quattro volte in più rispetto a quella prodotta con l'incenerimento. Ai vantaggi energetici conseguenti al riciclo si aggiungono quelli economici e ambientali come dimostrano numerose ricerche italiane e straniere tra cui, nel 2010, la pubblicazione delle Nazioni Unite "Waste and Climate Change".
Dopo queste brevi considerazioni viene spontanea un domanda. Dovendo scegliere tra due percorsi per gestire i rifiuti, l'uno più vantaggioso sul piano energetico ed economico e meno impattante sull'ambiente, l'altro più rischioso per la nostra salute e remunerativo solo per le ristrette lobby dei produttori e gestori di inceneritori, perché non seguire quello più sicuro e vantaggioso per tutta la comunità nazionale, rispettando una volta tanto il principio di precauzione?
Con le nuove tecnologie la realizzazione della società del riciclo prevista dalla legislazione europea è molto più vicina. Ora tutto dipende esclusivamente dalla volontà di chi ci governa.

Per approfondimenti sul tema clicca qui

Nessun commento: