Adesso
che la stangata ha colpito i pensionati e tutti i cittadini italiani,
soprattutto i più poveri, apprendiamo che tale sacrificio è del tutto
inutile a salvare il Paese, senza un intervento dell’Unione Europea. La
fuga di Monti verso Bruxelles ha un che di amaro, il risultato di una
manovra che da una parte migliora il bilancio dello Stato, dall’altro lo
aggrava mettendo in recessione l’economia. Mentre l’Europa, fomentata
dalla Merkel richiede il pareggio di bilancio (ma quello italiano,
esclusi gli interessi sul debito era uno dei più virtuosi), dall’altro
il mercato se ne frega e scommette che così non ce la faremo.
Il problema è che dopo una lunga e
triste vacanza dalla politica, dal buon senso e dalla dignità, ci
sarebbe occorso uno statista e non un euroburocrate circondato da
banchieri per uscirne fuori. Ma non ce n’erano: la vigna dà il vino che
può, che corrisponde alla cura messa nella sua coltivazione. E non c’è
politica. Perché non c’è nulla di più lontano da questa che l’osceno
strepitare di leghisti e berlusconiani orbati del potere disonesto e
irragionevole nel quale hanno vissuto. Ma nemmeno esiste nei silenzi di
una sinistra divorata dalla coscienza di essere divisa e senza idee una
volta caduto lo zar Silvio. E certo non nel governo tecnico il cui scopo
è fare ciò che Berlusconi non riusciva a fare.
Tra poco il premier andrà a Berlino non
si sa se a discutere o a recepire indicazioni da Angela Merkel e dai
suoi falchi con i quali del resto sembra essere in sintonia. Ma al di là
di questo mi chiedo se siamo ancora nell’Unione Europea, quindi dentro
una certa collegialità che deve contemperare situazioni molto diverse
tra loro, oppure in una sorta di Impero Carolingio nel quale i vari
vassalli si recano a turno ai lavacri di Aquisgrana: ormai l’incontro
bilaterale e più raramente trilaterale ha completamente svuotato il
Parlamento di Strasturgo e la stessa commissione che ormai si limita a
ratificare o a fare da coro al più forte.
Se così fosse ci troveremmo di fronte a
un paradosso tra centro e periferia: a quest’ultima si chiedono cose che
al centro non sono nemmeno concepibili, si impongono provvedimenti
recessivi che ci si guarda bene dall’attuare in casa propria. Fatto sta
che nei giorni scorsi abbiamo saputo che in Germania si è raggiunto il
record di occupazione dopo vent’anni e questo con retribuzioni medie che
sono il 30% superiori alle nostre. Certo perché le aziende in questi
anni hanno investito in tecnologie e innovazione e lo Stato in
conoscenza non limitandosi come gran parte delle nostre ad assicurarsi
di avere le spalle coperte da governi compiacenti e opposizioni
“moderne” e imbelli per recuperare competitività sui salari in declino, i
diritti erosi e precarietà come se piovesse.
D’accordo in Germania non esiste
l’articolo 18, ma semplicemente perché interviene un welfare, costoso,
ma antirecessivo che non si occupa non solo di fornire per un periodo
abbastanza lungo di tempo una percentuale quasi al 90% di salario, ma
garantisce la casa e il riscaldamento, l’istruzione dei figli, la
formazione professionale, anche all’estero se necessario. E in ogni caso
esiste anche una sorta di salario di cittadinanza che accompagna le
persone tutta la vita.
Si, in Germania si va in pensione a 67
anni, ma intanto questo aumento dell’età è stato introdotto in modo
progressivo e comunque permette di uscire dal mondo del lavoro molto
prima, perdendo solamente una piccola percentuale di pensione, lo 0,3%
per ogni anno di anticipo con la possibilità peraltro di continuare
un’attività che si somma alla pensione.
E guarda come sono stravaganti questi
tedeschi che si ostinano a non voler crescere: quasi tutti i servizi di
pubblica utilità sono pubblici. Vedo le già le facce di Passera, Fornero
e Monti che si rattristano di questa disgraziata circostanza così in
contrasto con la volontà di questo establishment a fine corsa di
mangiarsi quel che resta del Paese.
Nello scorso anno, quando il dottor,
quasi professor Marchionne faceva capire che senza cacciar fuori i
sindacati dalle sue fabbriche e senza la riduzione di 10 minuti di
sosta, senza regole padronali che sfiorano l’anticostituzionalità, senza
stipendi più bassi non era possibile costruire macchine in Italia, la
Ig Metall, il sindacato metalmeccanico tedesco è riuscito a strappare un
aumento di salario per gli operai della Volkswagen del 3,2 per cento,
più alcune gratifiche. E già un operaio VW supera i 1800 euro netti al
mese contro i 1200 Fiat. Certo il gruppo tedesco sarà andato in rovina.
E invece è diventato il primo al mondo o giù di lì e ha varato un piano
di assunzione di 50 mila dipendenti.
Mannaggia proprio non ne va bene una.
Forse bisognerebbe imitare la Germania piuttosto che prendere ordini
dalla stessa. Ma comunque auguri professor Unrat, pardon, professor
Monti, per il rendez vous di mercoledì. E’ una delle ultime occasioni
per smetterla di fare il preside di facoltà e il garante delle lobby o
l’ideologo senza senso della realtà. Oppure scappi con Angela.
Simplicissimus - Il Simplicissimus
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