Il caso della Miale di Foggia ceduta alla Bnp Paribas e poi presa in affitto
La beffa della caserma «svenduta» e il triplo affare dei francesi
Dopo 7 anni lo Stato la rivuole (sborsando il doppio) L'Università
«SPQR: Sono Pazzi Questi Risanatori», ridono i francesi di Bnp
Paribas, facendo il verso ad Asterix, se pensano a certe
cartolarizzazioni all'italiana: traffico di coca e d'armi a parte, dove
lo trovi un investimento che renda in 7 anni oltre il doppio del
capitale come la caserma «Miale» di Foggia? Una pazzia da manuale. O da
inchiesta penale.
«Tesoro: immobili; no "svendopoli", cambio d'uso per
valorizzare», titolava l'Ansa il 23 agosto 2001 spiegando che Giulio
Tremonti voleva risanare i conti a partire dalla vendita di migliaia e
migliaia di edifici di proprietà pubblica come certi edifici militari
nel quartiere Prati di Roma e tanti altri sparsi per la penisola. Un
anno dopo, un'altra Ansa spiegava che era in arrivo «la più grande
cartolarizzazione mai fatta in Europa».
Si è trattato, in realtà, di due percorsi paralleli. Uno seguito
con l'obiettivo di vendere, nelle più rosee speranze, 90 mila immobili
di vari enti pubblici e portato avanti attraverso la costituzione di un
paio di società in Lussemburgo («Con un capitale di 10 mila euro, due
fondazioni olandesi come azioniste e un cittadino scozzese di nome
Gordon Burrows alla presidenza», rivelò l'Espresso ) dal nome sventurato
(Scip: Società cartolarizzazione immobili pubblici) ideale per i titoli
giornalistici sugli edifici «scippati». L'altro con la parallela
dismissione di strutture militari.
Quale sia stato l'esito della prima operazione lo hanno spiegato
varie inchieste giornalistiche («un saldo negativo di 1,7 miliardi») e
il procuratore generale della Corte dei Conti Furio Pasqualucci. Il
quale un paio d'anni fa, bollando il risultato come «poco lusinghiero»
(disastroso, con parole non «magistratesi») invitò chi volesse insistere
a pensarci settanta volte sette giacché una nuova «alienazione deve
essere attentamente dosata nel tempo e studiata in modo da conseguire
risultati migliori di quelli derivanti dalle recenti cartolarizzazioni
che a fronte di un portafoglio di 129 miliardi, ha fruttato ricavi per
57,8 miliardi, con un rapporto ricavi/cessioni pari al 44,7%». Molto
meno della metà.
Quanto alle caserme, il tragicomico esempio foggiano è
illuminante. Dovete dunque sapere che a Foggia, a due passi dalla
facoltà di Giurisprudenza e a poche centinaia di metri dal cuore storico
che ruota intorno alla cattedrale barocca della Beata Maria Vergine
Assunta in cielo, c'è un grande edificio ottocentesco ancora in ottime
condizioni, la «Caserma Miale da Troia».
Nelle foto dall'alto e su Google Maps è inconfondibile: è il
palazzo più grande del centro cittadino. Elegante, tre piani, si
sviluppa su circa 16 mila metri quadri coperti e ha un cortile interno
di altri 6.500, pari (si calcola com'è noto il 25%) a un totale di
17.625 metri quadri. Valore? Altissimo, dice l'attuale proprietario
trattando la vendita all'Università di Foggia: dove lo trovi uno spazio
altrettanto grande e appetibile nel cuore del capoluogo?
Eppure grazie alla «cartolizzazione» tremontiana, quel
proprietario, il Fondo «Patrimonio Uno» gestito dai parigini di «Bnp
Paribas Rei Sgr», comprò poco più di sei anni fa quel ben di Dio
(all'interno di un pacchetto con altri edifici) per una cifra intorno
agli 11 milioni di euro. Pari, per capirsi, a circa 624 euro al metro
quadro. Un affarone.
Affarone raddoppiato dalla decisione parallela del ministero
degli Interni di prendere contestualmente in affitto la caserma venduta
dal Demanio per poterci lasciare dentro la Scuola di polizia fino al
2023. Canone concordato: un milione e 160 mila euro l'anno. Facciamo i
conti in tasca ai francesi? Comprata per 11 milioni, la caserma avrebbe
loro fruttato in soli 18 anni (un battito di ciglia, per una banca) la
bellezza di quasi 21 milioni di affitti (per l'esattezza 20.880.000)
dopo di che sarebbe rimasta comunque loro la proprietà rivalutata.
Rovesciamo le parti? Lo Stato italiano fece la parte del
giocatore impazzito che, rovinato dal demone febbrile della roulette o
del poker, svende a un usuraio la casa in cui vive per prenderla poi in
affitto a un canone stratosferico. Un delirio. Ma l'ingloriosa avventura
finanziaria della Miale non era ancora finita. Due anni dopo (solo due
anni!) aver firmato il contratto di vendita e di affitto, infatti, il
Viminale ha deciso che la Scuola di polizia, lì dove stava, a quei
prezzi, non gli serviva più. E l'ha chiusa. Risultato: l'edificio è oggi
utilizzato solo in minima parte (diciamo un dieci o al massimo un
quindici per cento) per la mensa della Questura, per una foresteria di
poche stanze e per le esercitazioni del poligono di tiro. E intanto i
cittadini italiani continuano a portare sul gobbo il canone
stratosferico di 96.666 euro al mese: 3.178 al giorno.
A metterci una pezza, come dicevamo, è arrivata l'Università di
Foggia. La quale, come spiega il rettore Giuliano Volpe, il primo a
essere scandalizzato per la vicenda, potrebbe trarre «enormi vantaggi
dall'acquisizione di questa struttura (nelle immediate vicinanze delle
Facoltà di Giurisprudenza e di Economia), per la sistemazione del
Rettorato, dell'amministrazione centrale e poi di aule, laboratori,
servizi agli studenti, residenze e così via». L'altro ieri se ne è
discusso al Cipe e grazie ai «fondi Fas» nell'ambito del «Piano per il
Sud» pare che la cosa, per la quale anche Nichi Vendola si è speso
molto, possa andare in porto.
Prezzo concordato per il «riacquisto» da parte dello Stato: 16
milioni e mezzo di euro. Cinque e mezzo in più di quelli ricavati dalla
vendita del 2005. Ma poi, ammiccano i francesi fregandosi le mani, c'è
da contare gli affitti incassati in questi sei anni e passa. Facciamo
cifra tonda? Sette milioni di euro di canoni. Per un totale (16,5+7) di
23,5 milioni. Il doppio abbondante di quanto era stato investito. Visto
dalla parte nostra: abbiamo fatto la parte dei baccalà. Ammesso, si
capisce, che si sia trattato di baccalà sventurati ma in buonafede e non
baccalà furbetti ingolositi da qualche «esca» inconfessabile...
E dopo aver visto svendere ai soliti «amici» attici a San Pietro
da 113 mila euro e case al Colosseo da 177 mila e poi caserme come la
Miale con le modalità descritte vogliamo venderci ancora i gioielli di
famiglia? O cambia tutto o mai più, così. Mai più.
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