mercoledì 9 maggio 2012

Crisi:L’uomo dimenticato da http://keynesiano.wordpress.com

L’uomo dimenticato a cui non si pensa mai …….. che non fa appello alle emozioni e non eccita i sentimenti. Ma è capace di gesti estremi e apparentemente assurdi, come quello di mettere fine al dono più grande che la natura gli ha concesso “vivere il suo tempo”.
Il sociologo ed economista americano, William Graham Sumner (1840-1910) scrisse un breve saggio dal titolo L’uomo dimenticato.
Chi era, anzi chi è, costui? «L’uomo dimenticato osservava Sumner è il lavoratore semplice e onesto, disposto a guadagnarsi da vivere con un lavoro produttivo. Viene trascurato perché è indipendente, autosufficiente e non chiede favori.Lavora, vota, di solito prega, ma sempre paga …….”, si tratta quindi dell’uomo comune, medio, il tipico alacre ed affidabile “Signor nessuno”, che non appartiene a nessun gruppo di pressione e non è neppure rimarchevole in quanto portatore di un qualche particolare ed evidente bisogno sociale, quello chiamato attraverso il sistema fiscale a finanziare sempre le varie iniziative politiche ed economiche che, per lo più sembrano andare soprattutto a beneficio di “Altri”».
Nel 1932, la definizione dell’”Uomo dimenticato”
fu modificata per un discorso di Roosevelt, nel quale l’aspirante presidente asseriva di volersi interessare “… dell’uomo dimenticato, al fondo della piramide economica …” e da lì mutò completamente di significato andando a indicare l’indigente, colui al quale sarebbero stati indirizzati i programmi di aiuti governativi.
L’UOMO DIMENTICATO NELLA CRISI ATTUALE.
Ecco. Anche oggi è l’uomo dimenticato la prima vittima della crisi economica. È facile individuarne la figura nelle tragiche storie di queste settimane, nei drammatici appelli di chi rinuncia al bene più prezioso piuttosto che annunciare ai propri dipendenti la fine di una collaborazione. È facile scorgerne la sagoma in quei piccoli artigiani scioccati per il no a un mini finanziamento che avrebbe ridato loro più speranze dell’ossigeno.L’uomo dimenticato non ha mai fatto il furbo. Ha pagato debiti e tasse senza mai alzare la voce, salvo gettare la spugna quando si è ritrovato assediato nell’angolo.
L’uomo dimenticato scriveva Sumner è così.
Lavora, vota, generalmente prega, ma soprattutto paga sempre. Non vuole cariche e non dà problemi. Eppure senza l’uomo dimenticato non ci sarebbe ricchezza, visto che la ricchezza proviene soltanto dalla produzione e la produzione è figlia del lavoro di tutti gli uomini dimenticati.
Ora. Fino a quando un Paese continuerà ad abusare della pazienza dell’uomo dimenticato?

Fino a quando potrà pensare di scongiurare il disastro per le prossime generazioni, seguitando a colpire la laboriosità degli uomini comuni che trascinano il carro di tutti?

La spinta propulsiva alla produzione, attitudine che non si impara a scuola, ma solo dall’esempio di certi uomini soli e dimenticati. Ma l’uomo dimenticato, cioè l’uomo che lavora, non può resistere in eterno, a meno che non dovesse decidere pure lui di passare nel campo dei vagabondi, dei furbetti e dei figli di buona donna. Tutto congiura contro di lui: dallo spirito del tempo, che antepone i desideri ai doveri, alla pedagogia di Stato che penalizza chi lavora e chi produce. Per non parlare del retro-pensiero della politica: che ha creato quel mostro che si chiama Equitalia un’agenzia di recupero crediti alle direttive dell’agenzia delle Entrate in un sistema dalle mille leggi, interpretazioni e pareri, dove nemmeno il ministro dell’economia potrebbe “essere in regola” ad un controllo del fisco che dirige .
La verità è che l’uomo dimenticato per il sistema è il bancomat,
da cui attingere moneta a più non posso. Salvo poi dimenticarsi di pagargli quanto dovuto. Va così nell’indifferenza di tutti. Fino a quando, non si sa.
Persino Keynes, nel 1938,
consigliò al Presidente Roosevelt di nazionalizzare definitivamente i servizi pubblici oppure di lasciare in pace le aziende del settore: ma comunque di smetterla con attacchi periodici e politicizzati.
Restrizione del credito
 
Fonte Banca D’Italia
La restrizione,che ha interessato sia i criteri di concessione dei finanziamenti alle famiglie sia, in particolare, quelli per il credito alle imprese, si è riflessa in un aumento dei margini e in una riduzione degli importi erogati; il forte inasprimento delle condizioni di accesso al credito è confermato dalle indagini condotte presso le imprese negli ultimi mesi del 2011. Informazioni più recenti hanno tuttavia mostrato una tendenza al miglioramento. Secondo l’indagine trimestrale Banca d’Italia-Il Sole 24 Ore, la percentuale netta di imprese che indicano maggiori difficoltà di finanziamento che aveva raggiunto in dicembre il 47,7 per cento, un valore superiore a quello registrato alla fine del 2008 nella fase più acuta della crisi – è scesa in marzo al 30,2 per cento, mostrando una marcata attenuazione dell’irrigidimento.Indicazioni analoghe provengono anche dall’indagine mensile condotta dall’Istat.
L’assurdità economica del patto di stabilità.
La situazione riguardo ai pagamenti proposti alle imprese per i lavori pubblici, è diventata insostenibile. Per quanto riguarda il 2012, nonostante le rassicurazioni del governo, manca ancora i pagamenti di opere già terminate. Dal 2011 le gare hanno scadenze ormai oltre i 2-3 anni. E con simili tempi le imprese si trovano in deficit di liquidità per pagare i propri fornitori e dipendenti, e sono costrette a rivolgersi alle banche che, nonostante si tratti di crediti da enti pubblici, sono sempre più restie ad anticipare risorse. Le Costruzioni stanno vivendo una delle peggiori crisi degli ultimi decenni. Il settore privato (sia nelle nuove costruzioni sia nelle ristrutturazioni) è pressoché fermo e le imprese si indirizzano sempre di più nel settore degli appalti pubblici, che però ha visto ridurre sensibilmente la quantità di lavori per effetto delle restrizioni della finanza pubblica. I sindaci e gli amministratori degli enti locali affermano che nelle casse pubbliche degli stessi ci sono risorse sufficienti per pagare buona parte dei debiti certi ed esigibili nei confronti dei fornitori. MA IL PATTO DI STABILITA’ IMPEDISCE DI FATTO IL PAGAMENTO DEI DEBITI CONTRATTI. Insomma siamo all’assurdo e all’irrazionale, non si attinge al risparmio per pagare i propri debiti. Oltre ad essere un brutto esempio di etica della responsabilità commerciale, di fatto l’imposizione del patto di stabilità AMMAZZA IL SISTEMA ECONOMICO ED E’ IN CONTRASTO CON LA LEGGE SUGLI APPALTI PUBBLICI CHE OBBLIGA LA P.A. A PAGARE I PROPRI FORNITORI ENTRO 30 GIORNI DAL MANDATO DI PAGAMENTO.

PS: Questo scritto non è una critica ai dipendenti di Equitalia,dell’agenzia delle Entrate o dello Stato a vario titolo, vuole essere solo un critica ai politici che sono sempre in eterno ritardo rispetto agli eventi che dovrebbe governare.


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