Quel che viene taciuto per evitare una sommossa
Nel giugno 1981, una commissione di studio, presieduta da Paolo Baffi,
direttore generale di Bankitalia, deliberò di seguire lo schema d'un
giovanotto, molto stimato dai Rothschild, tale Mario Monti, il quale
propose l'emissione di titoli a lungo termine, con aste mensili e
quindicinali, in modo che il rendimento cedolare fosse fissato dal
mercato, con scadenze tra i 5 e i 7 anni. Il che, a detta del
professorino, garantiva il potere d'acquisto e, secondo gli esiti delle
aste, un piccolo rendimento dell'1-2%. Il Tesoro, zufolò Monti, avrebbe
avuto da 5 a 7 anni per programmare e finanziare meglio la spesa
pubblica. La proposta passò con standing ovation. Il deficit andò su
come un proiettile. Le spese aumentarono invece di diminuire. Mentre
Mario Monti procurava il credito a tassi impossibili, aumentarono tasse e
benzina, le spese sanitarie sfondarono di mille miliardi di lirette il
finanziamento statale.
Monti consulente di Pomicino negli anni ruggenti del debito
di Giampiero Di Santo e Franco Adriano, www.italiaoggi.it
Non era SuperMario, ma era già un
supereconomista. Eppure,il premier Mario Monti, chiamato a salvare
l'Italia dai gorghi del default, tra il 1989 e il 1992, erano i tempi
del sesto e settimo governo Andreotti, non riuscì a impedire il peggio.
Cioè l'esplosione del rapporto tra debito e pil preludio della grande
tempesta finanziaria che al principio degli anni Novanta costrinse
Giuliano Amato alla manovra da 103.000 miliardi di vecchie lire. In quei
tre anni il peso del debito balzò dal 93,1% del 1989 al 98% del 1991 e
al 105,2% del 1992. Un vero boom, insomma, pari al 12,9% in termini
relativi e al 44,5% in cifre assolute, da 533,14 miliardi di euro a
799,5.Non che Monti avesse un posto di primo piano nella stanza dei
bottoni, questo no. L'ex rettore della Bocconi, era però un autorevole
consulente del ministro del bilancio Paolo Cirino Pomicino,alias 'o
ministro, che nel 1990 prometteva urbi e orbi che l'avanzo primario di
bilancio, pari quell'anno all'1,5% del pil, sarebbe salito al 3-5%.
Proprio quel Cirino Pomicino passato nelle file dell'Udc e in occasione
della caduta dell'ultimo governo Berlusconi tra i registi
dell'operazione che ha condotto al cambiamento di maggioranza. E quindi
uno dei principali sponsor del Monti premier. Corsi e ricorsi della
storia, si dirà, dato che ai giorni nostri (2010) il rapporto tra debito
e pil ha superato il 118%. Più del '93, quando toccò il 115,6% del pil,
e non lontanissimo dal'94, quando si superò per la prima volta il
milione di miliardi di vecchie lire (un milione 69 mila miliardi di
lire, cioè il 121,8% del pil). Numeri che consentono a Pomicino,
ascoltato da ItaliaOggi, di attribuire la corsa del debito 1989-92 alla
svalutazione della lira: «Tutta colpa della svalutazione, ma nella
seconda repubblica il debito lo hanno fatto salire al 120% del pil»!
Come se la crisi sistemica che fa tremare anche gli Usa non si fosse mai
verificata. In quell'avventura lontana Monti era in buona compagnia:
con lui, nella task force economica del Bilancio coordinata da Paolo
Savona, c'erano Antonio Pedone, Mario Arcelli e l'attuale capo del
servizio studi di Bankitalia, Giancarlo Morcaldo.
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