In questi giorni di elezioni e post elezioni, i termini maggiormente
uditi sono stati “populismo” e “demagogia”, spesso abbinati.
Il mio Devoto Oli, al quale solitamente mi affido quasi ciecamente, riporta per populismo:
“Di qualsiasi movimento socialistoide diretto all’esaltazione delle
qualità e capacità delle classi popolari sia pure in connessione con
alquanta faciloneria e demagogia” e per demagogia:
“degenerazione della democrazia, per la quale il normale dibattito
politico degenera in una propaganda esclusivamente lusingatrice delle
aspirazioni delle masse”; peraltro giova notare che in inglese il
termine “populism” non ha affatto connotazioni negative (definisce le
pratiche che mirano a porsi contro il sistema costituito e a offrire
soluzioni che si appellano alla persona anziché ai partiti tradizionali)
e che l’etimologia della parola “demagogia” è “demos + ago” e cioè,
letteralmente “conduttore del popolo”; sorge qualche dubbio che le
connotazioni negative che diamo alle due parole siano frutto più di una
corrente di pensiero che di una originale descrizione di un fenomeno
negativo.
Detto questo, tuttavia, la cosa interessante è guardare
attentamente alle motivazioni per cui alcuni partiti, personaggi,
movimenti vengono attualmente liquidati con i due termini di cui sopra;
l’impresa non è facile, dato che raramente agli epiteti vengono abbinate
delle spiegazioni; quindi bisogna fare delle ipotesi, delle illazioni.
Si può pensare, per esempio, che in Grecia i partiti (di destra) Alba
d’oro e Greci indipendenti e quelli (di sinistra) del KKe e di Syriza
siano accomunati dal populismo perché, in contrapposizione con le misure
monetariste e di rigore, pensano che la Grecia potrebbe uscire
dall’Euro e non ripagare il proprio debito se non in dracme svalutate.
Oppure che il Movimento 5 Stelle fa della demagogia
perché esplicita che l’appartenenza all’euro può essere messa in
discussione e che si devono abolire i finanziamenti ai partiti, cosa
sulla quale nel 1993 oltre il 90% dei votanti (tutti demagoghi) si
espresse per l’abolizione.
E ancora, è demagogico e populista Hollande perché sostiene che il patto di stabilità si debba rinegoziare e prospetta politiche keynesiane?
Per
dirla imitando il compianto Giorgio Gaber, forse: volere politiche di
rigore anche recessive è democratico, volere politiche di crescita anche
attraverso il debito è demagocico; voler stare nell’Euro a prescindere è
buon governo, considerare di poterne uscire è populista; la patrimoniale è demagogica, l’IMU invece democratica; tagliare gli sprechi e convertirli in spesa pubblica è populista (se lo dice un bocconiano dobbiamo
credergli), mentre è saggia politica tagliare la spesa pubblica (per
esempio le pensioni) e canalizzare il soccorso della BCE agli Stati
attraverso le banche.
L’ammetto, ho sparato nel buio; nel senso
che, mancando qualche seppur minima spiegazione, anche in briciole, del
perché quei partiti, quei movimenti e quelle personalità sarebbero
populisti e demagoghi, ho dovuto inventarmene le ragioni; magari ho
sbagliato di grosso e coloro che liquidano come populisti e demagoghi
fenomeni e persone che infastidiscono pesantemente il quieto vivere dei
nostri sistemi politici e il pensiero mercatista dominante in Europa,
vedono lontano e riconoscono segnali di possibili derive pericolose, al
di là e oltre le idee espresse, che ho parzialmente citato.
Però andrebbe allontanato il sospetto che le accuse di populismo e demagogia siano forme di difesa di una classe un po’ balbettante
che, oltre a pianificare, attuare e appoggiare misure che trovano
sempre meno consenso tra i cittadini dei vari paesi, vuole evitare di
doverne discutere magari, orrore, confrontandosi con tesi opposte;
quindi un pochino di spiegazioni, anche elementari, del perché i vari
Grillo, Hollande, Tsipras, Michaloliakos e tanti altri siano demagoghi e
per di più anche populisti sarebbero benvenute.
Chissà che nei
prossimi giorni non si passi dagli aggettivi alla sostanza, oppure,
meglio, che non si passi invece dagli aggettivi ai confronti sul merito;
perché di questi ultimi abbiamo bisogno; presto e bene.
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