Trentadue
imprenditori suicidi in quattro mesi. Meno di un mutuo su tre ai giovani sotto
i 35 anni. Ma che fine hanno fatto i 255 miliardi che la Banca centrale Europea
ha prestato agli istituti di credito italiani tra dicembre e febbraio,
destinati anche al credito per famiglie e imprese? Per ora ai cittadini non è
arrivato un euro. Chi lo dice? Il governo, se pur giustificando le banche. Ma
andiamo per ordine. Gli obiettivi di Francoforte erano chiari: il
rifinanziamento alle banche, con un’operazione a tre anni che si è svolta in
due tranche (116 miliardi a dicembre e 139 a febbraio), doveva ridurre il
debito pubblico e concedere mutui e prestiti a famiglie e imprese per far
ripartire l’economia. Invece le banche italiane hanno utilizzato questi soldi –
ricevuti al tasso stracciato dell’1per cento – per acquistare titoli di Stato a
tassi molto vantaggiosi, contribuendo alla riduzione dei tassi d’interesse sul
debito pubblico. Contemporaneamente però hanno ridotto l’accesso al credito,
sia nella quantità, sia alzando il costo dei finanziamenti . Il 16 aprile i
deputati Ignazio
Messina e Francesco Barbato (Idv) hanno chiesto, con
un’interrogazione parlamentare, che destinazione avessero avuto i 255 miliardi.
MERCOLEDÌ
scorso, quindi oltre un mese dopo, in Commissione Finanze a Montecitorio il
sottosegretario Vieri Ceriani non ha risposto al quesito sebbene
la Camera avesse già ricevuto gli elementi di risposta dal dicastero di via XX
Settembre, che saranno quindi resi pubblici nella seduta di mercoledì prossimo.
Nel documento è spiegato che “con l’immissione di liquidità da parte della Bce
è stata interrotta la spirale negativa tra aumento dei rischi sovrani,
difficoltà del sistema bancario e peggioramento congiunturale, che nell’ultima
parte del 2011 tendeva ad assumere carattere sistemico. Le tensioni, tuttavia,
sono riemerse in aprile, segnalando l’esistenza di rischi tuttora elevati”.
Tradotto: il pericolo di default è stato solo tamponato. Quindi i soldi sono
serviti per abbassare la pressione su debito e spread . Ma a fronte dei
miglioramenti del primo trimestre dell’anno, il Ministero ammette nella
risposta che “gli intermediari italiani (le banche, ndr) dispongono ora di
risorse liquide per fronteggiare passività in scadenza e per finanziare
l’economia”. I soldi, quindi, non si sono ancora mossi in direzione di famiglie
e imprese. Non solo, “nell’ambito dei sondaggi condotti dalla Banca d’Italia –
spiegano ancora dal Ministero – le maggiori banche hanno manifestato
l’intenzione di impiegare parte dei fondi ottenuti dalla Bce per riavviare il
credito a famiglie e imprese”. Ma come l’intenzione? E gli auspici di rilancio
dell’economia? Sono diventati solo buoni propositi? Com’è noto gli istituti di
credito hanno acquistato titoli di Stato a tassi più alti che permettono un
guadagno sicuro. “Nei primi due mesi di quest’anno – scrive ancora il Ministero
– le banche italiane hanno ripreso ad acquistare titoli pubblici italiani”.
Sebbene “quasi il 60 per cento degli acquisti ha fatto capo a banche piccole e
medie, che hanno ottenuto una quota molto bassa dei finanziamenti erogati dalla
Banca centrale”. Inoltre, i soldi erogati dalla Bce sono stati usati anche per
“rifinanziare l’ingente volume di obbligazioni in scadenza”.
“CI
SONO AZIENDE che, mentre le banche contavano i miliardi guadagnati speculando
sul prestito europeo, hanno dovuto chiudere perché non gli sono stati concessi
mutui di poche migliaia di euro – ha dichiarato il leader Idv, Antonio Di
Pietro – il governo Monti ha il preciso dovere di impedire che il
giochino prosegua. Il minimo che un governo serio possa e debba fare è
garantire che le banche che prendono i soldi per riaprire il credito, poi lo
riaprano davvero: non è certo una vessazione”. Quindi cosa dice il governo? “Le
operazioni della Bce è stata di grandissima saggezza per l’Europa e certo anche
rilevante per l’Italia – dichiarò il ministro per lo Sviluppo Economico, Corrado
Passera, in occasione dell’asta per la seconda tranche di fondi
– il mestiere delle banche è quello di fare credito: se non lo fanno, sono le
prime a non avere i conti economici in ordine”. E ieri l’ex amministratore
delegato di Intesa, che di banche se ne intende, ha chiesto agli istituti di
credito “di fare di più perché in un paese come l’Italia le banche sono molto
collegate all’economia reale e se oggi soffrono è anche per questa ragione”.
Immediata la risposta del presidente di Abi, Giuseppe Mussari:
“L’esortazione del ministro Passera alle banche affinchè facciano di più per
le imprese in genere e per le start-up in particolare è corretta. Lo stesso
governo, però, deve fare di più”. Di sicuro non arriverà un provvedimento
restrittivo da Francoforte: “La Bce non può imporsi sulle istituzioni finanziarie
e sul metodo di utilizzo della liquidità fornita nelle operazioni di politica
monetaria dell’Eurosistema” ha sentenziato Mario Draghi. La
palla torna al governo di Mario Monti. Difficile non immaginare da che parte
starà.
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