Le note politicamente più importanti della settimana non sono state i
pigolii bersaneschi “ho vinto, non ho vinto” e neppure i cigolii dei
carriaggi forzaleghisti in sprofondamento.
Ben più significative di
qualsivoglia rumore risultano le parole del neosindaco Cinquestelle Federico Pizzarotti: “i cittadini di Parma hanno eletto me, non Grillo”. Cui ha fatto
immediatamente seguito la canea delle baccanti in adorazione del Guru
Maximo, pronte a sbranare virtualmente il sospetto apostata.
Parole che evidenziano la sfida incombente per M5S, chiamata autonomia.
Dunque, che cosa possiamo realisticamente attenderci – noi che facciamo
il tifo per la rifondazione democratica dell’Italia, pur rifiutando di
accettare logiche credere-obbedire-combattere – dall’arrivo nel gioco
politico di una consistente pattuglia di nuove entrate. Infatti i
grillini che conosco personalmente (non i fanatici insultanti che si
aggirano nel web al grido di “vaffa”) sono persone per bene e mosse da
un’apprezzabile voglia di fare. Magari più maschietti che fanciulle.
Difatti i Pizzarotti, i Fabbri (sindaco di Comacchio), i Maniero (sindaco di Mira), i Castiglion (sindaco di Sarego) e lo stesso Paolo Putti
(che a Genova sarebbe andato lui al ballottaggio se non ci fosse stato
un passaggio di voti sospetto a favore del candidato Udc), confermano
un’assoluta egemonia di genere tardo patriarcale: la violenza verbale in
uso nel Movimento fa da filtro nell’arruolamento, in quanto
insopportabilmente maschilista?
Sia come sia, la provocazione a
rischio di scomunica immediata di Pizzarotti marca una difficoltà che
emerge proprio dal consistente successo elettorale di M5S: il passaggio
dalla semplificazione alla complessità.
Il Grillismo è figlio legittimo dell’epoca berlusconiana, in cui qualsivoglia argomento veniva deliberatamente banalizzato virandolo a spot, l’analisi si riduceva alla trama elementare di un reality, ogni problema trasformato nella favola consolatoria dell’apritisesamo magico. In fondo è questo il segreto della promopubblicità efficace, che trasforma i destinatari in un gregge infantilizzato.
Il Grillismo è figlio legittimo dell’epoca berlusconiana, in cui qualsivoglia argomento veniva deliberatamente banalizzato virandolo a spot, l’analisi si riduceva alla trama elementare di un reality, ogni problema trasformato nella favola consolatoria dell’apritisesamo magico. In fondo è questo il segreto della promopubblicità efficace, che trasforma i destinatari in un gregge infantilizzato.
Berlusconi ci ha campato per decenni, con vantaggi personali clamorosi. Vendola e Di Pietro si sono conquistati nicchie con le loro “narrazioni” rivolte al proselitismo identitario più acritico. Grillo
ha forzato il meccanismo spingendolo oltre ogni limite precedente;
assicurando a masse estatiche una salvazione a portata di mano, con
ricette talvolta sensate, talaltra del tutto improbabili. Ma sempre
garantendo profeticamente la loro immediata fattibilità semplificatoria:
ricordo di aver assistito a Savona a una sua performance in cui si
prospettava la soluzione del problema energetico grazie ad aquiloni
acchiappafulmini…
Il guaio è che gli eletti di M5S entrati nei
consigli comunali non possono più far ricorso alle formulette
acchiappacitrulli: devono amministrare situazioni difficili; appunto,
complesse. Per questo hanno bisogno di libertà da tutele troppo
stringenti, di imparare a camminare con le loro gambe. Nonostante siano
stati scelti secondo criteri che privilegiano la loro totale
controllabilità.
Il giovane sindaco di Parma dà segno di volersi scrollare di dosso questi vincoli soffocanti ed è subito scandalo.
Il buon Putti (indebolito dal fatto di essere un corpo estraneo al
Movimento: viene dagli ambientalisti) si è subito beccato reprimende a
sganassone quando ha tentato di alzare il capino e dire la sua.
La
questione è capire se questi politici nuovi e di nuovo conio
svolgeranno il compito affidato loro dagli elettori (amministrare un po’
meglio) o se si presteranno a fungere da guastatori in una manovra
all’insegna del “tanto peggio, tanto meglio”.
In attesa delle prossime politiche del 2013. Come – prima ancora del Guru Maximo – sembra pensare il Rasputin di Grillo; quel Gianroberto Casaleggio,
dalla chioma quattrocentesca che sembra dipinta dal Pinturicchio, il
quale ragiona da cinico promopubblicitario: gli interlocutori sono una
massa manipolabile di ragazzini scemi.
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