Il
segno che la situazione stava precipitando gli agenti della questura di
Roma lo hanno avuto l'anno scorso quando, nel corso di un'ispezione a
uno dei tanti compro-oro spuntati un po' ovunque, in mezzo a orologi,
catenine e anelli hanno trovato anche dei denti d'oro. Una sorpresa che
di certo non si aspettavano. «Possiamo fare due ipotesi», spiega Edoardo
Calabria, dirigente del Dipartimento della polizia amministrativa.
«Quella più ottimistica è che si tratta
di un odontotecnico che si è venduto una protesi, nel peggiore dei casi
si tratta invece di qualcuno a cui era morto un parente e si è venduto i
denti d'oro per racimolare un po' di soldi».
Un caso limite? Forse. Di sicuro non ci vuole molto per capire che gli italiani sono sempre più poveri e sempre più disperati. Al punto che, pur senza arrivare al caso estremo di chi si vende i denti del nonno deceduto, una volta finiti i gioielli di famiglia adesso si vendono l'argento, il più povero tra i metalli nobili. «Ormai stiamo raschiando il fondo del barile, con la gente che si vende catenine di pochi grammi, anellini, orecchini di scarso valore», prosegue Calabria. Si dà via di tutto pur di riuscire a raggranellare poche decine di euro, quelle che magari mancano per l'affitto oppure sono necessarie per pagare una bolletta.
Per chi gli effetti che la crisi economica sta provocando li vede dalla strada, probabilmente siamo arrivati a uno dei gradini più bassi della povertà. Quello che ti spinge per l'ennesima volta verso uno dei tanti negozi con la scritta «Compro oro» sorti come funghi in tutte le città d'Italia negli ultimi anni, e che rappresentano la risposta più diretta e immediata per chi - respinto dalle banche e venduto tutto l'oro di cui disponeva - ha bisogno di contanti e subito. Secondo l'Eurispes sono all'incirca 28mila in tutto il Paese, cinque volte di più rispetto a pochi anni fa, e con un giro d'affari valutato in 3 miliardi di euro l'anno. Un settore dove accanto ai professionisti che da sempre svolgono l'attività di compravendita, negli ultimi tempi si sono affiancati negozietti aperti in fretta e furia da chi ha capito che si potevano fare soldi anche con la povertà degli altri. «C'è molta gente improvvisata, che ha visto che questo genere di attività andava bene, ha fiutato l'affare e ha aperto un negozio compro oro, ma non a tutti è andata bene e qualcuno ci ha anche rimesso i soldi», prosegue il dirigente della questura capitolina.
A Roma i negozi che acquistano oro e gioielli sono circa 300, con un aumento del 20% rispetto a soli tre anni fa. Più di 250 tra Bologna, Parma e Piacenza, ma punti vendita spuntano ovunque, a Nord come a Sud, al punto che lo scorso mese di novembre il sindaco di Tradate, nel varesotto, preoccupato dalla proliferazione dei punti di compravendita di oro e dalle possibili infiltrazioni della criminalità organizzata ha emesso un'ordinanza con cui si vieta l'apertura sul territorio comunale di nuovi sportelli. Un business che coinvolge anche la rete, dove si registra un boom di siti specializzati. Ma un tale attivismo non poteva non allarmare il Viminale, preoccupato dalla possibilità che dietro al bancone si possano svolgere attività illegali come ricettazione e riciclaggio, ma anche usura come denunciato poche settimane fa dal ministro degli Interni Anna Maria Cancellieri in commissione Antimafia.
Dietro la decisione di rivolgersi a un compro-oro c'è quasi sempre l'impossibilità di poter accedere a un credito bancario, una scelta obbligata alla quale, sempre secondo l'Eurispes, ha fatto ricorso nel 2011 l'8,5% degli italiani, con le punte massime al Sud (9,8%) e nelle isole (9,9%). Ma prima di arrivare a vendere la cornice d'argento per pochi euro, come accade ora, in genere si è passata al setaccio la casa alla ricerca di cose di valore. C'è chi mette in vendita il Rolex, oppure la catenina della prima comunione, anelli, bracciali, orecchini. Ma c'è anche chi va oltre. Come una donna di Trapani che, dopo aver venduto tutti gli oggetti preziosi, si è presentata a un negozio portando le posate di casa. Ne sa qualcosa Libera, l'associazione di don Ciotti che, insieme alla fondazione «Interesse uomo», ha aperto a Palermo, Modena, Reggio Calabria, Potenza, Latina e Torino altrettanti sportelli per aiutare chi si trova in difficoltà. «Si rivolge a noi chi non riesce più a pagare l'affitto di casa o le bollette, in genere sono pensionati con la minima, o persone di 40, 50 anni che hanno perso il lavoro o sono in cassaintegrazione», spiega Francesco, del centro di ascolto di Palermo. «Nell'ultimo anno sono aumentate almeno del 20%, sono persone considerate a rischio perché ormai hanno una situazione debitoria talmente complessa che nessuna banca darebbe loro un prestito». Dalla fondazione ricevono invece i soldi necessari almeno per risolvere le emergenze più immediate.
«Ma alcuni compro oro funzionano anche come mini Monti di Pietà e sono l'anticamera dell'usura», prosegue Calabria. «Uno si impegna un gioiello a cui tiene per magari per 500 euro, e il mese dopo se vuole riscattarlo ne deve pagare 600». E ultimamente i compro oro sono finiti anche nel mirino della Guardia di finanza. Su 289 punti vendita controllati, le Fiamme gialle hanno scoperto 32 evasori totali, 115 milioni di euro di base imponibile, 47 milioni di imponibile Irap e 37 milioni di euro di Iva evasi al fisco.
Un caso limite? Forse. Di sicuro non ci vuole molto per capire che gli italiani sono sempre più poveri e sempre più disperati. Al punto che, pur senza arrivare al caso estremo di chi si vende i denti del nonno deceduto, una volta finiti i gioielli di famiglia adesso si vendono l'argento, il più povero tra i metalli nobili. «Ormai stiamo raschiando il fondo del barile, con la gente che si vende catenine di pochi grammi, anellini, orecchini di scarso valore», prosegue Calabria. Si dà via di tutto pur di riuscire a raggranellare poche decine di euro, quelle che magari mancano per l'affitto oppure sono necessarie per pagare una bolletta.
Per chi gli effetti che la crisi economica sta provocando li vede dalla strada, probabilmente siamo arrivati a uno dei gradini più bassi della povertà. Quello che ti spinge per l'ennesima volta verso uno dei tanti negozi con la scritta «Compro oro» sorti come funghi in tutte le città d'Italia negli ultimi anni, e che rappresentano la risposta più diretta e immediata per chi - respinto dalle banche e venduto tutto l'oro di cui disponeva - ha bisogno di contanti e subito. Secondo l'Eurispes sono all'incirca 28mila in tutto il Paese, cinque volte di più rispetto a pochi anni fa, e con un giro d'affari valutato in 3 miliardi di euro l'anno. Un settore dove accanto ai professionisti che da sempre svolgono l'attività di compravendita, negli ultimi tempi si sono affiancati negozietti aperti in fretta e furia da chi ha capito che si potevano fare soldi anche con la povertà degli altri. «C'è molta gente improvvisata, che ha visto che questo genere di attività andava bene, ha fiutato l'affare e ha aperto un negozio compro oro, ma non a tutti è andata bene e qualcuno ci ha anche rimesso i soldi», prosegue il dirigente della questura capitolina.
A Roma i negozi che acquistano oro e gioielli sono circa 300, con un aumento del 20% rispetto a soli tre anni fa. Più di 250 tra Bologna, Parma e Piacenza, ma punti vendita spuntano ovunque, a Nord come a Sud, al punto che lo scorso mese di novembre il sindaco di Tradate, nel varesotto, preoccupato dalla proliferazione dei punti di compravendita di oro e dalle possibili infiltrazioni della criminalità organizzata ha emesso un'ordinanza con cui si vieta l'apertura sul territorio comunale di nuovi sportelli. Un business che coinvolge anche la rete, dove si registra un boom di siti specializzati. Ma un tale attivismo non poteva non allarmare il Viminale, preoccupato dalla possibilità che dietro al bancone si possano svolgere attività illegali come ricettazione e riciclaggio, ma anche usura come denunciato poche settimane fa dal ministro degli Interni Anna Maria Cancellieri in commissione Antimafia.
Dietro la decisione di rivolgersi a un compro-oro c'è quasi sempre l'impossibilità di poter accedere a un credito bancario, una scelta obbligata alla quale, sempre secondo l'Eurispes, ha fatto ricorso nel 2011 l'8,5% degli italiani, con le punte massime al Sud (9,8%) e nelle isole (9,9%). Ma prima di arrivare a vendere la cornice d'argento per pochi euro, come accade ora, in genere si è passata al setaccio la casa alla ricerca di cose di valore. C'è chi mette in vendita il Rolex, oppure la catenina della prima comunione, anelli, bracciali, orecchini. Ma c'è anche chi va oltre. Come una donna di Trapani che, dopo aver venduto tutti gli oggetti preziosi, si è presentata a un negozio portando le posate di casa. Ne sa qualcosa Libera, l'associazione di don Ciotti che, insieme alla fondazione «Interesse uomo», ha aperto a Palermo, Modena, Reggio Calabria, Potenza, Latina e Torino altrettanti sportelli per aiutare chi si trova in difficoltà. «Si rivolge a noi chi non riesce più a pagare l'affitto di casa o le bollette, in genere sono pensionati con la minima, o persone di 40, 50 anni che hanno perso il lavoro o sono in cassaintegrazione», spiega Francesco, del centro di ascolto di Palermo. «Nell'ultimo anno sono aumentate almeno del 20%, sono persone considerate a rischio perché ormai hanno una situazione debitoria talmente complessa che nessuna banca darebbe loro un prestito». Dalla fondazione ricevono invece i soldi necessari almeno per risolvere le emergenze più immediate.
«Ma alcuni compro oro funzionano anche come mini Monti di Pietà e sono l'anticamera dell'usura», prosegue Calabria. «Uno si impegna un gioiello a cui tiene per magari per 500 euro, e il mese dopo se vuole riscattarlo ne deve pagare 600». E ultimamente i compro oro sono finiti anche nel mirino della Guardia di finanza. Su 289 punti vendita controllati, le Fiamme gialle hanno scoperto 32 evasori totali, 115 milioni di euro di base imponibile, 47 milioni di imponibile Irap e 37 milioni di euro di Iva evasi al fisco.
di Carlo Lania, Il Manifesto
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