lunedì 7 maggio 2012

Hollande, una speranza per l’Europa e una lezione per la sinistra italiana, di fabio Sabatini, Micromega

Dalla Francia arrivano due buone notizie: la sinistra può vincere le elezioni senza perdere la sua identità. E le ottuse e autolesioniste politiche restrittive dell’alleanza Merkel-Sarkozy (ora rimpiazzata dall’asse Merkel-Monti) non sono inevitabili.
Il programma economico di Hollande ha infatti una marcata identità progressista ed è lontano dalle posizioni – invero assai confuse, mutevoli, frammentate e a volte contraddittorie – espresse finora dal Pd. Al punto che, secondo alcuni osservatori, sconfina a volte nel populismo. Durante la campagna elettorale il nuovo premier francese ha tuonato più volte contro le banche e la finanza mondiale, che ha definito “Il suo vero rivale, quello che non si candida ma che ci governa” e che “Ha preso il controllo delle nostre vite, della nostra società, dei nostri stati”.
A giudicare dal programma e dagli slogan elettorali del Partito socialista, le intenzioni di Hollande sono inequivocabili e promettono sia una forte discontinuità con la politica economica di Sarkozy sia un profondo ripensamento del rapporto con la Germania.
Anzitutto, il nuovo premier vuole risanare i conti e rilanciare crescita e occupazione senza tagli draconiani alla spesa pubblica. Come ha spiegato con chiarezza Emilio Carnevali su MicroMega, nei piani di Hollande l’operazione dovrebbe essere finanziata da un significativo aumento della pressione fiscale. Che non dovrebbe gravare sui soliti noti, come da noi, bensì sui ricchi, le banche e le grandi imprese. Mediante l’introduzione di una aliquota al 45% per i redditi superiori ai 150mila euro, definiti dal premier “la nuova aristocrazia”. Con l’aumento del 15% dell’imposizione sugli utili delle banche. Con la riarticolazione e l’aumento dell’imposizione fiscale sulle società (oggi mediamente tassate al 33%) secondo tre fasce dimensionali. Con l’abolizione della defiscalizzazione delle ore di straordinario decisa da Sarkozy per aggirare la legge sulle 35 ore, di cui Hollande è un convinto sostenitore. Con l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie, peraltro già proposta senza successo anche da Sarkozy, e di una legge contro i paradisi fiscali esteri.
Il programma prevede inoltre un piano straordinario per il lavoro basato su incentivi pubblici per l’assunzione di giovani con contratto a tempo indeterminato e l’interruzione del blocco del turnover nella pubblica amministrazione (che prevede un ingresso ogni due dipendenti in uscita) che consentirà nuove assunzioni nella pubblica istruzione, nella polizia e nella giustizia.
Anche sul piano dei diritti civili le posizioni di Hollande sono un esempio per la sinistra italiana eternamente indecisa a tutto:Proporrò che ogni persona maggiorenne in fase avanzata o terminale di una malattia incurabile che provochi una sofferenza fisica o psicologica insopportabile e che non possa essere calmata, possa domandare, in condizioni precise e ristrette, di beneficiare di un’assistenza medica per terminare la sua vita con dignità”.
Insomma, in un paese normale si possono annunciare tranquillamente misure del genere e poi vincere le elezioni. Senza assistere a un cataclisma politico e mediatico, con imprenditori che annunciano solennemente di voler lasciare il paese (salvo poi restare con la promessa di nuovi privilegi), politici ed editorialisti che paventano l’avvento del comunismo, ed esponenti del clero che lanciano anatemi e maledizioni un giorno sì e l’altro pure. Semplicemente, è il centrosinistra. Che assume responsabilità di governo subito dopo una amministrazione di centrodestra, che magari vincerà invece la prossima tornata elettorale.
Ma è sul piano europeo che le elezioni francesi potrebbero avere conseguenze che ci riguardano più da vicino. Il leader socialista ha promesso l’immediata rinegoziazione del Fiscal Compact, che prevede il pareggio di bilancio come “regola aurea” della politica fiscale degli stati dell’Unione Europea e vieta al rapporto deficit/Pil di superare lo 0,5 per cento (pena una multa pari allo 0,1 per cento del Pil). Per inciso, il Fiscal Compact implica anche l’obbligo di ridurre di un ventesimo all’anno la parte di debito pubblico che supera il 60 per cento del Pil. Una condanna all’austerità permanente per un paese come l’Italia che registra un debito pubblico pari a circa il 120 per cento. Secondo Hollande l’attuale versione del patto è troppo sbilanciata a favore del rigore e rischia di creare una recessione generalizzata per l’Europa.
Qui il confronto con la sinistra italiana è deprimente, se consideriamo che il Pd è stato capace di votare, compatto e senza alcuna consapevolezza, la riforma Berlusconi sull’introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione, che avrà gravi effetti recessivi e regressivi peggiorando ulteriormente e inutilmente la qualità della vita dei più deboli.
Il programma di Hollande contempla inoltre la creazione degli eurobond, ossia titoli di stato unici europei, che consentirebbero di finanziare le misure di crescita e aiutare la periferia d’Europa. Su questi ultimi esiste invero una mozione parlamentare del Pd – la cosiddetta “Mozione Europa”, adottata a larga maggioranza da Camera e Senato nel gennaio scorso – che impegna il governo ad accompagnare il Fiscal Compact con iniziative specifiche di politica economica, come appunto gli eurobond.
È chiaro che la fattibilità e l’efficacia di tali misure sono tutte da valutare. Ma il segnale politico che viene dalla Francia è già molto forte. Sul piano europeo, la linea di Hollande costituisce una speranza per diversi motivi. 1) Contrasta il ruolo egemone che la Germania ha svolto in questi ultimi anni anche grazie alla presenza, al governo dei due suoi più importanti vicini, di nani politici come Berlusconi e Sarkozy. Da oggi per Merkel dovrebbe essere più difficile perseguire la linea mercantilista che ha orientato la politica economica tedesca dalla fine degli anni novanta. 2) Pone uno freno alle politiche di austerità ottuse e autolesioniste che tanto hanno aggravato la crisi europea fino a oggi. 3) Offre una sponda all’azione di Mario Draghi che, alla guida della Banca Centrale Europea, ha mostrato una maggiore flessibilità nell’interpretazione delle cause della crisi e una certa disponibilità a rompere gli schemi del “rigore senza se e senza ma”, al punto di attuare cauti interventi di sostegno dei debiti sovrani periferici. 4) Dà una strigliata agli economisti che predicano autisticamente il rigore (tagli alla spesa, privatizzazioni massicce, smantellamento del welfare) come soluzione ideale di tutti i mali delle società occidentali, nella convinzione che basterà poi l’azione del mercato per garantire il massimo benessere possibile.
Sarebbe fondamentale, per l’Europa e soprattutto per l’Italia, che la Francia trovasse una sponda nella sinistra nostrana, in particolare nel Pd. Che però sembra impegnato in ben altri affari, dalla difesa del finanziamento pubblico ai partiti, alle strategie per evitare le primarie e alla ricerca di alleanze sempre più improbabili con frammenti di quella stessa destra che ci ha portato al disastro economico e sociale di questi giorni.

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