Come al solito il trasformismo politico italiano si scatena
nell’appropriarsi del voto francese, persino di quello greco. Da Bersani
a Ferrara, tutti a dire l’avevamo detto, in Europa bisogna cambiare,
bene la Francia per non finire come la Grecia. Che ridicolo.
Il tradizionale mondo politico italiano, che marcia verso la sua
rovina, ha finora fondato le sue fortune sulla sostanziale indifferenza
programmatica. Così si può dire viva Hollande, ignorando che il nuovo
presidente francese ha nel programma la pensione a 60 anni e il ritiro
immediato dall’Afghanistan, una tassazione del 75% per i redditi sopra
il milione e, ultimo ma non da ultimo, la rinegoziazione dell’accordo
europeo sulla stabilità, cioè sui tagli distruttivi, chiamato fiscal
compact.
In che cosa Bersani attuerebbe il programma di Hollande, continuando a sostenere Monti? A domanda specifica del Corriere della Sera il segretario del Partito democratico si lancia in una delle sue supercazzole e passa ad altro.
Ma se guardiamo il voto greco il segnale è ancora più brutale. I
partiti che sostengono l’austerità, esaltata dal Presidente della
Repubblica italiana e fatta programma di governo da Monti e dalla sua
maggioranza, assieme hanno ottenuto meno del 35%. Prima delle elezioni
avevano il 78%, considerando le astensioni, meno di un terzo della
Grecia è d’accordo con la politica di austerità che ha travolto il
governo Papademos, governo speculare a quello italiano.
Persino nel piccolo e impronunciabile Schleswig Holstein,
l’elettorato tedesco ha detto no alla politica economica dell’austerità e
del rigore, mandando all’opposizione il partito del capo di governo che
incarna e detiene la guida suprema di questa politica, la signora
Angela Merkel.
Insomma, tutta l’Europa si sta ribellando alle politiche di austerità
di bilancio, rigore, competitività estrema e privatizzazioni,
distruzione dei diritti sociali e contrattuali, che sono alla base del
programma economico della Banca centrale europea e dei patti di
stabilità imposti a tutti i principali governi. Già due governi, quello
francese e quello greco, sono saltati. Tocca ora all’Italia. Ma non sarà
semplice se questa volta non ci liberiamo del trasformismo e della
capacità di fingere della nostra casta politica.
Mentre in tutta Europa si discute di fiscal compact, il parlamento
italiano con una grandissima maggioranza, comprendente anche la Lega
Nord, ha approvato quella mostruosità che è il pareggio di bilancio in
Costituzione. Mostruosità richiesta espressamente dal protocollo europeo
e dal governo tedesco. Non c’è stata alcuna discussione al riguardo,
nessun confronto politico, nessun talk show televisivo. In pochi abbiamo
manifestato e sollevato questa questione, conquistando il consenso alla
fine di poche decine di parlamentari. Il 31 maggio invece in Irlanda
saranno addirittura i cittadini, con un referendum, a decidere se
accettare o no le clausole capestro che l’Europa delle banche e della
finanza impone ai popoli.
Insomma, in tutta Europa si discute dell’Europa e la si mette in
discussione nelle sue forme attuali. Solo in Italia il confronto
politico avviene sul niente, anche per colpa di un sistema informativo
che vive anch’esso, come i principali partiti, con la faccia rivolta al
passato. Centrosinistra contro Berlusconi: ma che finzione è? Tutta
l’Europa sta discutendo d’altro e su questo altro si costruiscono voti e
schieramenti politici. Perché l’Italia rientri davvero in Europa è
dunque necessario che il nostro paese si liberi di una casta politica
con gli orologi fermi. Bisogna capire che il governo Monti-Napolitano è
il passato e il disastro, e agire di conseguenza.
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