Indegni d’indossare la divisa. Al di là di ogni retorica, la divisa
di un agente di polizia indica il suo agire in nome della collettività,
del rispetto delle istituzioni e delle leggi. Gli iscritti a un
sindacatucolo di polizia che ancora ieri hanno manifestato sotto casa di
Patrizia Aldrovandi non rappresentano il sentire di una società che è
rispettosa verso le vittime e che è densa di quella pietas e di quel
senso di giustizia che fanno sì che una madre non debba essere costretta
a mostrare la foto del figlio morto, ucciso da alcuni agenti, per
difendere se stessa dagli attacchi verbali e suo figlio dagli attacchi
al suo ricordo.
Non rappresentano il rispetto delle leggi e della Costituzione, che
vuole che una sentenza passata in giudicato debba essere semplicemente
accolta e debba esserlo in primo luogo da chi svolge una funzione
pubblica di tutela del bene collettivo.
Non rappresentano il rispetto delle istituzioni chiamate – come è stato il caso del sindaco ferrarese – a dover intervenire per tutelare una propria cittadina, vittima e aggredita dal presunto branco di supporto degli aguzzini di suo figlio. Non rappresentano la tradizione di un paese che è risorto dopo aver sconfitto la cultura squadrista che quella manifestazione esprime.
Ogni persona civile di questo paese si attende provvedimenti. Pretende che si accerti se la manifestazione era stata autorizzata e che, nel caso, il questore spieghi come sia stato possibile autorizzare una manifestazione in quel luogo, sotto quella sede. Ci si attende che il ministro degli Interni trovi le parole giuste per condannare senza minimizzare quanto avvenuto. Altrimenti il rischio di una complicità culturale altrettanto – e forse più – dannosa di quella materiale, diventerà certezza.
Non rappresentano il rispetto delle istituzioni chiamate – come è stato il caso del sindaco ferrarese – a dover intervenire per tutelare una propria cittadina, vittima e aggredita dal presunto branco di supporto degli aguzzini di suo figlio. Non rappresentano la tradizione di un paese che è risorto dopo aver sconfitto la cultura squadrista che quella manifestazione esprime.
Ogni persona civile di questo paese si attende provvedimenti. Pretende che si accerti se la manifestazione era stata autorizzata e che, nel caso, il questore spieghi come sia stato possibile autorizzare una manifestazione in quel luogo, sotto quella sede. Ci si attende che il ministro degli Interni trovi le parole giuste per condannare senza minimizzare quanto avvenuto. Altrimenti il rischio di una complicità culturale altrettanto – e forse più – dannosa di quella materiale, diventerà certezza.
il manifesto 28 marzo 2013
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