sabato 2 marzo 2013

Porcellum: attrazione fatale

Tutti dicono che è necessario "almeno cambiare la legge elettorale". Ma una cosa è certa: ammazzare il Porcellum dispiace.  
di Cinzia Gubbini, Popoff.globalist.it

Mentre si cerca di capire se e come (e soprattutto perché) nascerà un nuovo governo dopo il controverso verdetto delle urne, su una affermazione sembrano tutti d'accordo: "comunque bisogna cambiare la legge elettorale, mica si vorrà votare ancora con quell'obbrobrio del Porcellum "?
Ma è sicuro? Inutile andare a caccia in questi giorni di dichiarazioni che ammettano una cosa: la legge 270 del 2005, il Porcellum appunto, fa comodo a tutti, oggi più che mai, a scapito del risultato consegnato al Senato. O meglio, l'ideale per le attuali coalizioni sarebbe correggere un pochettino il gioco del premio di maggioranza per il Senato - assegnato secondo la legge attuale, (ingiustamente) attribuita al leghista Calderoli, regione per regione. Perché il nocciolo del Porcellum, che assegna un mega premio di maggioranza alla prima coalizione, invece è ciò su cui hanno scientemente scommesso prima di tutto il Pd, ma anche il Pdl. Il Pd per il premio di maggioranza della Camera, il Pdl per quello al Senato che gli ha permesso di essere comunque in gioco. D'altronde lo aveva detto lo stesso Calderoli: "E il maiale visse felice e contento...", commentando il fatto che - nonostante il pressing del presidente del Consiglio Monti e del presidente della Repubblica Napolitano - la "grosse koalition" che ha dato la fiducia al governo Monti nell'ultimo scorcio della scorsa legislatura non è riuscita a mettersi d'accordo sulla riforma elettorale.
Che ne pensano i grillini?
Ovviamente visto l'esito delle elezioni politiche fondamentale è sapere quale sia l'idea dei grillini sul sistema elettorale. Il Porcellum l'hanno sempre contestato, ma un chiaro indirizzo sul sistema elettorale non è mai emerso dai dibattiti del Movimento 5 Stelle. O meglio: proprio nel 2012 ci fu un sondaggio tra la base del movimento su una questione di base: proporzionale o maggioritario? Emerse che il maggioritario era il sistema preferito (39%), Il proporzionale aveva incassato il 30%, il misto il 19% e poi c'era un 12% che aveva indicato "altri sistemi elettorali". Praticamente tutti erano a favore, ça va sans dire, di un referendum sulla attuale legge. Sicuramente il M5S, nato in un paese a sistema maggioritario, ne ha assunto almeno una caratteristica: quella del leader che dà il nome anche alla lista. Tuttavia visto il loro programma e l'essenza del loro messaggio (uno vale uno) dovrebbero essere per un sistema proporzionale. Ma al Movimento converrebbe? Visti i risultati, non molto. Ammesso che alle prossime elezioni il M5S abbia un'ulteriore crescita - cosa senz'altro probabile - difficilmente arriverà al 51%. E quindi in un sistema proporzionale il M5S sarebbe comunque chiamato a un'alleanza. Ma loro di alleanze non ne fanno. Paradossalmente, quindi, è proprio la presenza di un singolo partito così forte, ma "nemico" del resto dell'arco costituzionale a mettere probabilmente una pietra tombale sopra a un ritorno al proporzionale, che pure viene auspicato dalla sinistra radicale e anche da una parte della base del M5S.
La chimera del maggioritario.
Eppure il rompicapo continua. I risultati delle elezioni si sono curati di dimostrare che l'Italia è una pese inguaribilmente proporzionalista. In dieci anni di "cura maggioritaria" - dal referendum del '93 - gli elettori hanno sicuramente capito il meccanismo, e quindi tendono a polizzarsi verso le grandi coalizioni (Sel-Pd e Pdl-Lega hanno comunque raccolto il maggior numero di voti). Ma a dimostrare che le braghe del maggioritario stanno strette al paese, oltre al boom grillino c'è pure l'affermazione della lista Scelta Civica: il risultato è deludente, però non va sottovalutato il salto fatto da un progetto politico nato solo due mesi fa e sotto l'egida del professor Monti, che certo non è il più amato dagli italiani.
La proposta del Movimento Cinque Stelle
I giovani grillini hanno già depositato una proposta di legge. Anzi, è stato il loro primo "sforzo istituzionale" ed è stato frutto del famoso V-Day dell'8 settembre 2007. Quella giornata è considerata la pietra fondante del Movimento 5 Stelle: ebbene i grillini nascono proprio per portare una modifica al sistema elettorale. A leggerla, però, quella proposta è deludente visti i grandi temi sul tavolo: proponevano di impedire la candidatura alle persone inquisite e chiedevano il ripristino della preferenza in lista. Stop. Un po' pochino. Qui il problema è: maggioritario o proporzionale? Doppio turno, o no? Uninominale o preferenza? Quale metodo di calcolo per l'assegnazione dei seggi? E come disegnare i collegi? Quale soglia per l'accesso al parlamento? Premio di maggioranza sì o no? Alle coalizioni o ai partiti?
La proposta del Pd
A ripensare oggi a tutte le diatribe prima del voto sulle proposte di legge elettorale viene proprio da ridere. In pratica si è discusso principalmente del premio di maggioranza. A quale soglia dovesse scattare. Il Pd lo voleva al 40%, o al massimo al 42%. L'iniziale bozza Malan - centrodestra - prevedeva addirittura il raggiungimento del premio al 45%.
Il fatto è che si rifletteva sulla base dei sondaggi di allora, e tutti davano il Pd almeno al 37-38%. Per questo il Partito Democratico insisteva comunque sull'assegnazione di una "appendice" di premio (il 10%) alla coalizione più votata. "Il sistema elettorale deve garantire che la sera in cui si è votato si sabbia subito chi governa", diceva Bersani. Parole profetiche, a ripensarci oggi.
Eppure tutte le soluzioni proposte dal Pd durante le infinite riunioni della Commissione affari costituzionali non avrebbero potuto risolvere la situazione attuale. Cosa proponeva il Pd? La proposta più compiuta - poi ci sono stati vari stadi di compromesso - prevedeva innanzitutto la creazione di un Senato federale e il superamento del "bicameralismo perfetto". Quindi: niente più Senato e Camera uguali. Inoltre il Pd voleva un doppio turno (alla francese quindi con un "ballottaggio" tra i candidati più votati) nei collegi uninominali. Il Senato sarebbe stato espressione del radicamento delle forze politiche nelle singole regioni, e si sarebbe occupato di dare una rappresentanza al modello federale stabilito dal Titolo V della Costituzione: avrebbe rappresentato il luogo istituzionale nazionale in cui far convergere, dialogare e legiferare Stato e Regioni. Va da sé che a livello di rappresentatività nazionale a quel punto il Senato federale avrebbe avuto molta meno importanza. In soldoni: un Senato spaccato come quello attuale non avrebbe costretto il Pd a cercare il voto di fiducia. Anche in altri paesi (Usa, per esempio) i presidenti hanno una solida maggioranza in una Camera ma non in un'altra. Il vero peso, la vera vittoria si sarebbe quindi giocata alla Camera.
Il fascino del Porcellum
A dirla tutta al Pd - e non solo al Pd - non fa schifo la drastica soluzione del Procellum: la coalizione che vince becca tutto, ma proprio tutto. Le elezioni 2013 si sono date anche il compito di mostrare sfacciatamente quale stortura democratica rappresenti il Procellum: Pd-Sel con solo lo 0,4% in più rispetto al Popolo delle Libertà alla Lega e a Fratelli d'Italia hanno ottenuto 340 seggi. Una maggioranza solidissima (la maggioranza "tecnica" è di 317 deputati). Al centrodestra ne vanno solo 124. Grillo porterà solo 108 persone a Montecitorio, ed guida il partito più votato. Il M5S ha ottenuto lo 0,14 in più rispetto al Pd, ma quest'ultimo avrà una batteria di 292 deputati. Scandaloso? Certo, lo dicono tutti. Però, alla fine, che sarebbe successo se non ci fosse stato il Porcellum? Neanche si poteva discutere dell'idea di proporre un "governo di minoranza". Bene o male, invece, grazie al Porcellum il Pd può provare a dettare legge - chiaro che i risultati sono stati così bassi da permettere un gioco strettissimo.
Basta però ragionare a parti inverse per capire che se il Pd non disdegna la legge Calderoli, lo stesso discorso potrebbe valere anche per gli altri: il M5S che con un 5% in più sopravanzerebbe la coalizione Sel-Pd. Al Pdl sarebbe bastato un misero 0,4% in più per "papparsi" la maggioranza. Insomma, si è trattato di una "gara" vinta al fotofinish. Ciascuno dei contendenti potrebbe risultare primo alle prossime elezioni.
L'eterna diatriba: maggioritario o proporzionale?
Fa comodo a tutti, ma fino a un certo punto.Intanto non fa comodo, e per niente, a liste come quella di Mario Monti che con questo sistema possono far valere molto poco il loro peso e devono rinunciare a fare l' ago della bilancia. E tutto sommato, sotto sotto, fa poco comodo anche al Pdl.
E' vero che la destra storicamente è più coesa, quindi tende verso leggi improntate al maggioritario che favoriscono le "coagulazioni" tra partiti e quindi le coalizioni. Ma non è un caso che verso novembre sembrava che Berlusconi si fosse riscoperto improvvisamente proporzionalista. E come sempre ci aveva visto lungo: se fossimo stati di fronte a un sistema proporzionale, intanto lo scarto minimo tra centrodestra e centrosinistra sarebbe ancora motivo di discussione - mentre con l'assegnazione schiacciante dei parlamentari al centrosinistra praticamente non se ne parla più, les jeux son faits. Inoltre il sistema proporzionale spinge in modo più deciso verso i governi di larghe intese. Chiaro, si parla di fantascienza, impossibile fare una proiezione su cosa sarebbe accaduto se si fosse tornati a un sistema proporzionale, prima di tutto perché probabilmente - molto probabilmente - non ci sarebbe stata una alleanza Sel-Pd. La sinistra, storicamente, ha delle "ali" che tendono maggiormente all'autodeterminazione.
Preferenze: maggiore rappresentatività o maggiore corruzione?
Poi c'è il nodo delle preferenze. Qui non c'è dubbio: i grillini sono per il ritorno al sistema della preferenza. Come Berlusconi e il Pdl. Preferenze che, attenzione, non sono state eliminate nel 2005 dal Porcellum, bensì dopo l'approvazione del maggioritario. Il Pd no, o almeno non una parte del Pd quella a vocazione strettamente maggioritaria. C'è poco da fare: i sistemi proporzionali prevedono le preferenze (in genere l'elettore può scegliere più di un candidato, fino al '93 ne potevamo scegliere 4). I sistemi maggioritari no. Per mitigare lo strapotere delle segreterie di partito evidentissimo nel sistema attuale (che si chiama a liste bloccate) in molti propongono le primarie dei candidati. Il Pd ha sempre sostenuto che le preferenze favoriscono la corruzione, alzano i costi della politica e favoriscono chi ha più soldi per farsi conoscere. Meglio i collegi , semmai solo con una parte dei seggi assegnati in base alle preferenze. Ma questa posizione, poco comprensibile per il singolo cittadino, ha sempre rischiato di far passare il Pd per il partito che voleva tenersi il Porcellum (che un po' è pure vero ma, come visto, vale per tutti).
I bachi del sistema
Infine last but not least c'è il problema di quale calcolo viene adottato per assegnare i seggi. Questa è roba da fini matematici. Secondo diversi esperti il Porcellum oltre alle evidenti storture è pure sbagliato sotto il profilo delle leggi matematiche e al Senato può addirittura arrivare a togliere seggi alla coalizione vincente (lo segnalò in un bell'articolo del 2007 su il manifesto Luca Tancredi Barone). Ma analoghi "bachi" erano pure presenti nel Mattaerellum e nell'intricatissimo meccanismo dello scorporo.
Una storia (in)finita
In definitiva: si dice sempre che una buona legge elettorale dovrebbe garantire stabilità e rappresentatività. Ma, come spiega spesso il politologo Giovanni Sartori, queste sono cose che non possono essere ottenute solo attraverso un meccanismo elettorale. Di mezzo c'è la politica. Il sistema proporzionale, che da noi viene ritenuto pessimo perché comporterebbe la frammentazione in partitini (eppure fino agli anni '80 l'Italia è stata un paese sostanzialmente bipolare con Dc e Pci a farla da padroni) in altri paesi esiste e convive con una politica bipolare: succede in Belgio, Danimarca, Olanda, Norvegia, Austria, Svezia (alcuni di questi paesi hanno introdotto dei correttivi). Dobbiamo difendere la rappresentatività? Le elezioni ci hanno dimostrato che il nostro paese è quadri partito. Grosso modo il 25% vota per il centrosinistra, il 25% per il centrodestra, il 25% per il Movimento 5 Stelle e il 25% si astiene. Come si mettono d'accordo queste quattro teste? Allora il premio di maggioranza diventa davvero l'unica soluzione per ottenere, almeno, stabilità. Bisogna pero' ricordare che la Corte Costituzionale nel lontano 2008 ha criticato un sistema che non assegna un numero preciso di seggi ancorati a una certa percentuale di voto. Ma si può scrivere nero su bianco che con il 25% si governa con una schiacciante maggioranza? Difficile. Alla fine, nella sua diabolica struttura, il Porcellum rispecchia l'Italia. E mai nome fu più azzeccato.

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