giovedì 4 aprile 2013

INPS AL COLLASSO. ADDIO PENSIONI: SE NE ACCORGE - E LO NASCONDE - ANCHE REPUBBLICA

REPUBBLICA

 
 
FONTE: ILRIBELLE.COM

La Repubblica mette ieri nelle pagine interne questa notizia, molto interne, il primo quotidiano on-line d'Italia per numero di accessi e diffusione. Il titolo è emblematico "L'INPS è quasi al collasso", e le parole dello stringato articoletto, ripreso con un copia-incolla da Teleborsa, che la Repubblica inserisce all'interno della sezione "Economia & Finanza - con Bloomberg" sul suo sito, non possono essere fraintese.

Eccole:

L'INPS si avvicina al collasso, se non ora, potrebbe accadere nel giro di pochi anni, quando gli attuali lavoratori e futuri pensionati arriveranno a maturare legittimamente il proprio diritto. Che i giovani siano destinati a non percepire mai una pensione è cosa risaputa, ma questa volta non si tratta di un'affermazione pour parler. 
Il Patrimonio dell'INPS, che a fine 2011 vantava ben 41 miliardi di euro di attivo, si porterà a fine 2013 ad appena 15 miliardi, secondo i dati forniti dal Consiglio di Indirizzo e Vigilanza.  
Una situazione che riflette principalmente due eventi: la fusione INPS-Inpdap avvenuta nel 2012; i mancati pagamenti dei contributi in ambito pubblico. Insomma, i dati certificano che quel matrimonio non si doveva proprio fare... ( qui la pagina originale)
Il primo, motivo principale di questo calo del patrimonio, è relativo alla fusione recente di Inpdap e Inps, cioè il fatto che il sistema pensionistico del settore pubblico sia stato fatto confluire all'interno di quello del settore privato (operazione datata appunto 2012). La fusione di questi due enti era stata prevista trionfalmente, comunicando che, per via dei tagli alle spese che tale operazione avrebbe comportato si sarebbero risparmiate alcune centinaia di milioni di euro. Cosa puntualmente ancora non verificata, visto che sia la prevista gestione unica degli immobili dei due enti sia la razionalizzazione del personale è ancora di là dal venire.
Nel frattempo, però, questo matrimonio ha portato in dote al sistema pensionistico del settore privato oltre 10 miliardi di rosso, contribuendo ad affossare ancora di più le riserve originarie dell'Inps conteggiate a fine 2011.
Lo Stato moroso

Il secondo dato allarmante contiene una riflessione interessante, visto che, come si dice, a pensar male si fa peccato ma spesso ci si prende. Dunque, il grande buco dell'Inpdap - che, ribadiamo, era l'ente pensionistico dei dipendenti del settore pubblico - dipende direttamente da un elemento chiave: le pubbliche amministrazioni, da tempo e in modo diffuso, non stanno pagando del tutto i contributi pensionistici dovuti dei propri dipendenti. Si tratta di una somma stimata in circa 30 miliardi, che grava ovviamente sul bilancio già fortemente compromesso dello Stato ma che, attenzione, non è ancora stato messo agli atti, visto che proprio mediante la fusione con l'Inps è stato, per il momento, occultato.
Ora, già il fatto che le amministrazioni pubbliche non stiano versando tutti i contributi dei dipendenti, cioè che lo Stato sia moroso verso se stesso e i suoi dipendenti, è cosa che dovrebbe chiarire da sola la situazione generale. Ma che ora - ed eccoci alla riflessione poco ortodossa accennata poc'anzi - vi sia stata questa misura di accorpamento tra Inpdap e Inps fa venire più di qualche dubbio. È come se - meglio: è - lo Stato avesse scelto di prendere un proprio ente in forte deficit (nel quale da una parte doveva far confluire alcune proprie spese, cioè i contributi dei dipendenti, e dall'altra far uscire altre spese, cioè l'erogazione delle pensioni) e lo avesse inserito, come un cavallo di troia malefico, nell'altro ente (l'Inps) in cui sono i privati a far confluire i propri contributi per unire il tutto in un calderone, prossimo al collasso, sul quale far gravare un fallimento complessivo. Tra un po', in altre parole, siccome l'Inps, con il patrimonio così drasticamente intaccato e con i conti tendenziali in rosso, non potrà più erogare le pensioni, si prenderà atto della cosa dimenticandosi che buona parte di questo scenario catastrofico dipende proprio dai mancati versamenti del settore pubblico.
Al di là della definizione utilizzata, "pour parler", che lasciamo commentare ai lettori, nell'articoletto si legge senza mezzi termini che il fatto che "giovani siano destinati a non percepire mai una pensione è cosa risaputa". Risaputa da chi non è dato conoscere, visto che se veramente così fosse allora forse si vedrebbero davvero rivoluzioni di piazza. Ma ben oltre i meri dati, che avevamo dato giorni addietro qui sul Ribelle e che ci sono costati su vari siti, mediante i commenti, l'appellativo di "terroristi dell'informazione", il dato che emerge da questa operazione, cioè il posizionamento molto interno e nascosto di una notizia del genere, conferma, ove ce ne fosse bisogno, l'assoluta inadeguatezza, incapacità e connivenza dei media di massa.
In altre parole, un tema enorme come questo, secondo la Repubblica, non merita la prima pagina. Almeno non ora, quando cioè ci sarebbe bisogno di parlarne e di prendere misure d'urgenza. Magari più in là, a bubbone esploso, ci si faranno paginate di indignazione e raccolte di firme. Ma per ora, a livello informativo, divulgativo ed esplicativo, così come dovrebbe essere, il nulla di nulla. 
Eppure il fatto che la cosa sia stata pubblicata anche sull'autorevole quotidiano nazionale dimostra almeno due cose, se non tre. La prima è che la notizia è certa. La seconda è che a questo punto è chiaro che sono molto più autorevoli i siti indipendenti rispetto a quelli che "dipendono" dalla politica e dalla finanza. La terza, purtroppo, è che sperare di vedere prendere coscienza del reale stato di crollo del nostro Stato da parte dell'opinione pubblica che si informa su tali media è una illusione che almeno qui non possiamo minimamente coltivare. Con tutto quello che ne consegue.
 

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