martedì 9 aprile 2013

PORTE GIREVOLI di Dino Greco, Liberazione.it




Ora Vendola vuole entrare nel Pd. Non è un'annessione - dice - ma così sono finite tutte le strategie "entriste" di gruppi e gruppetti che volevano "redimere" la sinistra moderata. Ora ci prova Sel: sotto la stella di Renzi e dell'alleanza col Pdl?
La parabola politica di Nichi Vendola, iniziata a Chianciano nel 2008, sta giungendo all’approdo che i più lungimiranti avevano previsto: la confluenza nel Partito democratico. Lì, e prima ancora nel Pds, e in seguito nei Ds, si sono mestamente concluse tutte le avventure “entriste” di gruppi e gruppetti animati (a parole) da intenti trasformativi della “sinistra moderata”. I transfughi hanno tuttavia presto abbandonato ogni velleità per accomodarsi silenziosamente nelle nicchie loro consentite. Di loro si sono perse le tracce e persino le biografie. Vendola, che già aveva spezzato una lancia in favore del Pse, spiegherà che si tratta di un progetto “alto”, di un nuovo atto costituente, non di una capitolazione o di una assimilazione di Sel al calderone democratico. Per ironia della sorte, questa nuova impresa rischia di nascere sotto la stella di Renzi e di un accordo di governo, comunque condito o mascherato, con il Pdl: un esordio carico di futuro… Noi continuiamo a pensare che sia aperto, a sinistra, un grande spazio di iniziativa politica e sociale. L’aggravarsi della crisi e il suo carattere sistemico confermano un vistoso limite di egemonia delle classi dominanti, che questa volta faticano a rilanciare il paradigma economico-sociale capitalistico. Ma questo non basta ad aprire strade nuove. Le strade nuove bisogna innanzitutto saperle vedere, indicarle, suscitare un dibattito pubblico persuasivo, costruire una soggettività politica plurale sulle cui gambe farle crescere e camminare. Il Prc deve fare tesoro dei non lievi errori sin qui compiuti, per liberarsi dei ritardi accumulati, delle forme acerbe o introflesse che ingessano la vita di partito e ne ostacolano il radicamento sociale, dell’attitudine verticistica di concepire la politica delle alleanze come pratica pattizia fra autoreferenziali stati maggiori. Anche in Italia è possibile costruire una sinistra di classe, forte di una sua massa critica, nient’affatto residuale o affetta da sindrome minoritaria. Si usi la sconfitta elettorale come scossa utile a superare vizi burocratici paralizzanti, non per cedere ad impulsi suicidiari, magari mascherati da finte dichiarazioni di resurrezione.

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