lunedì 3 novembre 2014

Solidarietà internazionale decisiva per le sorti del popolo kurdo di Paolo Ferrero, Il Manifesto


Solidarietà internazionale decisiva per le sorti del popolo kurdo
Oggi è la gior­nata di mobi­li­ta­zione inter­na­zio­nale a soste­gno della resi­stenza di Kobane del popolo kurdo. Que­sta gior­nata è par­ti­co­lar­mente attesa dalla popo­la­zione e dai pro­fu­ghi kurdi che ho avuto modo di incon­trare nei giorni scorsi con una dele­ga­zione della Sini­stra Euro­pea con cui siamo andati nella zona di Kobane.
Vi è infatti nel Kur­di­stan una grande con­sa­pe­vo­lezza sul fatto che que­ste set­ti­mane sono impor­tan­tis­sime per il futuro del popolo kurdo. Deci­sivi sono gli esiti della bat­ta­glia di Kobane così come la mobi­li­ta­zione inter­na­zio­nale è fon­da­men­tale per obbli­gare la Tur­chia ad aprire la fron­tiera con Kobane, sia a fini uma­ni­tari che per rifor­nire anche di armi pesanti i par­ti­giani kurdi che fron­teg­giano l’Isis.
La bat­ta­glia di Kobane e la nostra mobi­li­ta­zione inter­na­zio­nale sono quindi pro­fon­da­mente intrec­ciate: più forte è la mobi­li­ta­zione, più la Tur­chia deve tenerne conto per­met­tendo i rifor­ni­menti per le mili­zie popo­lari delle Ypg/Ypj.
Discu­tendo con i kurdi due sono gli ele­menti che bal­zano agli occhi.
In primo luogo, che l’Isis è stato forag­giato, armato e soste­nuto dalle potenze dell’area legate agli Usa in fun­zione anti Assad. Solo quando l’Isis ha mostrato il suo volto più aper­ta­mente cri­mi­nale gli Usa hanno preso le distanze, ma que­sto non è avve­nuto da parte del governo Turco che con­ti­nua a soste­nere nei fatti l’Isis. L’Isis non è spun­tato dal nulla ma è il frutto della poli­tica della Tur­chia, degli Usa e dei suoi alleati in Iraq e in Siria. Anche per que­sto la bat­ta­glia di Kobane, seguita fisi­ca­mente da migliaia di kurdi assie­pati al con­fine con la Siria ed impe­diti a dare man­forte ai pro­pri fra­telli ed alle pro­prie sorelle dai tank dell’esercito Turco, non è solo un fatto mili­tare ma è un grande fatto poli­tico, di cui è par­te­cipe tutto il popolo kurdo.
In secondo luogo emerge l’enorme impor­tanza poli­tica della lotta del popolo kurdo per il futuro di tutta la regione. I kurdi in Tur­chia come in Siria – dove è ege­mone il Pkk di Oca­lan – sono pro­ta­go­ni­sti di un pro­cesso di cam­bia­mento poli­tico e cul­tu­rale enorme che coin­volge il com­plesso delle popo­la­zioni com­prese nelle aree dove i kurdi sono mag­gio­ranza. L’autogoverno delle aree siriane – la Rojava – come di quelle in Tur­chia ha dato luogo ad un vero e pro­prio pro­cesso di tra­sfor­ma­zione sociale basato sull’autogoverno delle comu­nità, sulla par­te­ci­pa­zione popo­lare, sul rispetto delle dif­fe­renze etni­che e reli­giose, sulla parità tra uomini e donne. Ogni carica pub­blica api­cale è sdop­piata: un uomo e una donna. In un’area geo­po­li­tica in cui i poten­tati regio­nali e gli Usa ten­dono a spez­zet­tare l’area in realtà sta­tuali fon­dati su con­fini etnici e reli­giosi, rigo­ro­sa­mente anti­de­mo­cra­ti­che e patriar­cali, i kurdi hanno con­cre­ta­mente costruito una alter­na­tiva basata sull’autogoverno popo­lare. Le unità di auto­di­fesa popo­lare delle comu­nità kurde in Siria sono com­po­ste da uomini e donne che hanno diverse reli­gioni e che sono di diversi gruppi etnici. I kurdi sono nel mirino dell’Isis e dei Tur­chi pro­prio per­ché costi­tui­scono un modello di orga­niz­za­zione sociale anti­te­tico a quello dei nazi­sti dell’Isis e dei sogni impe­riali del pre­mier Turco Erdogan.
I kurdi, sono por­ta­tori di una poli­tica di pace, di una vera e pro­pria alter­na­tiva di società: non sono un gruppo in guerra tra gli altri ma hanno trac­ciato la strada di una alter­na­tiva pos­si­bile, di una solu­zione popo­lare, demo­cra­tica e paci­fica. Il socia­li­smo del XXI secolo non vive solo in Ame­rica Latina ma anche nella lotta e nella pra­tica del popolo kurdo; anche per que­sto gli Usa e l’Unione Euro­pea hanno messo sulla lista delle orga­niz­za­zioni ter­ro­ri­sti­che il Pkk del com­pa­gno Ocalan.
In que­sto con­te­sto 3 sono i ter­reni di ini­zia­tiva che i com­pa­gni e le com­pa­gne kurde mi hanno rap­pre­sen­tato con mag­gior forza.
In primo luogo la richie­sta che la Tur­chia apra la fron­tiera con Kobane a fini uma­ni­tari e per per­met­tere il rifor­ni­mento delle mili­zie popolari .
In secondo luogo la richie­sta al governo ita­liano e all’Unione Euro­pea di togliere il Pkk dalla lista delle orga­niz­za­zioni terroristiche.
In terzo luogo la richie­sta all’Italia e all’Unione Euro­pea di un imme­diato inter­vento uma­ni­ta­rio a favore della popo­la­zione kurda. Nella gene­rale emer­genza uma­ni­ta­ria dovuta alla guerra in Siria, i pro­fu­ghi curdi, che sono scap­pati dalla Siria in Tur­chia sotto l’incalzare dell’offensiva mili­tare dei nazi­sti dell’Isis, sono pale­se­mente discri­mi­nati dal governo Turco. Nella sola area di Suruc vi sono un paio di cen­ti­naia di migliaia di pro­fu­ghi curdi e di que­sti meno di 7000 sono assi­stiti dal governo kurdo. Per tutti gli altri il peso dell’accoglienza per quanto riguarda il cibo, il vestia­rio, le cure medi­che, l’alloggiamento, la scuola è sulle spalle della popo­la­zione curda che vive in Tur­chia e delle muni­ci­pa­lità curde della zona. Que­sta acco­glienza popo­lare, fatta di una gene­ro­sità com­mo­vente – impen­sa­bile per la nuova antro­po­lo­gia neo­li­be­ri­sta che domina il deva­stato pano­rama ita­liano – ma certo non è suf­fi­ciente. La scar­sità di medici, medi­ci­nali, viveri, abiti e quant’altro si possa imma­gi­nare alle soglie dell’inverno non è risol­vi­bile da parte di muni­ci­pa­lità che hanno visto nel giro di qual­che mese rad­dop­piare la popo­la­zione sul loro ter­ri­to­rio. Vi è quindi un’emergenza uma­ni­ta­ria che è resa più grave dal fatto che il governo turco non solo se ne lava le mani ma che que­sti è anche il refe­rente natu­rale per gli altri stati e per le agen­zie inter­na­zio­nali. Il governo turco non solo non fa nulla di buono ma costi­tui­sce anche un pesante osta­colo agli inter­venti uma­ni­tari esterni. L’organizzazione di un canale di inter­vento uma­ni­ta­rio che abbia come punto di rife­ri­mento le muni­ci­pa­lità curde della zona, bypas­sando il governo cen­trale, è quindi un com­pito non rinviabile.
Spero in que­ste poche righe di aver dato conto dell’essenziale: i curdi sono per­se­gui­tati per­ché per­se­guono una stra­te­gia demo­cra­tica e socia­li­sta. Per lo stesso motivo e con la stessa deter­mi­na­zione è un nostro dovere morale e poli­tico soste­nerli. Fino in fondo.

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