giovedì 20 novembre 2014

DOMENICA VADO A VOTARE di Mauro Zani, ex segretario regionale PDS - DS

Domenica vado a votare.
Non era scontato.
Non per me.
In una delle rare occasioni pubbliche cui partecipai qualche mese addietro obiettai che tener in campo una lista sub-specie Tsipras alle regionali presentava ostacoli notevoli.
Intanto era già chiaro , almeno a me, che Sel non ci sarebbe stata.
I vecchi partiti ragionano in termini di potere, anche quand’esso è, in verità, assai poco.
E poi la stessa dimensione regionale mal si prestava ad una campagna elettorale da parte di qualsiasi outsider di sinistra.
Personalmente non ritengo che si possa considerare il governo della regione, puramente e semplicemente come malgoverno.
Non mi piace la propaganda a buon mercato.
Tanto per dirne una.
Non malgoverno in senso proprio.
Piuttosto una tranquilla amministrazione e mediazione tra interessi diversi ma – secondo lo spirito di un tempo trapassato- sempre componibili.
Da qui la difficoltà.
Di fronte all’idea stessa di sperimentare la possibilità di far crescere una nuova e moderna sinistra resta ancora in piedi, in Emilia- Romagna, un blocco conformistico congelato in un’era geologica remota ma tuttavia ancora capace di far appello inerziale alla ragion di un partito che non c’è più.
Non c’è più almeno da quando è nato il PD: il partito unico della nazione, artefice di una vera e propria svolta a-democratica tramite il combinato disposto di legge elettorale e riforma istituzionale.
Un partito che nega radicalmente il valore intrinseco della rappresentanza in favore di una sempre malandrina governabilità.
E’ la post democrazia che avanza ovunque sulle macerie fumanti della democrazia quale fu implementata e conosciuta nel secondo dopoguerra.
Ma tutto ciò si rivelerà, in tutti i suoi nefasti effetti, al “grande pubblico” solo più avanti.
Nel frattempo si porta a compimento, come necessario corollario sociale, la spoliazione radicale dei diritti e del valore storico del lavoro umano ridotto a infima e dipendente variabile delle ragioni del mercato.
Il lavoro come merce.
La più infima delle merci.
La meno costosa.
La più deperibile.
La più trascurabile.
Di tutto ciò in Emilia- Romagna è paradossalmente più arduo discutere in virtù di una lunga deriva “riformistica” che continua a modellare , sia pur parzialmente, senso comune diffuso in molteplici settori sociali.
Si pensa che Renzi passerà e che la ragion di un vecchio partito resterà o sarà comunque restaurata.
Trattasi di un’illusione tragica.
Il mutamento genetico è già da tempo avvenuto.
Le stesse èlites dirigenti sono state ampiamente sostituite da un ceto politico rampante del tutto immemore e comunque non interessato a ricollocare buon governo e antichi ideali in un mondo nuovo in profonda trasformazione al fine di restituire vigore e forza politica, all’alfa e all’omega del perenne conflitto per la giustizia sociale.
Bonaccini m’appare come la più fedele e conforme fotocopia di tal ceto politico,
Renzista della ventiquattresima ora, e proprio per questo inossidabile.
Va a sostituire Errani, il quale , in tal contesto appare , nonostante limiti, errori e peccati non sempre veniali come l’ultimo dei Mohicani .
Anche in Emilia- Romagna , né poteva essere diversamente, s’avanza uno strano guerriero .
Colui che si definisce democratico proprio per coprire agli occhi di quella parte degli elettori, semper fidelis, il progetto post-democratico.
Elettori e militanti che , volentieri porgono gli occhi a quella benda , magari per poter continuare a fare o frequentare le feste de L’Unità.
Alla cieca.
Anche quando quel giornale non c’è più.
Insieme a tutto un mondo ormai morto e sepolto.
Li capisco , ma non li approvo.
Come non li approvai in altre circostanze in passato.
In sostanza la lunga e scivolosa coda del buon governo scompare definitivamente, nello stesso momento in cui irrompe anche in Emilia- Romagna il renzismo che non ammette dissensi autonomistici e diversità positive o meno che siano.
Non a caso dopo aver liquidato le provincie oggi il Duce (sia detto tecnicamente) del PD attacca frontalmente, in blocco e a prescindere da eventuali differenze, le regioni profittando dell’inclemenza del clima.
Piove: regioni ladre.
Tutte, nessuna esclusa.
E si apre entro questa breccia, forzata dai renzisti alla Bonaccini, una vasta prateria, anche in Emilia –Romagna.
Andranno a pascolarvi non i reduci di Grillo e del grillismo ma i fautori della rifondazione della nuova destra tra Salvini e la Meloni con l’apporto (operativo e tecnico ca va sans dire) dei nazifascisti di casa Pound.
E’ ciò che vuole, fortissimamente, Renzi che avendo assorbito Berlusconi e i suoi sodali nel partito unico, con il patto del Nazareno, ha bisogno come del pane quotidiano di un’opposizione.
Visibile.
Non ambigua, inafferrabile, contraddittoria,di colore indefinibile: insomma grillesca.
L’uomo con la camicia bianca , il neo-democristiano post- democratico ha bisogno di camice nere , tutt’al più verde scuro.
Un’opposizione chiaramente, di destra.
Condizione necessaria per continuare a spacciarsi come centro-sinistra.
 
Ebbene , c’è bisogno di un’opposizione di sinistra.
Per smascherarlo.
Vediamo se è possibile cominciare a costruirla anche in Emilia- Romagna mentre si sta costituendo in buona parte d’Europa.
Un successo seppur parziale dell’Altra Emilia- Romagna, domenica nelle urne, potrà forse far riflettere qualcuno che dentro lo stesso PD comincia a mordere il freno di fronte alla democratura renzista.
E potrà fors’anche chiarire ai compagni di Sel (che saluto cordialmente) che sostenere la candidatura del proconsole Bonaccini è come insaponare la corda alla quale si verrà , inevitabilmente, sospesi.

Nessun commento: