Il regolamento di polizia urbana è un documento che ogni comune deve avere nel cassetto. Deve averlo così, tanto perché è necessario che ci sia, ma se lo si legge almeno una volta nella vita ci si può rendere conto che se ne potrebbe fare tranquillamente a meno. Non è un fascicolo molto corposo, poco più di una trentina di articoli, metà dei quali prevedono norme del tutto inutili perché tutti le rispettano e metà del tutto inutili lo stesso perché nessuno le rispetta. Tanto non succede nulla, nell'uno e nell'altro caso. Una cosa così poteva servire nei secoli scorsi quando si trattava di vietare alle persone di gettare il contenuto del vaso da notte nella strada e, quindi, di assicurare le più elementari regole di igiene. Ma oggi? C'è rimasta qualche famiglia che nelle vie principali della città stende alle finestre il bucato da asciugare? Cosa possono fare con un documento come questo i nostri valorosi vigili urbani?
Vanno qualche volta a guardare di notte nei vicoli che puzzano perennemente di urina? seguono come spie segrete i cani che vanno a spasso con i loro padroni? misurano il livello del rumore che producono i locali dopo la mezzanotte? hanno mai messo la multa a una persona che butta per terra una lattina di birra? Beh, di notte i nostri vigili urbani, con un paio di vetture, devono badare agli incidenti stradali e fare dei giretti perlustrativi in un territorio che è molto vasto. Poi c'è il lavoro di giorno. C'è da badare agli artisti di strada, alle bancarelle abusive, ai bivacchi, che vuol dire se i giovani si mettono seduti sulle scalette del duomo o davanti a qualche portone, agli ambulanti di vario genere, compresi i mendicanti. Ecco, i mendicanti, che nel regolamento figurano alla voce accattonaggio, rappresentano oggi uno dei problemi più seri della città. Perché sono in crescita, qualche volta sono un po' troppo insistenti, e poi la loro attività ha preso tante strade diverse e variamente fantasiose sino a rincorrere sempre più da vicino una nostra antica virtù. Quella di arrangiarci. Poi ci sono i lavavetri che in realtà non ci sono più e in qualche caso non sarebbe male che ci fossero, ma solo quando ci accorgiamo che il tergicristallo non funziona. Sono questi i nemici della nostra sicurezza, i nuovi barbari che attentano alla nostra tranquilla convivenza? A leggere il regolamento di polizia urbana, quello di una città di grandi tradizioni civili come Perugia, sembra di entrare in un altro mondo, in un'altra epoca.
Certo, non si vive senza regole, anzi, senza di esse sarebbe un disastro. La città è anche il luogo dei conflitti dove convivono interessi contrastanti. Allora, come si può stabilire quali sono gli interessi legittimi nella torre di Babele nella quale tutti noi cerchiamo di tracciare i confini che ci possano proteggere dalle mille diversità che ci sono estranee e che sentiamo spesso come nemiche?
Ad ogni aggiornamento, in questo regolamento di polizia urbana si aggiunge qualche altro nemico. In questi giorni la nuova maggioranza di Palazzo dei Priori, con il consenso di gran parte dell'opposizione, ha scoperto altri mestieri sovversivi come quello di offrire piccoli servizi di facchinaggio all'uscita del supermercato. Troveranno un vigile che avrà il coraggio di multarli?
Ci sarebbe, infine, chi cerca vestiti usati nei raccoglitori delle associazioni umanitarie, un poveraccio che si appropria di vestiti destinati ad altre persone che vivono nelle sue stesse condizioni. Poi c'è la cosiddetta guerra tra poveri che si combatte mettendo le mani nel fondo di un cassonetto. Anche per questo ci sono le multe. Settimo comandamento: non rubare. La nostra coscienza è a posto così come gli interessi elettorali di coloro che arrivano primi per multare gli ultimi. Sarà un caso, ma l'ultimo, davvero, proprio l'ultimo, articolo di questo benedetto regolamento riguarda il lavoro nei cantieri. In esso si sostiene che la polizia municipale può effettuare controlli per verificare se vengono applicate le norme di sicurezza. Due righe di testo, il più breve di tutto il documento. Nessuno si è mai sognato di aggiungere alcunché, magari di sostituire il verbo può con il verbo deve.
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