domenica 30 novembre 2014

Appassisce il mito del renzismo —  Michele Prospero

Il par­tito della nazione nau­fraga pro­prio nella regione (un tempo) più rossa. Il mito del “solo con me si vince” è già appas­sito. La cura Renzi non fun­ziona e viene riget­tata in maniera cla­mo­rosa dagli elet­tori tra­di­zio­nali della sini­stra. Pochi si sco­mo­dano per votare il dise­gno regres­sivo che postula un uomo solo al comando. Un lea­der che tra­muta il mondo in vuota chiac­chiera non è per­ce­pito come una solu­zione ai dilemmi di un sistema com­plesso e differenziato.
La cami­cia bianca, che si agita con la osses­siva simu­la­zione di un deci­sio­ni­smo ad oltranza che nulla cam­bia in meglio, cal­pe­sta tutte le basi della cul­tura della par­te­ci­pa­zione, così radi­cata nell’Italia cen­trale, ancora ricca di movi­menti, asso­cia­zioni, orga­niz­za­zioni sin­da­cali, coo­pe­ra­tive. Dove per­si­stono tracce di capi­tale sociale e ope­rano momenti di poli­tica orga­niz­zata, il ren­zi­smo viene vis­suto già come un corpo estra­neo. Molti cit­ta­dini, che pure lo hanno guar­dato senza una ini­mi­ci­zia pre­ven­tiva, lo affron­tano ora come una minac­cia. E inten­dono com­bat­terlo dopo la irre­ver­si­bile frat­tura con il mondo del lavoro.
Non con­vince un pro­gramma economico-sociale di tipo con­fin­du­striale, che in maniera radi­cale schiaf­feg­gia il lavoro e cal­pe­sta il ruolo della rap­pre­sen­tanza sociale. Con la sua ideo­lo­gia neo­pa­dro­nale, Renzi non rie­sce a tenere sotto con­trollo il campo che con le pri­ma­rie è riu­scito a con­qui­stare con un’abile sca­lata ostile. Crolla il dise­gno di un popu­li­smo mite, che pene­tra tra i mode­rati delusi e li cat­tura con le armi dell’antipolitica che inve­ste in un nuovo volto. La reto­rica anti­ca­sta in salsa ren­ziana si rivela una maschera fasulla che pro­tegge un espli­cito con­te­nuto di classe e spezza le corde più sen­si­bili di una sini­stra sia pur moderata.
L’ideologia del “Renzi per­for­mer” (la for­mula è stata coniata da un esta­siato Ezio Mauro, con­qui­stato dalla mera forza cor­po­rale del lea­der) già arranca. Non basta la rap­pre­sen­ta­zione in chiave di velo­cità, ener­gia, vigore fisico. Lo spie­gava bene Freud. «L’uomo ener­gico è colui che rie­sce a tra­sfor­mare in realtà le sue fan­ta­sie di desi­de­rio. Lad­dove ciò non rie­sca, a causa della oppo­si­zione del mondo esterno e della debo­lezza dell’individuo, ecco comin­cia la devia­zione dalla realtà; ecco l’individuo cer­care rifu­gio nel mondo di fan­ta­sia, dove trova l’appagamento». E’ pro­prio que­sto rifu­gio in un uni­verso fan­ta­stico il pro­blema che tor­menta Renzi, alle prese con la dif­fi­coltà estrema di armo­niz­zare i desi­deri con la sfug­gente realtà.
Un lea­der poli­tico che in nome della pura ener­gia ritiene di pie­gare il reale con le tappe mito­lo­gi­che di un crono pro­gramma di governo, dinanzi ai fia­schi palesi del suo puro slan­cio vitale, defi­ni­sce un mondo sepa­rato appa­rec­chiato con con­no­tati ingan­ne­voli e con van­te­rie prive di ogni riscon­tro. La sua fuga dalla con­tin­genza spia­ce­vole, che evita in ogni modo di visi­tare anche quando ha il volto dell’emergenza natu­rale o del males­sere sociale, è desti­nata ad inter­rom­persi con l’acuirsi della crisi. Pro­prio il cam­mino ogget­tivo della crisi smen­ti­sce la favola bella e costringe il poli­tico della nar­ra­zione deviante al recu­pero del dato empi­rico che inten­deva tra­scen­dere. La realtà invano accan­to­nata, nelle sue più ruvide sem­bianze si ripre­senta. E mostra il volto duro delle sof­fe­renze, delle rab­bie ben diverse dalla ras­si­cu­rante nar­ra­zione. Lo sce­na­rio edi­fi­cante, ven­duto al pub­blico da un gri­gio con­for­mi­smo media­tico, viene respinto da un prin­ci­pio di realtà che pro­prio la cruda crisi ride­sta ogni volta.
La testarda forza delle cose tra­figge il vano chiac­chie­ric­cio ren­ziano sul futuro, la spe­ranza, la bel­lezza, il merito. Adesso che la sua favola viene rifiu­tata per­ché, nella disci­plina del lavoro, ha il volto della sem­pli­fi­ca­zione di classe, biso­gna evi­tare che dal tonfo del pro­feta della rot­ta­ma­zione si esca da destra. Urgono cre­di­bili lavori di ristrut­tu­ra­zione a sini­stra. Per non finire sepolti tra le brac­cia di un popu­li­smo ancora più forte di quello dello sta­ti­sta imma­gi­na­rio fio­ren­tino oppure tra le morse di un aset­tico com­mis­sa­rio che col­pi­sce con la sacra bib­bia euro­pea del rigore e dell’austerità.

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