C'è uno slogan, qui, che vuol dire più o meno “che le donne
vivano in libertà”: “Jin, Jîyan, Azadî”. Mi è stato chiesto di scrivere
qualche cosa sulle donne curde. Avrei voluto scrivere del fatto che è
solo nel combattere che la donna si emancipa davvero, che è nella lotta
che la donna arriva ad essere completa. Eppure mi sembra banale, mi
sembra un'ovvietà. Ciononostante, il fatto che queste donne prendano le
armi va al di la delle lotte femministe dei nostri Paesi, è proprio un
gesto che si pone su un altro livello.
Qui le donne combattono. Per la libertà.
E non lo fanno per apparire davanti ad una telecamera o macchina
fotografica, come modelle esibizioniste. Non lo fanno per essere più
belle. Vi basti pensare a questo: in molti, quando dall'occidente
guardano le foto di queste orgogliose combattenti, la prima cosa che
dicono è: “come sono belle!”. Non importa se per belle intendono belle
fisicamente o belle dentro per il loro orgoglio e la loro fierezza, non è
questo il punto... il punto è che noi occidentali, quando vediamo delle
donne combattere, pensiamo a quanto sono belle (o in alcuni casi
addirittura che le donne non dovrebbero combattere, quasi come se
combattendo una donna smettesse di essere tale) e non alla ragione per
cui combattono. Fossero uomini, faremmo le stesse esclamazioni? Si
certo, le donne che combattono sono belle. Sono bellissime. E cantano
splendidamente. E permettetemi di dire che anche gli uomini che
combattono sono belli, bellissimi, e cantano splendidamente. Ma,
ugualmente, non è questo il punto.
Qui le donne combattono. Per la libertà.
Una compagna, qualche giorno fa, parlando mi spiegava come le donne
combattenti secondo lei non portino avanti davvero una battaglia
femminista. Di sicuro non è una battaglia femminista secondo i nostri
canoni, perché queste donne, almeno per ora, non mettono in campo azioni
esplicitamente volte esclusivamente alla fine delle violenze dell'uomo
sulla donna, perché non chiedono cambiamenti sociali nei villaggi e
città da cui provengono. Per intenderci, in questo momento le YPJ non
stanno lottando esplicitamente per avere più asili nido a cui lasciare i
figli quando vanno a lavorare, o per indennità di maternità, o per
matrimoni più elastici, o per poter scopare con chi vogliono senza
essere giudicate. Anzi, mi è stato spiegato che per le combattenti sono
proibiti i rapporti sessuali, come tra l'altro lo sono per i combattenti
(cosa che, in un contesto di guerra, mi sembra abbastanza sensata).
Quindi, quello che fanno queste combattenti, credo di poter dire che ha
poco a che fare con quello che rappresentano le lotte per
l'emancipazione femminile in occidente. Senza nulla togliere alle lotte
per gli asili nido o per la libertà sessuale, beninteso.
Qui le donne combattono. Per la libertà.
Combattono
per la libertà del Rojava. Combattono per non essere vendute come merce
ai fascisti dalle bandiere nere che inneggiano ad in dio che non ha
nulla a che fare con Allah. Combattono perché vogliono essere libere. Le
donne del Rojava hanno la loro formazione militare, e sono in mille
dentro Kobane. Voci di corridoio dicono che di donna occidentale, con
loro, ce ne è una, mentre di uomini occidentali ce ne sono una 50ina.
Sorpresa sorpresa! Con tutte le lotte per l'emancipazione femminile,
perché e “nostre” donne non combattono? Immagino che chi legge sappia
perfettamente che nella società occidentale la donna non è affatto
emancipata. Eppure, forse, qualcuno ancora sperava che negli ambienti
militanti, tra compagni/e, la donna lo fosse. Non c'è nulla da fare:
nell'immaginario del civilizzato occidente, chi imbraccia le armi è
uomo.
Qui le donne combattono. Per la libertà.
E non è assente, da questo combattere, dal fatto che le compagne
vogliano emanciparsi, l'idea di lottare contro qualsiasi forma di
oppressione: quella dell'uomo sulla donna, ma anche quella dell'uomo
sulla natura. Il meccanismo per cui ad Asankayef le dighe distruggono
terreni e villaggi, per cui le industrie devastano la natura per
l'interesse di pochi, è lo stesso che prevede la prevaricazione
dell'uomo sulla donna.
Qui le donne combattono. Per la libertà.
Combattono andando controcorrente: in molti luoghi e villaggi questo è
visto come una cosa strana, sconsigliata. E, nonostante in molti casi
continui ad essere una cosa strana e sconsigliata, la mentalità generale
sta cambiando. E non sta cambiando nel senso che in tv si vedono più
modelle, non sta cambiando nel senso che c'è la nostra libertà sessuale.
Sono gli occhi che guardano le donne che sono cambiati. Soprattutto,
gli occhi con cui le donne guardano se stesse.
Lottare perché la donna sia libera, significa lottare per la libertà
di tutti. “Jin, Jîyan, Azadî”, perché le donne vivano in libertà. E
contro tutte le forme di oppressione.
da http://libera-palestina.blogspot.com.tr
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