Su 100 euro che arrivano allo Stato, più di 52 provengono da lavoratori dipendenti e quasi 30 dai pensionati. Il resto (poca roba) è diviso tra autonomi, redditi da impresa e altro
L'82 per cento. È la quota del
reddito complessivo Irpef assicurata dai redditi dei lavoratori
dipendenti e dei pensionati. Con buona pace del principio di
progressività stabilito nel dettato costituzionale. Nel 2012 (quindi
redditi 2011) i dipendenti hanno dichiarato 422 miliardi e 904 milioni
di euro (52,83 per cento del totale) e i pensionati 233 miliardi e 863
milioni (29,22 per cento). Gli autonomi si sono invece fermati a 34
miliardi e 674 milioni (4,33), i redditi da impresa a 30 miliardi e 105
milioni (3,76), quelli da partecipazione a 34 miliardi e 953 milioni
(4,37) e gli "altri" a 43 miliardi e 958 milioni (5,49).
Le statistiche sulle dichiarazioni dei redditi dello scorso anno, pubblicate sul sito del Dipartimento finanze, sono state analizzate da "Fisco Equo", la rivista telematica dell'Associazione per la legalità e l'equità fiscale. «La percentuale di lavoratori dipendenti e pensionati», scrive Lelio Violetti, membro della Lef ed ex responsabile dell'ufficio studi della Sogei, «è in realtà ancora più alta, se si considera da un lato che la prima abitazione (valore 8,5 miliardi) non concorre alla formazione dell'imponibile e dall'altro che i redditi da lavoro autonomo, impresa e partecipazione sono al lordo dei contributi previdenziali, mentre quelli dei salariati sono al netto».
A rendere l'Irpef sempre meno progressiva hanno concorso tre scelte del fisco: la ritenuta alla fonte sui redditi da capitale, l'imposta sostitutiva applicata tra il 2008 e il 2011 ai soggetti cosiddetti "minimi" (commercianti e professionisti sotto i 30 mila euro) e l'opzione della cedolare secca per i proprietari di appartamenti affittati.
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