Devo
chiedere scusa ai lettori di questo blog se sento la necessità sempre
più forte di parlare dei fondamentali smarriti, anche trattando delle
tristi cronache siano esse politiche o giudiziarie, dando l’impressione
di una certa astrattezza. Ma non voglio rimanere impigliato nel chiasso,
nel rumore di fondo, nei twitter dei neo politici realissimi quanto a
potere, virtuali quanto alle azioni e inesistenti quanto alle idee,
insomma nella strategia della disinformazione e dell’inganno, dei
silenzi e delle chiacchiere che appunto servono a far guardare da
un’altra parte, a non far capire la direzione nella quale si sta
andando.
La situazione in cui stiamo entrando somiglia molto a quella scena
del Giro del mondo in 80 giorni in cui Phileas Fogg, esaurito il carbone
cannibalizza la nave in legno per tenere le caldaie in pressione e
continuare la navigazione. Solo che manca l’ happy end perché ciò che
viene bruciato in questo caso sono le tutele delle persone,
dell’ambiente, del lavoro, del salario dignitoso e della stessa
democrazia per “ridurre i costi delle imprese”: una via senza uscita
perché ad ogni riduzione di costi così ottenuta corrisponde a una
diminuzione della domanda aggregata e la nave fa un gran fracasso, ma
arretra invece di andare avanti. E’ fin troppo evidente che le tesi e
le pratiche neo liberiste stanno spiaggiandosi di fronte alla realtà: la
visione medioevale e oligarchica della società che è stata tradotta e
ingannevolmente divulgata sotto forma di tesi economiche sta lentamente
gettando la maschera di fronte alle continue smentite che le vengono
dalla vita reale e dunque tende sempre di più a mostrarsi per ciò che è,
un modello politico reazionario, reso ancor più necessario agli occhi
dei potenti sia dalle nuove situazioni geopolitiche, sia dall’armageddon
che attende al varco il capitalismo finanziario e che potrebbe
sovvertire le narrazioni e le oligarchie imposte con tanto successo.
Così accade che alcune stimate ( è ironico, s’intende) organizzazioni
internazionali come l’Fmi, siano entrate in una apparente crisi
schizofrenica, imponendo ricette che i loro stessi staff economici
considerano errate.
Su questo il vertice del G20 australiano è stato fin troppo esplicito
e fin troppo coperto da una coltre di silenzio da parte dei media. Il
premier inglese Cameron non ha nascosto di temere una nuova e ancora più
dura crisi generalizzata e per tutta risposta ha detto di voler
“rottamare la burocrazia” ( le parole d’ordine sono sempre le stesse)
che nella espressione inglese significa nuove deregolamentazioni,
ulteriori tagli al welfare e diminuzione della spesa pubblica,
dimostrando come le elite politiche occidentali non siano più in grado
di elaborare idee e si limitano per carenza intellettuale e per
subalternità a ripetere gli errori, a ripercorrere sempre la stessa
strada nonostante esse abbiano portato al disastro. Così in vista
dell’ostacolo invece di rallentare e sterzare, premono
sull’acceleratore.
Una dimostrazione viene dall’affanno e dalla segretezza con cui le
elite europee stanno cercando di far passare il Trattato Transatlantico
che viene presentato come un’ancora di salvezza, mentre il documento
economico in assoluto più ottimista, quello del Cepr (Centre for
Economic policy reserach), parla di vantaggi tanto straordinari da
tradursi in un aumento dello 0,43% del Pil nel corso di 13 anni e questo
senza nemmeno affrontare il discorso degli svantaggi destinati a
colpire le piccole produzioni europee e in particolare quelle italiane.
Significa svendersi non per un piatto di lenticchie, ma per una
lenticchia sola e per di più anche cruda con il pericolo di strozzarsi.
Ma si deve premere sull’acceleratore per un trattato che in realtà serve
alle multinazionali finanziarie e di ogni altro tipo per
sovrapporsi alle legislazioni nazionali e alle Costituzioni per
completare l’opera di smantellamento dello stato sociale e della
cittadinanza democratica già iniziata dalla politica complice. Per
difendersi dalle reazioni sociali nella fortezza del fatto compiuto. E
che sia così lo dimostra lo stesso Cameron che si è rifiutato di
consegnare al governo scozzese quando quest’ultimo ha chiesto “garanzie
inequivocabili” sul fatto che il servizio sanitario non sarebbe stato
travolto e distrutto dal Ttip. Giusto silenzio, visto che il mandato
negoziale della Ue non contempla alcuna sottrazione dei servizi pubblici
alle logiche privatistiche del trattato
Certo bisogna fare abbastanza in fretta perché l’atmosfera di attesa
del peggio ha pervaso tutto il vertice di Brisbane, il quale è iniziato
con i dati sotto la cattiva stella dei dati di settembre che parlano di
un debito globale salito al 212% del pil mondiale mentre nel 2008 era
del 178%, di una zona euro di nuovo in profondissima crisi, di
una locomotiva cinese, che sembra nelle stesse condizioni in cui erano
gli Usa nel 2007 con un aumento dei prestiti bancari del 40% in sei
anni, ma con una diminuzione del 60% della capacità di far loro fronte.
Ciò nonostante tutta la comunicazione ufficiale del summit è stata vacua
ed edulcorata: che il pubblico non sappia. E che creda nelle
meravigliose capacità di autoregolazione del mercato che è poi il
comandamento base del catechismo liberista. Il nucleo della sua santa
messa.
Così possiamo davvero meravigliarci del fatto che un’azienda
assassina, che continua ad assassinare, alla fine in un modo o
nell’altro risulti colpevole, ma non punibile, mentre i pinocchietti dei
partiti, già in campagna elettorale, annunciano (sempre dopo,
naturalmente) una modifica del regime di prescrizioni in attesa che il
clamore si dissolva e gli annunci vadano a farsi benedire? E’ davvero
strano che il premier voglia depenalizzare ancor di più l’evasione e le
false fatturazioni? O che voglia vendere come provvedimento per il
lavoro qualcosa che umilia il lavoro? Tutto questo è perfettamente
coerente con le politiche messe in atto nell’ultimo decennio con o senza
i diktat della troika, è in linea con la lieta novella del trattato
transatlantico che ribalta il contratto sociale facendolo diventare
privato, è in armonia con la società della diseguaglianza.
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