Siamo
messi malissimo e andremo sempre peggio. Non abbiamo scampo dalla
pioggia, dai cambiamenti climatici, dagli errori del passato, ma
soprattutto da una mentalità ormai così deforme da vedere nelle regole e
nella legalità la radice del malgoverno. Dopo un mese di drammi,
allagamenti e assenza totale dell’esecutivo, il braccio destro di Renzi
ha surrogato il vigliacchetto di Rignano, timoroso delle uova, in una
visita pastorale alle città allagate. E questa triste maschera che
incarna il denso fumo del declino italiano, oltre a dare il magnanimo
permesso ai Comuni di indebitarsi per rabberciare alla meglio i guasti,
non ha trovato di meglio da dire se non: “Uno Stato serio deve essere al
fianco di coloro che ripristinano la sicurezza dei cittadini senza il
timore di essere inquisiti o di non avere risorse. Le leggi esistono, ma
prima viene la sicurezza delle persone”.
Ecco vedete, Genova va sott’acqua ogni anno, Carrara viene inondata
ad ogni temporale, il territorio di intere regioni si sfalda non a causa
dell’abusivismo, della leggerezza e degli interessi opachi con cui
vengono affrontati i piani urbanistici e territoriali, non della
disattenzione ambientale, delle lobby cementizie e della corruzione
diffusa, bensì di leggi e regole che evidentemente (questo è il
chiarissimo retro pensiero) costituiscono lacci e lacciuoli per il
regime di affarismo dichiarato. Così naturalmente si fanno gli argini di
polistirolo su quali si può lucrare a più non posso con la felicità di
tutti, salvo quella degli alluvionati.
Forse Delrio tremens si riferiva alla vicenda dei lavori sul Bisagno,
impediti da un ricorso al Tar cui va soggetta la maggioranza delle
gare, perché il loro meccanismo ( che naturalmente ci si guarda bene
dal cambiare) è funzionale al regime tangentizio e non certo
all’efficienza e tanto meno al bene pubblico. Eppure già da mesi è
saltato fuori che in realtà i lavori avrebbero potuto riprendere visto
che il Tar del Lazio aveva respinto i ricorsi delle ditte escluse.
Però sia il Gerundio di Genova che Renzi se ne sono fregati. Tutto
questo va poi inserito in una vicenda grottesca e indegna: già nel 1974
Ciriaco De Mita, allora ministro dell’industria aveva definito il
Bisagno un’ “emergenza nazionale”. Verrebbe da ridere se la rabbia non
fosse troppa.
Ma insomma è fin troppo chiara la tesi aurea del renzusconismo: le
regole delle gare d’appalto non le cambiamo perché sarebbe un grave
colpo all’edilizia residenziale privata in favore della razza padrona
locale o nazionale, ma possiamo fare a meno delle regole, agire sempre
in deroga e in emergenza, affidando il Paese, la sicurezza dei
cittadini, i beni comuni nelle mani dello spirito di clan politico –
affaristico. Del resto è questo la logica dello Sblocca Italia, resa
appena appena un po’ risibile dalla vicenda della Tav Torino Lione i cui
costi sono triplicati fra gli incensi dei loro fautori. Peccato che lo
diceva già da anni è stato dichiarato terrorista.
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