Renzi e il Pd stanno facendo attorno a
sé il deserto e lo chiamano democrazia: l’affluenza alle urne del 37%
indica una cesura storica, è l’abbattimento del poco che rimaneva del
modello emiliano-romagnolo. Rispetto alle regionali del 2010, il Partito
Democratico ha perso per strada il 50% del proprio elettorato. Di certo
gli scandali legati alle “spese pazze” hanno giocato un ruolo, ma
sarebbe troppo riduttivo e fuori dal mondo pensare che sia solo questo.
C’entra l’impatto traumatico e inedito
tra lo spazio regionale e locale di intervento della politica
istituzionale – diventato progressivamente sempre più residuale e
subalterno agli interessi economici consolidati – e l’esplosione della
crisi determinata dalle politiche neo-liberiste praticate a livello
nazionale ed europeo. Non c’è più nessuna contraddizione tra la
direzione complessiva e lo stato di salute del Paese e la direzione
complessiva e lo stato di salute della nostra regione, contrariamente a
quanto è avvenuto in alcune fasi del secolo scorso.
E c’entra il governo Renzi, che ha
lanciato una “guerra” ideologica contro i lavoratori e il sindacato:
giustamente Cristina Quintavalla, la candidata alla presidenza de
L’Altra Emilia-Romagna, ha parlato di “sciopero degli elettori”.
Bonaccini ha quindi vinto, ma in un quadro allarmante: votato da 615.000
elettori su 3.460.000, e con la Lega Nord che arriva al 20%, dopo una
campagna elettorale fascistoide e all’insegna della xenofobia e del
razzismo. Un quadro che ci restituisce l’idea di una democrazia che una
volta avremmo definito “all’americana” (ormai bisogna dire anche
“all’europea”), con germi di autoritarismo e di delegittimazione.
Il risultato de L’Altra Emilia-Romagna
rappresenta un “piccolo” ma significativo elemento di controtendenza al
renzismo: abbiamo avuto pochissimo tempo – Errani si è dimesso a luglio –
per costruire una proposta politica, programmatica che potesse
affrontare il passaggio elettorale. Nel superamento del “ciclo Errani”
abbiamo individuato – come Rifondazione Comunista – sin da subito un
arretramento significativo e ulteriore nel profilo del centrosinistra:
ci è parso evidente che la fine di tale ciclo sarebbe stata utilizzata
per massimizzare le politiche privatizzatrici e moderate del governo
regionale, e per spazzare via tutto il resto. Da qui, la nostra scelta
di lavorare immediatamente per la costruzione di un’alternativa di
sinistra, in continuità con l’esperienza de L’Altra Europa. I comitati
de L’Altra Europa hanno, a loro volta, avviato una discussione per
valutare se fosse stato possibile presentare una lista che si
richiamasse a quanto messo in campo con le elezioni europee, o se i
tempi strettissimi consigliassero una rinuncia. L’esito di tale
complessa discussione è stato favorevole, malgrado fosse chiaro
l’orientamento di Sel verso il centrosinistra “renzizzato”. I comitati
sono stati il “cuore” de L’Altra Emilia-Romagna: insieme, in decine e
decine di riunioni e assemblee, abbiamo discusso il programma, le
regole, le candidature.
Abbiamo fatto una campagna elettorale
all’attacco, cogliendo nel legame tra le politiche e gli indirizzi del
governo Renzi e le proposte del Pd emiliano-romagnolo il tratto saliente
della coalizione di centrosinistra. Cristina Quintavalla, la nostra
candidata alla presidenza, ha saputo dare visibilità, credibilità e
efficacia all’idea di alternativa che ha caratterizzato la nostra lista,
al punto che Cristina ha raggiunto il 4% e L’Altra Emilia-Romagna il
3,7%: un risultato che, fino ad un mese fa, sembrava impossibile.
Pensiamo che il nostro risultato parli anche al di là dei confini
dell’Emilia-Romagna: più che una prospettiva compiuta, è un seme, indica
una possibilità, dice alcune cose. La prima cosa che dice è che
collocarsi in alternativa al Pd – anche laddove il partito di Renzi è
particolarmente radicato e forte – non significa collocarsi
necessariamente ai margini e rinunciare alla rappresentanza
istituzionale: non significa essere destinati alla sconfitta, come
alcuni teorizzano. Bisogna provare e osare.
La seconda è che il voto
emiliano-romagnolo ci restituisce due sinistre: una di governo, Sel, che
ha ottenuto il 3%; la seconda di alternativa, L’Altra Emilia-Romagna.
Se ci fossimo presentati in modo unitario, avremmo potuto puntare ad un
consenso significativo, ma evidenti divergenze strategiche – su quale
rapporto con il Pd – lo hanno impedito. Pensiamo che, esattamente come
alle ultime politiche, la scelta di Sel sia destinata a mostrare il
fiato corto: l’alleanza ha consentito con molta più facilità di
eleggere, ma è caratterizzata sin dall’inizio da uno squilibrio brutale
nei rapporti di forza. Sel non conterà nulla, dato che il Pd ha la
maggioranza assoluta dei consiglieri.
La partita a sinistra, quindi, non è
certo chiusa e riteniamo di avere tutte le carte in regola – su un piano
generale – per lanciare una sfida sul terreno “dell’egemonia”, proprio
perché ci sembra molto fragile l’opzione della sinistra di governo e
compatibilista.
La terza cosa è che l’idea di costruire la sinistra di
alternativa, con modalità aperte e plurali, coinvolgendo comitati,
movimenti, forza organizzate, singoli, funziona. E’ fondamentale
praticare forme di convivenza di linguaggi, culture politiche,
appartenenze diverse, perché solo così è possibile animare un progetto
realmente unitario.
L’Altra Emilia-Romagna proseguirà,
perciò, il proprio cammino lavorando ancora più nella direzione
dell’apertura e delle sperimentazione di modalità partecipative,
mantenendo ferma la barra dell’alternativa. Ci sembra significativa e
simbolica l’elezione a consigliere regionale di Nanni Alleva, che – con
forza e determinazione – si è speso in questi mesi per denunciare i
contenuti del Jobs Act e la feroce aggressione del governo Renzi contro
lo Statuto dei Lavoratori.
Ci auguriamo che il nostro lavoro di
questi mesi possa essere un contributo per rafforzare e consolidare la
costruzione de L’Altra Europa e de L’Altra Italia. Sabato ci attende –
tutte e tutti – un altro, importantissimo appuntamento: la
manifestazione nazionale de L’Altra Europa a Roma contro le politiche
del governo Renzi e dell’Europa delle banche e dei padroni. Avanti!
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