Hai voglia a dire che la politica è stata sostituita dalla
comunicazione, o che le figure sociali si possono riconoscere in una
qualsiasi identità immaginifica...
Il povero Ilvo Diamanti, sociologo, statistico e sindaggista che ha costruito insieme al gruppo Repubblica-L'Espresso (con l'entusiastica compartecipazione del gruppo Mediaset)
l'immagine e il successo di tale Matteo Renzi, è costretto oggi dai
suoi stessi strumenti a ricnoscere che il giocattolo s'è rotto. O almeno
sta rivelando crepe paurose.
L'incantatore non incanta più. Passati i fatidici e classici "100
giorni" in cui un nuovo premier vola nei sondaggi qualsaisi cosa dica e
faccia, finito l'effetto-specchietto degli "80 euro" (anche lo staff di
Crozza è riuscito a fare i conti e stabilire che il governo se li è già
ripresi con aumenti micro di Iva e altre tasse), finito il momento
travolgente e il tocco magico... ognuno è tornato a concentrarsi sulla
propria esistenza concreta e quindi a maledire questo governo della
Troika così come tutti quelli precedenti.
Diffidiamo in genere dei sondaggi (fotografano l'attimo e valgono per
altrettanto tempo), ma fanno parte integrante del modo in cui il potere
economico misura la "temperatura" del corpo sociale. E quindi,
soprattutto per chi ha inventato questo nuovo "parlatore indefesso",
deve essere davvero scioccante scoprire che il suo indice di gradimento è
crollato al 43% dopo esser partito da quota 56 e aver raggiunto anche
il 69...
Ancora più impressionante è la rapidità del crollo: 13 punti
percentuali in un solo mese. Curiosamente - per loro, non per noi -
questo stramazzare del consenso virtuale è coinciso con la ripresa delle
mobilitazioni autunnali, che evidentemente raccolgono più simpatia dei
soli partecipanti.
Parallelamente, il Pd cessa di essere il "pigliatutto" che già si
candidava a diventare "partito della nazione" (davvero tempestivi, visto
che la "sovranità" è ormai andata a ramengo!): se si votasse oggi
prenderebbe il 36,3%, quattro punti e mezzo in meno rispetto
all'onni-sbandierato 40,8 di maggio, ma addirittura 5,2 punti in meno
del "grandioso" 41,8 accreditagli soltanto un mese fa.
La prima lettura è dunque semplice: le chiacchiere stanno a zero.
Anche quando sono ben costruite, come una fiction semi-geniale, hanno
una data di scadenza. La quale è determinata non dalla qualità delle
balle che spara il premier (in drastico calo anch'essa), ma dal
confronto impietoso tra balle e condizioni di vita. Il passaggio del
"consenso operaio" dal 66 al 34% in pochi mesi ci sembra addirittura
rivelatore... Ma anche tra giovani e pensionati l'ostilità per Renzi
& co. aumenta alla velocità della luce.
La cappa totalitaria che l'ombra di Renzi sembrava proiettare sulla
scena politica nazionale si va fessurando con velocità impensata sotto
la spinta della mobilitazione sociale. Ma qui bisogna essere molto seri e
per nulla autocompiaciuti: nell'ostilità al governo c'è una componente di destra
molto pesante. Che nel caso dei fascisti punta a strumentalizzare
problemi territoriali e di integrazione multietnica (come a Tor
Sapienza), nel caso della Lega "lepenista" prova invece a metter
cappello anche sugli interessi operai "classici".
E' possibile che la frana del consenso subisca una brusca accelerata,
ma la realtà non ci darà ragione se non siamo in grado di agire con
strumenti adeguati e capacità unitaria molto al di sopra dei livelli
oggi esistenti nella sinistra non complice. La battaglia che oppone gli
interessi sociali alla ristrutturazione capitalisca gestita dalla Troika
non ha un destino prefissato: c'è una durissima e non breve battaglia
da condurre nel vivo del corpo sociale, stando nei luoghi di lavoro, nei
quartieri, nei luoghi d'aggregazione spontanea (dove per "luoghi" vanno
intesi anche i social network, per dirne una).
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