sabato 20 luglio 2013

Quello che tv e giornali non dicono sulle elezioni di Messina


Quello che tv e giornali non dicono sulle elezioni di Messina


di Francesco Fustaneo
In Sicilia poche settimane fa abbiamo assistito a due risultati elettorali che hanno dell’eccezionale. A Ragusa ha vinto Piccitto candidato del M5S che per la prima volta si allea e vince con una lista civica sostenuta da partiti della sinistra quali Rifondazione ,S.e.l. e I.d.v. Ma il risultante più eclatante è stato quello delle amministrative di Messina dove Accorinti ha stracciato letteralmente al ballottaggio il candidato avversario Calabrò sostenuto dalla grande coalizione P.d.-U.d.c.-Megafono-S.e.l. che al primo turno non aveva superato il quorum del 50% per soli 59 voti. La storia di Accorinti candidatosi con una lista civica, è immediatamente rimbalzata nei giornali e nelle t.v. italiane e il pubblico messinese e non, si è immediatamente “innamorato” di questo insegnante, pacifista, attivista no ponte e tendenzialmente anarchico, come lui stesso ama descriversi. Accorinti a detta di chi lo conosce, è una persona carismatica, riesce a tessere un filo diretto con le persone, è coerente e soprattutto è la figura nuova e avulsa dagli intrecci di potere e dalle logiche clientelari nella quale il deluso popolo, e a onor del vero anche la borghesia messinese, si sono identificati.
La vittoria di Accorinti è una vittoria sicuramente della società civile e dei movimenti, ma quello che i media hanno taciuto è che la sua è anche un’affermazione della sinistra radicale. Il neo sindaco è stato appoggiato sin dall’inizio da Verdi, Rifondazione Comunista, Pdci e Idv. Ferrero in primis si era recato a Messina per sostenerlo. Un apporto quello di Rifondazione che è stato cruciale soprattutto dal punto di vista organizzativo e strutturale. Ne parliamo con Alfredo Crupi della Segreteria Provinciale di Messina.
Crupi, quanto ha influito l’apporto di Rifondazione nella vittoria messinese?
Rifondazione ha avuto un ruolo significativo, anche se veicolato all’interno di strutture di movimento, nella fase di proposta e di lancio di questa candidatura. Successivamente il partito ha acquisito visibilità mettendo a disposizione le proprie strutture e le proprie competenze sotto l’aspetto organizzativo: presentazione delle liste, organizzazione, rappresentanti di lista, presenza al seggio centrale dove si è difesa in maniera decisiva la conquista del ballottaggio. Oltre a questo, ovviamente, siamo stati impegnati nel lavoro di propaganda e nella raccolta dei voti, per il sindaco, per la lista, per i nostri candidati. Perché questo era l’ordine d’importanza che quasi tutti si sono dati: è stato fortissimo lo spirito collettivo, e i candidati e le candidate hanno agito come un unico gruppo solidale di attivisti invadendo la città e comunicando un grande senso di entusiasmo e di energia. Fortissima per qualità e quantità la presenza di donne e giovani. In tale contesto non è facile estrapolare il contributo specifico in termini di voti di Rifondazione. La maggior parte dei candidati condivideva un percorso di lotta contro il ponte, per i beni comuni, ambientalista, pacifista, in difesa dei diritti del lavoro, ecc. quindi vi erano molte candidature contigue. In realtà qualsiasi ipotesi sul contributo in voti di singoli e soggetti organizzati sarebbe arbitrario e privo di reale valore politico. Il fatto significativo è che tutti insieme abbiamo contribuito a costruire un progetto che ha creato molte aspettative in città e che ha sfondato ben oltre i nostri potenziali bacini elettorali.
Nell’ ambiente messinese trapelano indiscrezioni di come nella vittoria di Accorinti sia stato determinante il suo apporto. Ci vuole delucidare a riguardo?
Beh, questo mi sembra decisamente esagerato. La vittoria è stata resa possibile da varie cose: dalla presenza di un leader che ha saputo parlare al cuore delle persone e non solo alla testa; dalla mobilitazione di centinaia di candidati e attivisti che hanno reso visibile e credibile il progetto; dalla stanchezza dei cittadini per i vecchi gruppi dominanti che si sono spartiti la città riducendola in rovina; dall’attenzione e direi dalla benevolenza di gran parte dei mezzi d’informazione; dalle spaccature e dalle gravi difficoltà di tutte le altre forze politiche, M5S incluso. Per quanto riguarda me ho acquisito una qualche visibilità e qualche merito per il mio ruolo abbastanza rilevante nella presentazione della lista e poi come rappresentante presso il seggio elettorale centrale. In un movimento spontaneo senza grandi competenze tecniche e in una competizione elettorale dove si è andati al ballottaggio per una manciata di voti, l’avere assolto in maniera puntuale ed efficace, per certi versi persino decisiva, a questi due compiti apparentemente tecnici, mi ha regalato parecchi “crediti” dentro il movimento.
Sono stati eletti solo 4 consiglieri della vostra lista di cui uno di area vicina a Rifondazione. Con un numero così esiguo però sarà dura reggere il confronto in Consiglio, non crede?
Certamente non sarà facile, inutile nasconderselo. Per giunta i nostri, pur bravissimi, sono tutti alla prima esperienza, così come l’intera squadra di sindaco e assessori. Ovviamente se i consiglieri avversari decideranno di fare la “guerra” all’amministrazione, sarà dura. Premesso ciò bisogna fare delle osservazioni. Intanto che ci piaccia o no, il progetto nasce senza etichette e ha fruito di grande trasversalità: l’elettorato che ha eletto quei consiglieri “d’opposizione” ha votato in massa Accorinti. Se la giunta riesce a tenere alto l’entusiasmo popolare e dà risposte efficaci ai problemi drammatici di questa città, dubito molto che saranno numerosi i consiglieri che si metteranno di traverso. Specie se dura l’incredibile luna di miele che è sorta coi mezzi d’informazione locali. Vi è una grandissima aspettativa intorno a questa amministrazione, anche da chi ha votato contro. “Cambiamo Messina dal basso” non è una mera affermazione di principio. Dalla costruzione partecipata del programma, alla campagna elettorale, ai primi atti di giunta, la cifra di questo movimento è la partecipazione diretta e il coinvolgimento di larghe fasce di popolazione, per cui il consiglio rischia di finire scavalcato e accerchiato da una pratica che in parte lo bypassa. Questo pone forse interrogativi di fondo sui nuovi modelli di partecipazione, rappresentanza, democrazia, ma nello specifico è un ulteriore deterrente rispetto ad atteggiamenti pregiudizialmente “contro” e/o ostruzionistici da parte del consiglio. E’ bene poi ricordare, anche se la cosa non mi fa affatto piacere sul piano della democrazia, che nel tempo i rapporti di forza tra giunta e consiglio si sono profondamente modificati a danno dell’organismo rappresentativo elettivo. All’osso, il consiglio è decisivo solo su alcuni fondamentali atti, ma se i consiglieri vogliono mandare a casa il sindaco devono essere pronti ad affrontare anche loro una nuova campagna elettorale, e questo ben pochi se lo auspicano. Infine la mia personale esperienza amministrativa mi porta a ritenere che la maggior parte dei consiglieri si sente legata soprattutto al proprio elettorato, e per soddisfare le richieste che provengono da questa loro base sanno che è opportuno avere rapporti non del tutto ostili con gli organi dell’amministrazione attiva. Certo la giunta Accorinti non scenderà mai a compromessi, ma se riesce a fare, come sembra già dalle prime battute, un programma serio d’interventi in cui si dà ascolto e si avanzano risposte per le mille emergenze cittadine, in maniera trasparente e democratica, dubito molto che i consiglieri giocheranno “contro”, ma cercheranno d’inserirsi nel flusso positivo degli eventi per averne un ritorno d’immagine e consenso.
Messina come punto di partenza per la costruzione di un nuovo modello di sinistra italiana: crede sia possibile o la definirebbe un’ utopia?
Si e no al tempo stesso. Intorno alla figura di Renato si sono catalizzate le più diverse energie. E’ un fatto dovuto alla peculiarità del personaggio, alla sua storia di lotte e iniziative magari dentro i movimenti ma anche condotte con tanto individualismo. Molti ad es. lo definiscono “leader della rete no ponte”, mi permetto di dissentire. Un personaggio di spicco del popolo no ponte, senza dubbio, ma non organico a nessun movimento organizzato e tanto meno leader dello stesso. Anche quando ha partecipato a comitati e movimenti lo ha fatto mantenendo nei fatti una grandissima libertà d’iniziativa individuale. Così è sfuggito a qualsiasi tipo di etichettatura e in una città di destra e fortemente qualunquista come Messina questo si è rivelato alla prova dei fatti, un grandissimo vantaggio. D’altro canto la sua personalità è lontanissima per cultura ed esperienze da altri casi con cui potremmo pensare di fare dei raffronti, come De Magistris, Orlando, Pisapia; differente è anche il suo rapporto coi partiti. Se nei casi citati questi hanno recitato un ruolo di secondo piano rispetto al leader, qui si sono defilati praticamente del tutto. Quando Renato dice che non ha avuto l’appoggio di nessun partito non intende disconoscere il nostro ruolo, ma che non vi è stata nessuna contrattazione e che il risultato non è dipeso dalla sommatoria delle singole forze bensì della capacità che collettivamente abbiamo avuto di suscitare e intercettare la voglia di cambiamento. Con lo stesso spirito ha incontrato Bonelli e Ferrero, sulla base della condivisione di tante lotte e contenuti programmatici, ma fuori da qualsiasi ipotesi di accordo strutturale che il segretario nazionale veniva a “certificare”. Questo ha comportato grandissimi problemi per i partiti della sinistra che si sono dovuti misurare sulla base della loro capacità di “stare dentro” al flusso del movimento quasi esclusivamente attraverso le proprie individualità, mantenendo un profilo bassissimo come forza politica. E’ vero, abbiamo costruito una lista civica in cui i partiti non comparivano e giocavano comunque un ruolo minoritario e nella quale abbiamo coabitato con una forte componente cattolica che è stato l’altro elemento peculiare di questa vicenda. Bisogna però considerare che i contenuti programmatici e le modalità partecipative attraverso cui il programma stesso è stato costruito, il sistema di relazioni sociali che abbiamo tessuto, il messaggio di liberazione, trasparenza, democrazia e partecipazione che il candidato sindaco ha ribadito in maniera ossessiva, la rivendicazione del percorso di lotte collettive che molti componenti della lista e le loro organizzazioni hanno portato avanti nel tempo (contro il ponte, per l’acqua pubblica, per la pace e il disarmo unilaterale, contro la mafia, nelle vertenze di lavoro, per la liberazione degli spazi pubblici, ecc.), hanno fatto di questa campagna elettorale un grande manifesto dei temi propri della sinistra, però agitati in modo tale da risultare egemoni e maggioritari invece che confinati in ristrette cerchie elitarie. Sulla base di questa esperienza potremmo trarre la conclusione che oggi una forza di cambiamento, se vuole avere la possibilità di conquistare il consenso di vaste fasce di elettorato, deve presentarsi senza recinti partitici ma giovandosi dell’apporto politico e organizzativo degli stessi, con liste e programmi costruite in modo partecipato, con candidati credibili che facciano squadra e che abbiano una loro storia e un loro spessore, capace di veicolare contenuti fortemente caratterizzanti su temi sociali e ambientali, il tutto costruito intorno alla figura di un leader che con la propria storia e in ogni elemento comunicativo riassuma in sé simbolicamente l’identità programmatica dell’intera lista e sia capace di catturare il consenso della popolazione, anche in maniera trasversale agli schieramenti.
Non so se il modello messinese, considerate tutte le sue specificità, possa essere esportato in ambito nazionale né quanto possa rappresentare la risposta ai problemi della sinistra e neppure se sia auspicabile. Ma sono temi con i quali occorrerà misurarsi.

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