di Francesco Fustaneo
In Sicilia poche settimane fa abbiamo assistito a due risultati
elettorali che hanno dell’eccezionale. A Ragusa ha vinto Piccitto
candidato del M5S che per la prima volta si allea e vince con una lista
civica sostenuta da partiti della sinistra quali Rifondazione ,S.e.l. e
I.d.v. Ma il risultante più eclatante è stato quello delle
amministrative di Messina dove Accorinti ha stracciato letteralmente al
ballottaggio il candidato avversario Calabrò sostenuto dalla grande
coalizione P.d.-U.d.c.-Megafono-S.e.l. che al primo turno non aveva
superato il quorum del 50% per soli 59 voti. La storia di Accorinti
candidatosi con una lista civica, è immediatamente rimbalzata nei
giornali e nelle t.v. italiane e il pubblico messinese e non, si è
immediatamente “innamorato” di questo insegnante, pacifista, attivista
no ponte e tendenzialmente anarchico, come lui stesso ama descriversi.
Accorinti a detta di chi lo conosce, è una persona carismatica, riesce a
tessere un filo diretto con le persone, è coerente e soprattutto è la
figura nuova e avulsa dagli intrecci di potere e dalle logiche
clientelari nella quale il deluso popolo, e a onor del vero anche la
borghesia messinese, si sono identificati.
La vittoria di Accorinti è una vittoria sicuramente della società
civile e dei movimenti, ma quello che i media hanno taciuto è che la sua
è anche un’affermazione della sinistra radicale. Il neo sindaco è stato
appoggiato sin dall’inizio da Verdi, Rifondazione Comunista, Pdci e
Idv. Ferrero in primis si era recato a Messina per sostenerlo. Un
apporto quello di Rifondazione che è stato cruciale soprattutto dal
punto di vista organizzativo e strutturale. Ne parliamo con Alfredo
Crupi della Segreteria Provinciale di Messina.
Crupi, quanto ha influito l’apporto di Rifondazione nella vittoria messinese?
Rifondazione ha avuto un ruolo significativo, anche se veicolato
all’interno di strutture di movimento, nella fase di proposta e di
lancio di questa candidatura. Successivamente il partito ha acquisito
visibilità mettendo a disposizione le proprie strutture e le proprie
competenze sotto l’aspetto organizzativo: presentazione delle liste,
organizzazione, rappresentanti di lista, presenza al seggio centrale
dove si è difesa in maniera decisiva la conquista del ballottaggio.
Oltre a questo, ovviamente, siamo stati impegnati nel lavoro di
propaganda e nella raccolta dei voti, per il sindaco, per la lista, per i
nostri candidati. Perché questo era l’ordine d’importanza che quasi
tutti si sono dati: è stato fortissimo lo spirito collettivo, e i
candidati e le candidate hanno agito come un unico gruppo solidale di
attivisti invadendo la città e comunicando un grande senso di entusiasmo
e di energia. Fortissima per qualità e quantità la presenza di donne e
giovani. In tale contesto non è facile estrapolare il contributo
specifico in termini di voti di Rifondazione. La maggior parte dei
candidati condivideva un percorso di lotta contro il ponte, per i beni
comuni, ambientalista, pacifista, in difesa dei diritti del lavoro, ecc.
quindi vi erano molte candidature contigue. In realtà qualsiasi ipotesi
sul contributo in voti di singoli e soggetti organizzati sarebbe
arbitrario e privo di reale valore politico. Il fatto significativo è
che tutti insieme abbiamo contribuito a costruire un progetto che ha
creato molte aspettative in città e che ha sfondato ben oltre i nostri
potenziali bacini elettorali.
Nell’ ambiente messinese trapelano indiscrezioni di come
nella vittoria di Accorinti sia stato determinante il suo apporto. Ci
vuole delucidare a riguardo?
Beh, questo mi sembra decisamente esagerato. La vittoria è stata resa
possibile da varie cose: dalla presenza di un leader che ha saputo
parlare al cuore delle persone e non solo alla testa; dalla
mobilitazione di centinaia di candidati e attivisti che hanno reso
visibile e credibile il progetto; dalla stanchezza dei cittadini per i
vecchi gruppi dominanti che si sono spartiti la città riducendola in
rovina; dall’attenzione e direi dalla benevolenza di gran parte dei
mezzi d’informazione; dalle spaccature e dalle gravi difficoltà di tutte
le altre forze politiche, M5S incluso. Per quanto riguarda me ho
acquisito una qualche visibilità e qualche merito per il mio ruolo
abbastanza rilevante nella presentazione della lista e poi come
rappresentante presso il seggio elettorale centrale. In un movimento
spontaneo senza grandi competenze tecniche e in una competizione
elettorale dove si è andati al ballottaggio per una manciata di voti,
l’avere assolto in maniera puntuale ed efficace, per certi versi persino
decisiva, a questi due compiti apparentemente tecnici, mi ha regalato
parecchi “crediti” dentro il movimento.
Sono stati eletti solo 4 consiglieri della vostra lista di
cui uno di area vicina a Rifondazione. Con un numero così esiguo però
sarà dura reggere il confronto in Consiglio, non crede?
Certamente non sarà facile, inutile nasconderselo. Per giunta i
nostri, pur bravissimi, sono tutti alla prima esperienza, così come
l’intera squadra di sindaco e assessori. Ovviamente se i consiglieri
avversari decideranno di fare la “guerra” all’amministrazione, sarà
dura. Premesso ciò bisogna fare delle osservazioni. Intanto che ci
piaccia o no, il progetto nasce senza etichette e ha fruito di grande
trasversalità: l’elettorato che ha eletto quei consiglieri
“d’opposizione” ha votato in massa Accorinti. Se la giunta riesce a
tenere alto l’entusiasmo popolare e dà risposte efficaci ai problemi
drammatici di questa città, dubito molto che saranno numerosi i
consiglieri che si metteranno di traverso. Specie se dura l’incredibile
luna di miele che è sorta coi mezzi d’informazione locali. Vi è una
grandissima aspettativa intorno a questa amministrazione, anche da chi
ha votato contro. “Cambiamo Messina dal basso” non è una mera
affermazione di principio. Dalla costruzione partecipata del programma,
alla campagna elettorale, ai primi atti di giunta, la cifra di questo
movimento è la partecipazione diretta e il coinvolgimento di larghe
fasce di popolazione, per cui il consiglio rischia di finire scavalcato e
accerchiato da una pratica che in parte lo bypassa. Questo pone forse
interrogativi di fondo sui nuovi modelli di partecipazione,
rappresentanza, democrazia, ma nello specifico è un ulteriore deterrente
rispetto ad atteggiamenti pregiudizialmente “contro” e/o
ostruzionistici da parte del consiglio. E’ bene poi ricordare, anche se
la cosa non mi fa affatto piacere sul piano della democrazia, che nel
tempo i rapporti di forza tra giunta e consiglio si sono profondamente
modificati a danno dell’organismo rappresentativo elettivo. All’osso, il
consiglio è decisivo solo su alcuni fondamentali atti, ma se i
consiglieri vogliono mandare a casa il sindaco devono essere pronti ad
affrontare anche loro una nuova campagna elettorale, e questo ben pochi
se lo auspicano. Infine la mia personale esperienza amministrativa mi
porta a ritenere che la maggior parte dei consiglieri si sente legata
soprattutto al proprio elettorato, e per soddisfare le richieste che
provengono da questa loro base sanno che è opportuno avere rapporti non
del tutto ostili con gli organi dell’amministrazione attiva. Certo la
giunta Accorinti non scenderà mai a compromessi, ma se riesce a fare,
come sembra già dalle prime battute, un programma serio d’interventi in
cui si dà ascolto e si avanzano risposte per le mille emergenze
cittadine, in maniera trasparente e democratica, dubito molto che i
consiglieri giocheranno “contro”, ma cercheranno d’inserirsi nel flusso
positivo degli eventi per averne un ritorno d’immagine e consenso.
Messina come punto di partenza per la costruzione di un nuovo
modello di sinistra italiana: crede sia possibile o la definirebbe un’
utopia?
Si e no al tempo stesso. Intorno alla figura di Renato si sono
catalizzate le più diverse energie. E’ un fatto dovuto alla peculiarità
del personaggio, alla sua storia di lotte e iniziative magari dentro i
movimenti ma anche condotte con tanto individualismo. Molti ad es. lo
definiscono “leader della rete no ponte”, mi permetto di dissentire. Un
personaggio di spicco del popolo no ponte, senza dubbio, ma non organico
a nessun movimento organizzato e tanto meno leader dello stesso. Anche
quando ha partecipato a comitati e movimenti lo ha fatto mantenendo nei
fatti una grandissima libertà d’iniziativa individuale. Così è sfuggito a
qualsiasi tipo di etichettatura e in una città di destra e fortemente
qualunquista come Messina questo si è rivelato alla prova dei fatti, un
grandissimo vantaggio. D’altro canto la sua personalità è lontanissima
per cultura ed esperienze da altri casi con cui potremmo pensare di fare
dei raffronti, come De Magistris, Orlando, Pisapia; differente è anche
il suo rapporto coi partiti. Se nei casi citati questi hanno recitato un
ruolo di secondo piano rispetto al leader, qui si sono defilati
praticamente del tutto. Quando Renato dice che non ha avuto l’appoggio
di nessun partito non intende disconoscere il nostro ruolo, ma che non
vi è stata nessuna contrattazione e che il risultato non è dipeso dalla
sommatoria delle singole forze bensì della capacità che collettivamente
abbiamo avuto di suscitare e intercettare la voglia di cambiamento. Con
lo stesso spirito ha incontrato Bonelli e Ferrero, sulla base della
condivisione di tante lotte e contenuti programmatici, ma fuori da
qualsiasi ipotesi di accordo strutturale che il segretario nazionale
veniva a “certificare”. Questo ha comportato grandissimi problemi per i
partiti della sinistra che si sono dovuti misurare sulla base della loro
capacità di “stare dentro” al flusso del movimento quasi esclusivamente
attraverso le proprie individualità, mantenendo un profilo bassissimo
come forza politica. E’ vero, abbiamo costruito una lista civica in cui i
partiti non comparivano e giocavano comunque un ruolo minoritario e
nella quale abbiamo coabitato con una forte componente cattolica che è
stato l’altro elemento peculiare di questa vicenda. Bisogna però
considerare che i contenuti programmatici e le modalità partecipative
attraverso cui il programma stesso è stato costruito, il sistema di
relazioni sociali che abbiamo tessuto, il messaggio di liberazione,
trasparenza, democrazia e partecipazione che il candidato sindaco ha
ribadito in maniera ossessiva, la rivendicazione del percorso di lotte
collettive che molti componenti della lista e le loro organizzazioni
hanno portato avanti nel tempo (contro il ponte, per l’acqua pubblica,
per la pace e il disarmo unilaterale, contro la mafia, nelle vertenze di
lavoro, per la liberazione degli spazi pubblici, ecc.), hanno fatto di
questa campagna elettorale un grande manifesto dei temi propri della
sinistra, però agitati in modo tale da risultare egemoni e maggioritari
invece che confinati in ristrette cerchie elitarie. Sulla base di questa
esperienza potremmo trarre la conclusione che oggi una forza di
cambiamento, se vuole avere la possibilità di conquistare il consenso di
vaste fasce di elettorato, deve presentarsi senza recinti partitici ma
giovandosi dell’apporto politico e organizzativo degli stessi, con liste
e programmi costruite in modo partecipato, con candidati credibili che
facciano squadra e che abbiano una loro storia e un loro spessore,
capace di veicolare contenuti fortemente caratterizzanti su temi sociali
e ambientali, il tutto costruito intorno alla figura di un leader che
con la propria storia e in ogni elemento comunicativo riassuma in sé
simbolicamente l’identità programmatica dell’intera lista e sia capace
di catturare il consenso della popolazione, anche in maniera trasversale
agli schieramenti.
Non so se il modello messinese, considerate tutte le sue specificità,
possa essere esportato in ambito nazionale né quanto possa
rappresentare la risposta ai problemi della sinistra e neppure se sia
auspicabile. Ma sono temi con i quali occorrerà misurarsi.
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