In fondo tutto era cominciato con la
proprietà che non è più un furto. Poi con lo sfruttamento della
prostituzione minorile a scopo di beneficienza. E con il familismo,
accorgimento lecito quando precarietà e crisi costringono a aguzzare
l’ingegno e percorrere scorciatoie. E che dire di condoni e scudi,
misura indispensabile a riportare in patria e all’ombra della legalità
patrimoni sottratti e irregolarità profittevoli. Ieri è stata la volta
dell’evasione se non opportuna e legittima, certo comprensibile a scopo
di sopravvivenza. Oggi il lavoro nero, che, come diceva la Fornero,
meglio stare in un call center che disoccupati, via d’uscita
obbligatoria e lenitivo fondamentale per temperare la durezza dei tempi
neri.
Ormai hanno preso coraggio: presto
dichiaratamente verranno sdoganate le morti bianche, doveroso prezzo da
pagare per compensare gli onerosi costi della manodopera. E come non
aspettarsi il riconoscimento bipartisan del contributo offerto all’economia
nazionale dal brand della corruzione, seguito dalla nomina a cavaliere
del lavoro di Provenzano preliminare al definitivo avallo del tributo
concesso alla società nazionale dall’industria delle mafie, col suo
10% del Pil.
La chiamano da sempre economia informale,
anche se un tempo era meno sguaiata e meno sfrontata. Ma una volta
c’erano movimenti, organizzazioni e partiti che rappresentavano nei
parlamenti e nella società i poveri, i lavoratori, i diseredati, con
viltà, paure, prudenze, tentennamenti, lotte intestine, malattie
infantili. Ma c’erano.
Oggi c’è invece un fronte compatto
omogeneo che ha raggiunto il risultato unitario, mai conseguito dai
lavoratori, e che è robusto, denso, indivisibile, contro di noi. Che
vive fuori dalla legittimità democratica e mira all’illegalità, se
permette licenze, favorisce privilegi, nutre disuguaglianze, eroga
elargizioni smantellando gli edifici dei diritti e delle garanzie, in
uno stravolgimento di regole, leggi e imperativi morali. Mica vorrete
che aumentino i salari o alzino la base imponibile, mica vorrete che
impongano investimenti in sicurezza e innovazione, mica vorrete che
obblighino al rispetto delle sentenze dei tribunali che censurano i
comportamenti antisindacali, mica vorrete che conducano una lotta di
contrasto alle grandi evasioni, mica quelle degli scontrini al bar, mica
vorrete che rintraccino le tortuose peregrinazioni di conti esteri
eccellenti grazie a quei fantomatici accordi con la Svizzera
periodicamente annunciati, mica vorrete che prima di svuotare la scomoda
a fastidiosa costituzione obbediscano a qualcuna delle sue moleste
imposizioni.
Così quella economia informale occupa
quella formale, sconfinando nel sommerso e nell’illegale, stringendo le
maglie dell´intreccio sempre più stretto che esiste tra lavoro regolare e
lavoro nero o sommerso, per convincere che l´organizzazione produttiva
delle imprese contemporanee, piccole medie o grandi che siano, non può
che fondarsi su quel vincolo e addirittura si bloccherebbe se esso
dovesse venire improvvisamente meno. E che i rapporti tra aziende e
settore pubblico ha bisogno di alleanze opache e di una commistione
tossica di interessi e influenze. E che laddove lo stato è assente o
impotente, le burocrazie estreme e inefficienti, i controlli avvelenati o
corrotti è inevitabile fare ricorso a protezione criminali, a padrini
potenti, a famiglie oscure ma provvidenziali. Ormai a promuoverla come
necessaria anzi inevitabile, desiderabile, auspicabile, è proprio quel
partito passato dallo stato liquido a quello liquefatto e gassoso di
idee e principi rinnegati e valori traditi, che ha sostituito le radiose
visioni del futuro con quelle pragmatiche e funzionali che indicano
nell’economia formale la soluzione demiurgica dei problemi vitali
dell’individuo e della società in cui vive. Così che la patologia
diventi normalità, l’illegittimità si cambi in necessità improrogabile,
l’illegalità si converta in opportunità, rimuovendo leggi e regole che
ostacolano la prepotenza privata e la sregolata libera iniziativa.
La neo barbarie e il neo feudalesimo
confermano le profezie di 2 Karl, Marx e Polanyi, sulle prevedibili
aberrazioni del capitalismo, alimentando il Terzo Mondo interno e
promuovendo le sue percentuali di successo, se nei paesi che si
affacciano sullo scenario mondiale, tra il 50 e l’80% della popolazione
vive in sistemi economici informali fino all’illegalità. Ed è per
quello che il loro Fare ha bisogno di abbattere l’ostacolo maggiore: la
democrazia.
1 commento:
http://www.artmomo.com/blog/?p=663
Pregasi specificare che l’immagine utilizzata è di Momò Calascibetta
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